Renfield, il film su Dracula che non sapevamo di volere

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Voto:

Nel corso dei decenni, a partire da quello storico 1922 in cui Nosferatu il vampiro di Murnau gettò le basi per la cinematografia legata ai vampiri, la figura di Dracula è stata rimaneggiata innumerevoli volte e soprattutto portata in scena da altrettanti attori più o meno capaci. Indelebili, a questo proposito, i film targati Universal Pictures, la cui popolarità ha dato vita all’espressione “i mostri della Universal”, in uso ancora oggi per riferirsi alla filmografia horror della major.

Forte della propria eredità, quest’ultima ha recentemente tirato fuori dal cappello Renfield, prodotto dalla Skybound Entertainment, casa editrice guidata dal prolifico Robert Kirkman (The Walking Dead, Invincible). Si tratta di un lungometraggio che affronta il romanzo di Bram Stoker con una prospettiva inedita, più giocosa – ma non per questo frivola – ponendo un semplice quesito di partenza: cosa accadrebbe se le oscure macchinazioni del Conte Dracula e del suo servitore avvenissero nel mondo moderno?

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Le vicende prendono piede agli inizi del Novecento in Transilvania: Robert Montague Renfield (Nicholas Hoult) è un agente immobiliare squattrinato che entra in contatto con Dracula in persona (Nicolas Cage), per concludere un ricco affare che potrebbe garantirgli il denaro necessario a prendersi cura di moglie e figlia. Il vampiro, tuttavia, approfitta dell’imprudenza del giovane e grazie a un ingannevole accordo lo trasforma nel suo famiglio. In quanto schiavo, il protagonista diventa immortale e acquisisce forza e velocità sovrumane (a patto di ingerire degli insetti). Il suo compito è quello di servire ciecamente il padrone portandogli ogni giorno cadaveri da cui succhiare sangue rigorosamente puro.

I due collaborano per più di novant’anni finché un’imboscata dei cacciatori della Chiesa non riduce in fin di vita il Principe delle Tenebre. La coppia è dunque costretta a trovare rifugio a New Orleans: qui il nostro Renfield viene obbligato a nutrire il compagno con quantità sempre maggiori di sangue per rimetterlo in forze; l’obiettivo è infatti quello di vendicarsi spargendo il male per il mondo. L’ex agente immobiliare, solo e incompreso, è però stanco di sottostare ai continui abusi del mostro e decide, in segreto, di entrare a far parte di un gruppo di recupero cattolico per persone codipendenti e coinvolte in relazioni tossiche.

Durante le varie sedute, Robert viene a conoscenza delle molestie di alcuni criminali nei confronti delle sue compagne di terapia e decide di fare giustizia. Purtroppo non sa che i delinquenti sono legati al boss mafioso Teddy Lobo (Ben Schwartz) che a sua volta è sorvegliato dalla poliziotta Rebecca Quincy (Awkwafina). Questo inusuale triangolo guida le svolte di una storia in cui Robert Renfield cerca a stento di condurre una vita da “bravo ragazzo”, celando il suo lato vampiresco a malavita e forze dell’ordine allo stesso tempo.

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Per i lettori e i cinefili più incalliti non è difficile individuare molteplici punti di contatto sia con il romanzo di Stoker, sia con il Dracula del 1931 di Tod Browning. Renfield difatti si può considerare un’intelligente parodia di queste due opere, una commedia d’azione che non si prende mai sul serio e che abbraccia orgogliosamente gli stilemi esagerati dei B-movie, riadattando personaggi ed elementi chiave del mito.

A livello di sceneggiatura, tra Robert e Rebecca nasce un rapporto intimo che si sviluppa con lo scorrere degli eventi e che va in netto contrasto con il legame morboso tra Robert stesso e il Principe delle Tenebre. Si potrebbe quindi dire che la poliziotta sia, alla lontana, una versione moderna e alternativa di Mina Murray, cosa vagamente confermata dal suo cognome (probabile omaggio a Quincey Morris, comprimario e amico di Mina, presente nel libro originale).

La scrittura brillante riesce a inserire battute che fanno sorridere e divertire in qualsiasi contesto, consegnando allo spettatore un comfort movie leggero e ritmato. Ciò non stupisce se si pensa che il regista Chris McKay ha lavorato anche all’ottimo Lego Batman, prodotto che abbraccia la stessa filosofia dissacrante. Nonostante ciò, c’è spazio anche per tematiche più serie – come la codipendenza citata precedentemente – che aggiungono pepe alla trama. Il vampiro più famoso del mondo diventa pertanto una metafora di quelle persone nocive che risucchiano la voglia di vivere; l’unica soluzione per salvarsi è affrontare i propri demoni. Un messaggio importante, trasmesso con semplicità e senza dell’inutile retorica. Spanne sopra, insomma, a pellicole simili come l’insipido Day Shift – A caccia di vampiri di Netflix che pecca proprio nel voler essere un action movie con una serietà di fondo fuori luogo.

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Non mancano omaggi visivi a Tod Browning: Cage e Hoult sono stati aggiunti alle sequenze del film del 1931 attraverso un processo di compositing molto ben realizzato.

Il comparto visivo è il secondo elemento con cui gli autori si sono sbizzarriti, manipolando e rivoluzionando il materiale originale. Sin dai primi minuti, si nota un’estetica spiccatamente pop – assai vicina ai fumetti – resa principalmente attraverso bellissime scenografie minuziosamente decorate. Un plauso va anche al nutrito reparto makeup capeggiato da Christien Tinsley (Westworld), il cui apporto è stato decisivo per la realizzazione del trucco prostetico di Dracula.

Avere quel folle di Robert Kirkman come produttore e ideatore di Renfield può voler dire solo una cosa: violenza. La pellicola infatti non lesina su scene gore, secchiate di sangue, smembramenti, teste che esplodono, braccia che volano e gole tranciate. Un mix truculento e volutamente over the top ottenuto – a detta di Nicholas Hoult e Awkwafina – usando pochissimo digitale e preferendo i cari vecchi effetti speciali pratici. Confermo quanto detto: il risultato finale è esilarante nei suoi tanti eccessi e quasi del tutto privo di computer grafica invasiva. Basta guardare un qualsiasi dietro le quinte per rendersi conto di quanto si siano divertiti a girare questo film, il che è solo un bene.

Peccato per qualche sbavatura di troppo in alcune sequenze più movimentate: il montaggio ad opera di Zene Baker (Thor: Ragnarok, WandaVision), Ryan Folsey e Giancarlo Ganziano (Shazam! Furia degli Dei) è spesso eccessivamente rapido e poco leggibile; non aiuta una macchina a mano che occasionalmente restituisce immagini traballanti. Fortuna che le trovate a dir poco fantasiose adoperate per le scazzottate ci mettono una toppa (gli appassionati di videogiochi noteranno persino delle strizzate d’occhio a Mortal Kombat).

Arrivati a questo punto della recensione mi sembra doveroso affrontare l’argomento più accattivante: Nicolas Cage nei panni del Principe di Valacchia. Alla faccia dei detrattori, dico che il nostro caro Nic è perfetto nella parte. Citando le parole dei produttori, porta in scena “un Conte Dracula rock & roll“: narcisista, istrionico, ingioiellato e con un bel mantello di pelliccia.

L’enorme impegno del “re dell’overacting” è palpabile, grazie a una recitazione che non stona mai, né ruba spazio ai colleghi. Nelle vesti di succhiasangue, Cage è lontano dall’interpretazione di Stress da vampiro che i fan di vecchia data ricordano con affetto. Preferisce invece offrire agli spettatori un tributo a quelle sensazioni macabre che lui stesso provava da bambino quando guardava il Nosferatu di Murnau, ipnotizzato dal pauroso sguardo dell’indimenticabile Max Schreck. A causa del trucco prostetico, lavora soprattutto con voce e occhi, operando una sintesi che unisce suggestioni provenienti da tutti gli attori venuti prima di lui: da Bela Lugosi a Christopher Lee, passando per Gary Oldman. In due parole: un grande.

Per quanto riguarda Nicholas Hoult (Tolkien, The Menu), il suo personaggio non è folle e instabile come il Robert Renfield concepito da Bram Stoker, bensì appare succube e quasi innamorato del suo padrone, in una dinamica credibile e stuzzicante. Lo stesso non si può dire per Awkwafina (The Farewell, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli) che purtroppo è l’anello più debole del trio.

In un’ora e mezza che scorre liscia come l’olio (o come il sangue), Renfield porta nelle sale un punto di vista simpatico e originale sull’universo narrativo del vampiro per antonomasia. Pur essendo qualitativamente lontano da commedie memorabili come Per favore, non mordermi sul collo! di Polański, Dracula morto e contento di Mel Brooks o What We Do in the Shadows di Taika Waititi, risulta comunque un blockbuster godibilissimo che tutti gli amanti dei monster movie sapranno apprezzare.

Un ringraziamento speciale a Universal Pictures Italia




Nefasto Articoli
Videogiocatore incallito, cinefilo dalla nascita, attore di teatro e batterista da diversi anni. Adoro approfondire qualsiasi cosa abbia a che fare con l'arte e l'audiovisivo: è difficile fermarmi quando inizio a scrivere o a parlare focosamente di ciò che amo.

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