Strappare lungo i bordi, la catarsi secondo Zerocalcare

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Voto:
 

Se nell’anteprima di Strappare lungo i bordi – nuova serie Netflix firmata da quel geniaccio di Zerocalcare – ho condiviso il mio pieno entusiasmo per il progetto, nella recensione che segue darò sfogo ad un’esaltazione ancora maggiore. L’ultima creazione del fumettista romano – prodotta dalla Movimenti Production – è, infatti, un diamante davvero raro nel vasto universo della serialità televisiva odierna.

Nel precedente articolo, che per completezza consiglio di leggere prima di questo, ho sviscerato gli aspetti fondamentali della serie tra i quali spicca la forte irriverenza della sceneggiatura, dotata di quella peculiare comicità caciarona – ma mai scontata – marchio di fabbrica di Michele Rech. Mi sono poi soffermato sul riassumere per sommi capi la sinossi o, per meglio dire, ciò che si poteva intuire dai primi episodi: una storia fortemente ancorata alla gioventù di Calcare, che ha come perno un personaggio mai visto prima – Alice – di cui il nostro protagonista è innamorato perso.

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Al contrario di quanto l’incipit della trama lascia presagire, l’amore non è l’unico tema preponderante del racconto, quanto un intelligente pretesto per scandagliare proprio l’enigmatica figura di Alice e tutte le altre tematiche cardine che le gravitano attorno, tra cui una oltremodo delicata che non posso dire, poiché viene svelata nelle ultime due puntate. La narrazione si articola attraverso un montaggio al cardiopalma, dotato di brevissime pause di riflessione. Strappare lungo i bordi consta di 6 episodi da 15-20 minuti l’uno e scorre divinamente, tanto da poter iniziare e concludere la stagione in un pomeriggio, come se stessimo leggendo una graphic novel dell’autore.

Inoltre, proprio come i libri a cui siamo abituati, la serie alterna leggeri aneddoti di ampio respiro a eventi che portano avanti la trama. Nei primi, Zerocalcare sfodera la sua filosofia di vita, la bile e il cinismo che lo hanno reso famoso; tutti elementi che danno vita a siparietti comici di lunghezza variabile. Questi sono infusi, come sempre, da una poetica estremamente cesellata e ficcante in cui ognuno può immedesimarsi. L’autore (qui anche regista) ha la splendida abilità di raccontare le ansie che attanagliano la vita di tutti i giorni in forme sempre fresche, frizzanti e soprattutto capaci di stringere il cuore.

La creazione di Rech è un mix di risate fragorose – complice anche il geniale doppiaggio in romanaccio doc ad opera di Calcare stesso (voce di ogni personaggio, donne incluse) e un impeccabile Valerio Mastandrea (l’Armadillo) – e di frangenti dotati di un’apprezzatissima malinconia latente a fare da contraltare. Il tutto culmina in un epilogo inaspettato e commovente, da nodo (o sarebbe meglio dire “polpo”?) alla gola. Nonostante ciò, il prodotto finale non risulta mai noioso o ampolloso, tutt’altro!

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La trama principale è incentrata su un lungo viaggio che coinvolge Zerocalcare e i suoi amici fidati: Sarah e Secco. La destinazione è uno dei nodi cruciali dell’intreccio.

Sono i sopracitati aneddoti a ritmare a dovere l’incedere delle puntate. La “frustrante placidità con cui scorre il mondo” viene investigata attraverso la messa in scena di microstorie come l’esilarante “maledizione di Carmen la zingara” – nella quale, da buon pugliese trapiantato a Roma, mi sono particolarmente immedesimato – o l’acuta “teoria dei fili d’erba“, un’elucubrazione che fa da importante sottotesto all’intero script, parallelamente ad un’altra che dà il titolo alla serie.

Strappare lungo i bordi parla della vita a tutto tondo, facendo menzione di argomenti come il minaccioso futuro e il passato con cui regolare i conti, il mondo del lavoro, le frustrazioni giovanili e le paurose cicatrici di ognuno di noi, da mostrare come medaglie. Macrotemi vecchi e nuovi, quindi, mescolati in un calderone arricchito da inquadrature che strabordano di easter egg, nonché riferimenti alla cultura pop e al folklore della Città Eterna. Un plauso va anche al lato tecnico con cui è stato orchestrato il tutto: il comparto animazioni è di prim’ordine – sembra proprio di sfogliare un coloratissimo fumetto in movimento – e la regia dà agli eventi un taglio metacinematografico davvero carino. La quarta parete viene distrutta continuamente: Zerocalcare instaura un rapporto intimo con lo spettatore.

Impossibile non lodare, in ultimo, la colonna sonora, che può vantare sia la opening “Strappati lungo i bordi” ad opera di Giancane, sia brani su licenza che accompagnano egregiamente le sequenze cardine di ogni episodio, fungendo a volte da piacevoli intermezzi. Si passa da Manu Chao e i Klaxon – di cui ho già fatto menzione nell’anteprima – a canzoni più o meno celebri come Wait degli M83Dancing with Myself dei Generation XBlack Water di Apparat e The Funeral dei Band of Horses.

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Le citazioni fumettistiche e cinematografiche sono innumerevoli: il pubblico riconoscerà strizzate d’occhio a Un giorno di ordinaria follia, Ken il guerriero, Game of Thrones, Star Wars e altro ancora.

La parabola di Alice e Calcare ricorda un’unione tra ciò che è stato narrato anni or sono ne La profezia dell’armadillo e i punti di forza più toccanti di Macerie prime, e ciò non può che essere un bene. Un lungo e ininterrotto monologo tragicomico. Il suo unico difetto? Finisce. Strappare lungo i bordi è una serie TV talmente bella e coinvolgente da essere perfetta per sessioni di binge-watching compulsivo; potrebbe durare anche dieci stagioni, non sarebbe un problema (e se ve lo dice uno come me che repelle il 90% dei serial…).

Al contempo, mi auguro che rimanga un unicum prezioso e inimitabile e che non venga rovinato con inutili sequel – impossibili dati certi risvolti di trama – o reiterazioni ridondanti. Qualora il desiderio di Michele Rech fosse quello di esplorare ulteriormente le possibilità offerte dalla serialità televisiva, sarebbe preferibile orientare gli sforzi verso un’altra storia inedita, poiché la formula sperimentata in Rebibbia Quarantine e irrobustita in questa nuova serie Netflix funziona in maniera impeccabile.

Concludo questa recensione con un invito: lasciatevi trasportare anche voi nel viaggio interiore ed esteriore – di Zerocalcare; affrontatelo con il passo che ritenete più adatto e durante i titoli di coda abbandonatevi alle emozioni che quest’ultimo vi avrà donato, tenendo bene a mente i suoi insegnamenti. Che voi ridiate o piangiate non fa differenza, sarà stato un modo come un altro per dare adito a quell’indispensabile catarsi che ci salva dalla precarietà dell’esistenza. Per quanto incerta sia la vita, vale sempre la pena continuare a camminare, che si seguano i nostri bordi oppure no, cicatrice dopo cicatrice.

Un ringraziamento speciale a Netflix

Nefasto Articoli
Videogiocatore incallito, cinefilo dalla nascita, attore di teatro e batterista da diversi anni. Adoro approfondire qualsiasi cosa abbia a che fare con l'arte e l'audiovisivo: è difficile fermarmi quando inizio a scrivere o a parlare focosamente di ciò che amo.

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