Dahmer, su Netflix la storia di un serial killer come manifesto sociale

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Dal 21 settembre è disponibile su Netflix la nuova serie Dahmer – Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer. Il retroscena di questo racconto purtroppo è più che reale: il protagonista Jeffrey Dahmer – interpretato magistralmente da Evan Peters – è al centro di una cruenta storia della cronaca nera statunitense, accaduta tra il 1978 e il 1991. La serie è stata creata da Ryan Murphy e Ian Brennan, già noti rispettivamente per American Horror Story – che ha lanciato proprio Evan Peters – e Glee. L’impostazione tecnica e narrativa di Dahmer non a caso ha uno stile che ricorda American Horror Story ed è affidata a numerosi professionisti, tra cui Jennifer Lynch alla regia e Nick Cave e Warren Ellis alle musiche.

Per comprendere al meglio ciò che si svolge durante la narrazione, è giusto conoscere a grandi linee chi sarà l’orrendo carnefice. Jeffrey Dahmer, soprannominato Il Cannibale di Milwaukee o Il Mostro di Milwaukee, è stato uno dei serial killer più agghiaccianti della storia americana. Ha ucciso all’incirca diciassette persone, di cui una larga parte di etnia afroamericana, utilizzando lo stesso modus operandi. Dahmer ingannava gli uomini proponendo loro dei rapporti sessuali, una semplice bevuta o perlopiù delle foto osé in cambio di soldi, per poi drogarli con dei sonniferi e ucciderli tramite soffocamento o perforando i loro crani con un trapano. La sua fama è inoltre diffusa a causa degli atti di cannibalismo compiuti sulle sue vittime, unito alla conservazione di qualche parte dello scheletro o del corpo nel congelatore del suo appartamento. L’insieme di questi tetri elementi è molto importante ai fini della trama, per accompagnare lo spettatore attraverso l’iter psicologico non solo del killer, ma anche delle figure che lo hanno accompagnato nel corso della sua vita, oltre ai media che presentarono la vicenda al mondo intero.

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Gli eventi trattati nella serie sono dettagliatamente – e letteralmente – sviscerati seguendo una linea temporale inversa. Il primo episodio si apre con una donna seduta sul divano a guardare la tv, che ad un certo punto viene distratta da degli strani rumori metallici simili ad un trapano provenienti da un condotto dell’aria presente in salotto. Subito dopo appaiono le mani di Dahmer intento a pulirsi dal sangue e immediatamente capiamo che la signora è la vicina dell’assassino, grazie all’inquadratura che si concentra sul medesimo condotto al di sopra della cucina del killer. La correlazione viene confermata quando Dahmer esce dalla porta della sua abitazione, venendo subito rimproverato dalla vicina per il pesante odore proveniente dalla sua cucina. Della particolare “puzza” si lamenteranno vari personaggi, ed essa rappresenterà una traccia indelebile per la povera inquilina della porta accanto. Ogni personaggio di questa serie, che sia un parente o un limitato conoscente di Dahmer, subirà dei risvolti traumatici per l’intera vita a causa dei segnali provenienti dalla sua oscura attività. Il resto dell’episodio è incentrato sull’ultima persona che Dahmer intendeva uccidere, Tracy Edwards, che fortunatamente è riuscito a scappare dalle grinfie del killer causando il suo arresto.

L’appartamento numero 213 degli Ofxord Apartaments, attualmente demoliti, è ricostruito in scala 1:1 sulla base della sua controparte originale, visibile pubblicamente tramite una ricerca di polaroid originali su Internet. L’edificio è tristemente famoso per essersi tramutato nel covo di Dahmer, con la maggior parte delle vittime che ha trovato la morte fra i suoi poster e la sua collezione di VHS horror. La posizione dei mobili, del frigorifero e del fusto pieno d’acido contenente alcuni torsi umani disciolti è maledettamente preciso, e questo rafforza l’impatto degli eventi realmente accaduti tra le quattro mura domestiche. In seguito viene mostrato il padre di Jeffrey nella caserma della polizia locale, completamente sconvolto dall’accaduto, che riesce a malapena a credere a ciò che il figlio è stato capace di commettere.

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La trama dal secondo episodio in poi è raccontata da Dahmer stesso durante l’interrogatorio in carcere, ripercorrendo vari momenti fondamentali della sua vita e di alcuni omicidi collegati alla propria personalità deviata sviluppata negli anni. Purtroppo i genitori di Jeffrey hanno un pessimo rapporto: Joyce, madre naturale dell’assassino, soffre di depressione e ha sviluppato una dipendenza dagli psicofarmaci sin da quando aspettava Jeffrey. Suo marito Lionel non riesce a sostenere la situazione, fallendo nel tentativo di comunicare efficacemente con la moglie. In questo modo Jeffrey viene continuamente lasciato solo in casa, a soli sette anni, percependo il dolore dell’abbandono da parte dei genitori e non riuscendo a capire in che modo gestirlo. Già da piccolo Dahmer era considerato atipico rispetto ai suoi coetanei, completamente assente per quanto riguarda la vita sociale e infantile di un bambino. Molte volte accompagnava suo padre alla ricerca di carcasse di animali morti per strada, dato che quest’ultimo era un fervente appassionato di tassidermia. Lionel addosserà all’inusuale e grottesco hobby parte delle proprie colpe, come componente iniziale delle perversioni di Jeffrey.

Successivamente la scena si sposta su uno degli omicidi più terribili, che coinvolge un quattordicenne di origini asiatiche condotto con l’inganno nell’appartamento numero 213. Pur essendo stordito dai sonniferi di Dahmer, il ragazzo riesce a fuggire sfruttando un attimo di distrazione del killer, arrivando sul ciglio della strada. Viene notato dalla vicina che, allarmata dalla situazione, riesce a far intervenire due agenti. Nonostante la stranezza della situazione, però, i due poliziotti si fidano di Dahmer che li convince con qualche scusa, riportando l’incosciente vittima nell’alloggio, in balia del suo aguzzino.

In linea generale i crimini sono mostrati da una regia centrata su Dahmer, rendendoci partecipi delle varie e cruenti fasi passo per passo con diverse inquadrature. Ad accompagnare i sanguinosi gesti una colonna sonora dal tono molto dispersivo e ansiogeno, presente nei momenti di riflessione del protagonista e nei crudi processi, che talvolta rende l’atmosfera simile a quella tipica dei film horror anni ’80/’90, come Hellraiser o Nightmare. Le vicende sono inquadrate nel giusto ritmo, permettendoci di soffermarci sui momenti chiave ed empatizzare con i personaggi – qualità di rilievo in questo genere di serie – al fine di trarre pieno significato da ciò che stiamo guardando.

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Nella serie molti ragazzi avvicinati da Dahmer sono di basso ceto, neri e omosessuali, soggetti considerati di “serie B” rispetto al loro omicida. Molteplici lati psicologici e sessuali del criminale ci fanno capire quanto inoltre sia distorta la visione stessa degli omosessuali, degli afroamericani e delle minoranze etniche da parte delle famiglie e della comunità. La discriminazione di un diverso orientamento sessuale affonda le radici negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, quando molti di loro faticavano a esporsi alla società. Una gran parte preferiva nascondere la propria sessualità soprattutto ai famigliari, che spesso la ritenevano una perversione sessuale. Non dimentichiamo che da poco si era anche diffusa l’idea dell’AIDS come punizione mortale trasmessa da Dio agli omosessuali. Oltre a Jeffrey, molti giovani dell’epoca erano privati della possibilità di discutere della loro sessualità con i genitori, problema non di poco conto soprattutto nelle inquietanti devianze sessuali sviluppate da Dahmer nei riguardi dei cadaveri, esternate da lui stesso al padre. Il tentativo fallisce miseramente e Jeffrey viene lasciato alla deriva degli impulsi causati dalla sua mente disturbata. La mancanza di supporto emotivo da parte del padre è un’ulteriore caratteristica dell’idea di virilità dell’epoca, per cui si riteneva che un figlio maschio dovesse reprimere i propri sentimenti e sviluppare da sé la propria sfera sessuale.

La vita di Jeffrey Dahmer è stata analizzata e resa portavoce di una “società nascosta” americana ignorata dai suoi cittadini, formata da un diverso gruppo di etnie che si ritrova sempre sminuito e sofferente di fronte ai propri diritti. Le sfortunate vittime di questa terribile storia sono state sottovalutate dallo Stato americano proprio perché era impensabile che un uomo bianco potesse rappresentare qualche tipo di minaccia. Colpevoli per essere semplicemente vissute in un contesto sociale e politico che tutela maggiormente le persone bianche con una buona famiglia e uno stipendio. Non a caso nella serie le innumerevoli segnalazioni al 911 da parte dei cittadini afroamericani che hanno incrociato Dahmer – in particolare la vicina di casa che riusciva a sentire le urla al momento degli omicidi – vengono ridotte al pari di uno scherzo telefonico. Mi ha particolarmente colpita il capitolo dedicato a Tony Hughes, un ragazzo sordo di 31 anni, la cui persona sembra quasi invisibile a causa della sua disabilità e del colore della sua pelle; viene adescato facilmente da Dahmer, uno dei pochi bianchi con cui gli sembra di poter avere una storia d’amore. Ancora oggi la questione del razzismo è un dibattito aperto negli USA, basti pensare alle recenti proteste seguite alla morte di George Floyd e altri afroamericani per mano delle autorità.

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Un ulteriore punto di vista da considerare è quello della venerazione e idolatria dei serial killer da parte dei fan di film horror e di true crime, fenomeno tuttora presente e diffuso sui social network. Su Youtube e TikTok sono migliaia i video dedicati alle menti più malvagie e deviate della nostra epoca come Ted Bundy, John Wayne Gacy e Richard Raminez. Il fascino estetico, la gravità dei crimini commessi e la totale assenza di umanità sono gli elementi che scatenano nei loro fan una grottesca ammirazione, che diventa molto irrispettosa e senza ritegno se si pensa all’enorme sofferenza che hanno causato non solo a chi hanno freddamente ucciso e profanato, ma anche alle loro famiglie. La serie Netflix Dahmer – Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer rappresenta il modo in cui un tremendo episodio di cronaca nera può diventare uno strumento di denuncia e consapevolezza, in grado di influenzare pienamente il presente esprimendosi in diverse sfumature.

https://youtu.be/K_IPqneCpRU

Un'umile appassionata del mondo dell'arte in cerca di un motivo valido per cui parlarne.

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