Wish, i sogni son (pessimi) desideri

wish disney recensione

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Per celebrare il proprio 100° anniversario, la ormai più che prolifica Disney ha deciso di rilasciare Wish, ultimo classico d’animazione che arriva a poca distanza dal sottovalutato Elemental e a un anno esatto dall’altrettanto bistrattato Strange World. A differenza di questi ultimi, però, che pur con poco riscontro di pubblico hanno portato avanti tematiche sociali interessanti, personaggi originali e storie più che apprezzabili, Wish non ha proprio niente di tutto ciò da offrire.

L’intento iniziale era quello di racchiudere il nucleo principale delle classiche storie Disney, mettendo al centro del racconto i sogni e i desideri che ogni protagonista d’eccellenza esprime prima di imbarcarsi in una perigliosa avventura che lo porterà a realizzarli (o a rendersi conto che non erano quelli giusti). D’altronde, il simbolo ufficiale della casa d’animazione è ancora oggi la stella dei desideri, che compare nell’intro di ogni film insieme all’iconico castello. Wish doveva, idealmente, fungere da origin story e mostrare com’è nata la leggenda di questa stella a cui canonicamente molti personaggi Disney hanno affidato i propri sogni. Ma qualcosa (anzi, praticamente quasi tutto) è andato storto.

Wish disney Asha e la stella dei desideri

La storia è ambientata sull’isola di Rosas, dove una giovane diciassettenne di nome Asha celebra il centesimo compleanno del nonno (primo dei tremila easter egg espliciti sull’anniversario Disney) e si prepara ad affrontare un colloquio con il re dell’isola, il mago Magnifico, per diventarne l’assistente. Il suo scopo principale, una volta ottenuto il lavoro, è quello di far esaudire il desiderio del nonno, che dopo un secolo esatto di vita ancora non si è visto realizzato. La tradizione stabilita dal re Magnifico vuole infatti che, al compimento del diciottesimo anno di età, ogni cittadino affidi a lui il proprio sogno più grande, con la possibilità di vederlo esaudito durante la cerimonia del sogno, che si tiene ogni mese e dove il re realizza arbitrariamente un solo desiderio.

Con l’aiuto di un gruppo di amici che lavora al castello, e di una storia strappalacrime inspiegabilmente efficace, Asha riesce ad ottenere il ruolo di assistente e ha così la possibilità di vedere la stanza segreta dove Magnifico tiene custoditi i sogni di tutti i suoi cittadini. Dopo aver individuato il sogno del nonno e aver chiesto a Magnifico di esaudirlo, Asha scopre che in realtà il re – sorpresa sorpresa – seleziona personalmente i sogni da realizzare durante la cerimonia, e che quindi molti desideri non sono stati e non verranno mai esauditi perché giudicati “pericolosi”, come accade per quello del nonno.

Asha contesta apertamente il re, e per questo viene cacciata e rimossa subito dall’incarico senza aver neanche cominciato. Affranta, si rifugia nella foresta vicino casa dove esprime la propria frustrazione nell’aver scoperto la vera natura di Magnifico e nel non poter fare nulla per i sogni dei propri concittadini. Fortuna, o destino, vuole che una stella luminosa in cielo la ascolti e cada proprio nel punto della foresta dove si trova lei, pronta ad aiutarla nella sua generica impresa.

Wish disney Asha incontra Star

Il problema principale di Wish è proprio il suo essere generico fino alla nausea: la protagonista principale non è dotata di alcuna caratteristica peculiare se non quella di voler aiutare incondizionatamente il prossimo e di non aver un briciolo di amor proprio; si sacrifica spesso e volentieri per gli altri, chiunque essi siano, e sembra non avere nessuna pulsione personale che la spinga a voler davvero qualcosa. È semplicisticamente e (appunto) genericamente, “buona“; l’unica cosa che sembrerebbe darle un briciolo in più di carattere è l’essere un po’ goffa, ma abbiamo già visto come in realtà tutte le grandi produzioni ormai stiano usando questo tratto per provare a rendere i nuovi giovani protagonisti simpatici e di facile immedesimazione (Marvel, non sto affatto parlando di te, né in particolare delle tue Kate Bishop e Miss Marvel).

Per contrasto abbiamo poi il “cattivo”, re Magnifico, per cui sembra essere stato fatto un minimo di sforzo in più: il suo carisma e la sua vanità si combinano a un passato tragico (anche questo generico e solamente accennato) e a un’ambizione personale che gli impedisce di volere davvero il bene del suo popolo. Qui potrei facilmente scagliarmi contro la decisione di voler rendere l’unico personaggio con motivazioni comprensibili e una forte volontà personale l’antagonista (come se invece annullarsi a prescindere per gli altri fosse un bene), ma volendo mettere in gioco il fatto che si tratti di un re che dovrebbe essere in grado di governare saggiamente, posso anche soprassedere. Il maggior punto debole di Magnifico è l’essere volutamente una macchietta del suo doppiatore originale, Chris Pine, di cui si è voluta sfruttare la vena comica e (anche qua) goffa già vista in Into the Woods e Dungeons&Dragons, in cui però i personaggi che interpretava avevano un motivo per essere così egoisti e buffi al tempo stesso, a differenza di quanto accade qua.

Wish disney Asha e re Magnifico

In italiano, i già poco interessanti protagonisti sono penalizzati ancora di più da un pessimo doppiaggio. Se Massimiliano Manfredi aveva fatto un ottimo lavoro con i doppiatori altrettanto amatoriali di Elemental, lo stesso non si può dire per quelli di Wish, dove emerge in negativo la voce della protagonista Asha, interpretata da Gaia. Un gran peccato, visto che spesso e volentieri un buon doppiaggio può riuscire non tanto a risollevare, ma quantomeno a rendere un po’ meno sgradevole qualcosa di malriuscito.

Generiche sono poi anche le canzoni del film, non essendoci personaggi mossi da vere intenzioni. L’evidente ispirazione teatrale – e soprattutto ai lavori di Lin-Manuel Miranda – viene di fatto resa una semplice guida (usata male) per la struttura del corpus canoro, dove ogni canzone sembra inserita meccanicamente in punti telefonati e ogni testo descrive semplicemente quello che è successo senza particolari spunti artistici. Lo stesso avviene per gli ambienti e gli sfondi, che mostrano una semplice città grigia priva di punti di riferimento, una piazza anonima per tutte le celebrazioni più importanti e una foresta costituita dagli stessi tre alberi e tre cespugli.

Le uniche ambientazioni degne di nota sono, come anche i soli spunti visivi capaci di saltare all’occhio, easter egg di altri film Disney. Se ancora non avete avuto la (s)fortuna di vedere Wish preparatevi, perché ne vedrete tanti, inutili e ben evidenti, proprio in quanto unici design decenti dell’intero film.

Wish disney animazione
Nemmeno l’animazione innovativa riesce a rendere Wish guardabile

L’ultimo film Disney si rivela quindi un bel buco nell’acqua, con tanto di tonfo rumoroso visto che si tratta persino della celebrazione di un anniversario secolare. Penalizzato da una trama svogliata e senza fili logici, portato avanti (anzi, indietro) da un manipolo di personaggi incoerenti e bidimensionali, e cadenzato da canzoni imbarazzanti e più che dimenticabili, Wish si conferma il peggiore film Disney da vent’anni a questa parte. Un gran peccato, considerando che gli ultimi lungometraggi animati pur passando in sordina avevano qualcosa di valido da raccontare. Speriamo che dopo aver raggiunto un punto così basso la Disney prenda nota e torni a puntare davvero alle stelle.




SannyBoodmann Articoli
Esaltata e riflessiva, amante dei libri fin da piccola e dei film fin da quando ha scoperto che anche quelli da festival (ovvero, i millantati come i più impegnati) possono essere alla portata di chiunque abbia una mente aperta e uno spirito critico definibile tale. Fan dell' "accessibile a tutti" ma anche del "commentabile da pochi".

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