Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri

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Nel corso degli ultimi anni, grazie al riscatto della nerd culture e la sua progressiva democratizzazione, anche i giochi di ruolo hanno perso la loro aura di interesse da “sfigati”, diventando al contrario sempre più popolari. Questo è avvenuto anche per la loro capacità di generare storie fantasy (e non) andando oltre i soliti e granitici canoni, sfociando persino in avventure più scanzonate e dinamiche.

Dungeons & Dragons: L’onore dei Ladri in questo senso riesce a restituire pienamente l’idea di una vera e propria campagna affrontata da un gruppo di amici attorno a un tavolo, rivelandosi un film che diverte e intrattiene proponendo un’avventura ambientata nei Forgotten Realms.

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Ci troviamo più precisamente nel Faerûn, un vasto continente in cui coesistono svariati biomi, specie umanoidi e contesti sociali differenti. Ciò che conta di più però non è dove siamo, ma chi seguiamo: Edgin (Chris Pine) e Olga (Michelle Rodriguez) si ritrovano in un carcere di massima sicurezza per un crimine che hanno commesso di loro volontà, ma del quale non hanno capito veramente la portata.

La vita di entrambi anni prima era andata in frantumi: il primo è un bardo che ha rinnegato i suoi giuramenti di protettore degli innocenti dopo che sua moglie è morta, e la seconda è una barbara che si è ritrovata senza clan di appartenenza e separata dall’halfling (mezz’uomo) per cui il clan l’aveva rinnegata. I due sono diventati come fratello e sorella, occupandosi insieme della figlia di Edgin, Kira (Chloe Coleman), e dandosi a una serie di scorribande per mantenersi rubando ai ricchi. A loro si sono poi uniti Simon (Justice Smith) come stregone e Forge (Hugh Grant) in quanto carismatico brigante.

Una misteriosa figura dotata di straordinari poteri chiamata Sofina (Daisy Head) li ha però convinti a rubare un artefatto magico, situato in deposito di massima sicurezza. Edgin e Olga, arrestati perché rimasti bloccati da un incantesimo, con un po’ di fortuna riescono a evadere e vanno alla ricerca di Kira, che nel frattempo è stata presa in custodia da Forge, diventato il nuovo reggente della città di Neverwinter. Edgin e Olga, con l’obiettivo di trarre in salvo Kira, recupereranno Simon, arruoleranno la druida Doric (Sophia Lillis) e il paladino Xenk (Regé-Jean Page) e si procureranno magie e artefatti per affrontare la missione.

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Per tanti motivi questo non è un fantasy classicamente inteso: ha una durata contenuta ed è autoconclusivo, anche se lascia spazio a futuri capitoli con gli stessi personaggi o comunque ambientati nello stesso mondo. La premessa e la trama non si basano interamente sulla ricerca di uno specifico oggetto o sull’idea di salvare il mondo, e per quanto queste cose siano presenti sono decisamente secondarie rispetto al vero focus, ovvero cercare di riconoscere le proprie debolezze e ricostruire i legami interpersonali andati perduti. Questo è possibile proprio perché i personaggi non agiscono quasi mai da soli, ma sempre in gruppo: si guardano le spalle, si criticano costruttivamente e si tirano su, compensando le vicendevoli lacune ed esaltando le proprie capacità, senza momenti in cui un personaggio prevalga realmente sugli altri.

Questo, che considero il cuore delle campagne nei giochi di ruolo, è possibile grazie a una trama che funziona e una bella sceneggiatura, con una buona caratterizzazione di quasi tutti i personaggi. Anche il mondo è stato reso interessante, e ho apprezzato la scelta di farlo bello da vedere senza preoccuparsi del realismo, attraverso in particolare l’uso di animatronics e un pazzesco reparto trucco e costumi; per me quando si tratta di storie fantasy è l’approccio ideale. John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein inoltre hanno svolto un buon lavoro alla regia, soprattutto con le scene d’azione che risultano molto chiare, fatta eccezione per qualche momento in quella finale.

Generalmente non ho riscontrato grossi difetti nel film. Forse un punto dolente è la colonna sonora, non perché sia brutta ma perché non è minimamente memorabile, e avendo tra i protagonisti quello che a tutti gli effetti si direbbe un bardo ci si aspetterebbe almeno un tema ricorrente capace di rimanere in testa. A tal proposito, da giocatore di D&D mi ha fatto anche storcere un po’ il naso che Edgin non ricorra a magie o trucchetti, allo stesso modo in cui Doric risalta poco come Tiefling, considerando che non ha canini aguzzi né la pelle blu/violacea, le sua corna sono corte e la coda quasi non si nota per tutto il tempo (ma può semplicemente essere che la sua parte umana risalti su quella di discendenza demoniaca).

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D’altronde, sia per queste che per altre possibili reinterpretazioni del mondo e dei personaggi, qualsiasi manuale di gioco che si rispetti parla chiaro: ciò che è stato scritto può, o addirittura deve, essere considerato una traccia e non un testo sacro. Le regole, l’aspetto, i nomi e tutto ciò che viene elencato e descritto viene sempre lasciato a libera interpretazione, e ciò è necessario proprio per far sì che giocatori e master possano godersi una bella esperienza. Di conseguenza penso sia giusto che registi, sceneggiatori e chiunque abbia lavorato al film abbia ragionato in questo modo. Decisamente consigliato se volete passare un paio d’ore a divertirvi e magari trovare nuovi spunti per la prossima campagna.




Chirano Articoli
Diplomatə al corso e al Master di Sceneggiatura alla Scuola Internazionale di Comics di Torino, laureatə in Letteratura Giapponese a UniTO e felice di essere qua :)

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