Rogue One: A Star Wars Story

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È ormai da quasi 40 anni che il pubblico si diverte a prendere in giro il “piccolo” difetto di costruzione della Morte Nera visto nel primissimo Star Wars, perché sì dai, possibile che un’arma così grande e devastante possa essere completamente annientata con un colpo ben assestato nel punto giusto? E’ ridicolo, a che razza di imbecilli si è affidato l’Impero per la sua costruzione?

E invece non è così semplice, dietro questo piccolo dettaglio si nasconde una storia di grande coraggio e sacrificio, e ce la racconta Rogue One. Trattasi del primo spin-off ufficiale della saga cinematografica, che si va a collocare esattamente prima degli eventi di “Episodio IV: Una Nuova Speranza”, infatti qui ci viene mostrato come è stato possibile per i ribelli ottenere i progetti della Morte Nera che hanno poi consentito a Luke, assieme all’Alleanza Ribelle, di individuarne il punto debole e disintegrarla.

La trama procede in maniera tutto sommato lineare e senza tantissimi colpi di scena, ma funziona, ed è costruita talmente bene all’interno dell’universo di Star Wars da incastrarcisi perfettamente, rendendo il film non un semplice spin-off per fare cassa in attesa dell’ottavo capitolo (come era lecito sospettare), ma quasi un tassello fondamentale della saga, quel pezzettino del puzzle mancante di cui pensavamo di poter fare a meno, grazie al quale invece il quadro diventa più completo e bello.

Come per Il Risveglio della Forza, c’è dell’amore dietro la lavorazione di questa pellicola, è palese, e questo mi lascia intendere che la strada intrapresa da Disney dopo l’acquisizione di Lucasfilm sia quella giusta, a prescindere dalla scelta di far uscire un film del franchise all’anno. Rogue One contribuisce anche ad espandere l’universo narrativo e la mitologia di Star Wars, introducendo per la prima volta sul grande schermo i cristalli Kyber, pietre strettamente legate alla Forza che sono alla base della costruzione delle spade laser, finora apparse soltanto in opere secondarie come serie animate, romanzi e videogiochi.

rogue one death trooper

Questo spin-off riesce a contraddistinguersi dal resto della saga per atmosfere ed intenzioni. Scordatevi il fantasy, le spade, la magia, le storie d’amore e quant’altro, ci troviamo di fronte ad un film di guerra in piena regola, che tiene fede all’universo in cui è ambientato, ma ce ne mostra un lato poco conosciuto, più coi piedi per terra. La dittatura dell’Impero Galattico non è mai stata così concreta, e finalmente viene riabilitata anche la figura degli Stormtrooper, che qui danno davvero l’idea di essere soldati addestrati come si deve (anche se come al solito un po’ di mira in più non sarebbe guastata).

Magnifici i nuovi Death Trooper, che oltre all’aggressiva armatura nera sono dotati anche di commutatori vocali che contribuiscono a renderli particolarmente minacciosi. Tutti i personaggi in generale parlano e agiscono in maniera coerente al clima bellico del film e il tutto, nel suo contesto, risulta credibile. Alcune scene mi sono sembrate persino ispirate a scenari di guerra mediorientali.

Non aspettatevi però delle carneficine: come ogni buon prodotto Disney destinato a tutti, non si assiste mai a scene di violenza veramente esplicita e a dirla tutta fa sempre storcere un po’ il naso veder morire uno Stormtrooper con un colpo di blaster piantato in testa e l’elmo ancora tutto intatto, al massimo leggermente bruciacchiato. Non dico che bisogna far vedere sangue e materia grigia sparsa, ma si tratta di piccoli dettagli che tolgono pathos inutilmente. D’altronde è anche vero che Star Wars ci ha abituato da sempre a queste cose.

Le ribellioni si fondano sulla speranza

Sebbene la storia ruoti attorno alla protagonista Jyn Erso (interpretata dalla brava e bella Felicity Jones), la sua importanza tende poi a dissolversi a favore di quella di tutta la sua squadra, uno sparuto ma coraggioso gruppo di ribelli determinati ad arrestare l’avanzata dell’Impero. Tutti i personaggi funzionano, alcuni rimangono meno impressi, altri di più: tra questi io includo assolutamente K-2SO, droide militare imperiale riprogrammato, che funge un po’ da comic relief come da tradizione per la saga (per fortuna in maniera ben dosata e mai eccessiva), ma giustamente vista la sua natura si dimostra anche un personaggio d’azione.

Un altro è sicuramente Chirrut Îmwe, interpretato dal mitico Donnie Yen, attore e artista marziale che adoro da quando vidi il primo “Ip Man”; lui è un monaco guerriero cieco (ovviamente ci vede benissimo in altri modi) che crede fermamente nella Forza e combatte principalmente affidandosi ad essa, oltre che alle sue straordinarie abilità. Mi è piaciuto abbastanza anche il villain principale, il Direttore Orson Krennic (Ben Mendelsohn), stronzo al punto giusto. Tutto il cast comunque ha dato un’ottima performance, compreso Mads Mikkelsen nei panni di Galen Erso, il padre di Jyn, che però compare in pochissime scene.

Un minutaggio risicato, come previsto, è anche quello dedicato a Darth Vader. Nei primi momenti in cui compare non mi sono particolarmente esaltato e ho pensato che l’avessero messo lì solo per una questione di fan service, per poi ricredermi in una delle scene finali dove assistiamo ad una prova di tutta la sua potenza e la sua ferocia. Un Vader così finora non si era mai visto sul grande schermo, un tributo grandioso e dovuto ad uno dei cattivi più iconici del cinema. E sì, lo chiamano Vader, non Fener. L’unica pecca è che in un paio di inquadrature la sua armatura tende a sembrare un po’ troppo finta, ma trattandosi di pochi secondi ci si passa sopra tranquillamente.

Ritroviamo anche altri personaggi storici della saga, però alcuni di loro rappresentano forse la nota più stonata all’interno del film. Questo perché essendo gli attori che li interpretavano invecchiati o morti, qui sono stati ricreati in CGI e la cosa salta dannatamente all’occhio. Finché si tratta di creature di fantasia la cosa non infastidisce, ma nel momento in cui viene inserito un solo attore in CGI in mezzo ad altri veri, purtroppo si nota e può essere irritante, poiché rompe la sospensione dell’incredulità, senza contare che uno di questi in particolare viene mostrato davvero spesso. Da un lato capisco la difficoltà di scegliere come ovviare ad un problema di questo tipo, ma io personalmente avrei preferito dei sosia (o pseudo-tali) in carne ed ossa in questi ruoli.

Per quanto riguarda il fan service puro, invece, sono state inserite diverse chicche che faranno sorridere non poco gli appassionati della saga.

Fuoco e fiamme

L’impatto visivo di Rogue One è fenomenale, soprattutto per quanto riguarda le battaglie. Queste trasudano potenza da ogni frame, tra colpi di blaster, esplosioni, mezzi giganti in movimento e astronavi che si scontrano. Gli effetti speciali sono per lo più eccellenti, coadiuvati da un comparto sonoro allo stesso livello. Un risultato così però è anche dovuto ad una fotografia di tutto rispetto e l’ottima regia di Gareth Edwards, che è riuscito a dar vita ad alcuni dei combattimenti più belli mai visti in uno Star Wars.

La storia e la spettacolarità dell’azione vanno a braccetto e crescono gradualmente d’intensità, tolto qualche momento dai ritmi un po’ più altalenanti nella prima parte. Il film si costruisce un po’ alla volta, per poi deflagrare nel gran finale, che vale da solo tutto il costo del biglietto.

Completa la pellicola una colonna sonora come sempre molto bella, stavolta ad opera di Michael Giacchino, che assieme ad alcuni temi classici rivisitati, ne propone altri del tutto nuovi. Quest’ultimi hanno la funzione di distinguere questo spin-off dagli episodi regolari della saga, ma rimangono chiaramente ispirati a quelli di John Williams per un’ovvia questione di coerenza con lo stesso universo narrativo.

Rogue One è una storia di Star Wars di cui nessuno sentiva davvero il bisogno, ma si è rivelata interessante, ben scritta, emozionante e divertente, al punto che la sua visione ora è praticamente obbligatoria per ogni appassionato della saga che si rispetti. Sicuramente entrerà a far parte delle diverse teorie sull’ordine in cui guardare i film che la compongono. Riesce inoltre a riproporre le atmosfere già familiari ai fan in una prospettiva tutta nuova, più cupa del solito, e nonostante qualche lieve sbavatura qua e là raggiunge comunque vette di spettacolarità mostruose.

Se proprio vogliamo fare i romanticoni, Rogue One ci ricorda anche un concetto mai troppo scontato: finché nelle avversità rimane viva anche solo una minima speranza, vale la pena di continuare a lottare.




RocketSimoon Articoli
Appassionato di film e videogiochi da quando c'erano ancora videocassette e floppy disk, da meno tempo anche di serie tv. Sono curioso per natura e per questo non specializzato in un unico genere, ma tendo a preferire horror, thriller e azione.

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