Non prendiamoci in giro: la saga di Thor finora ha avuto più bassi che alti. Nonostante lo sforzo di Kenneth Branagh nel proporre una trasposizione di shakespeariana memoria (e che dunque non si omologasse troppo alle “regole” dei cinecomic), il primo capitolo non è stato esattamente memorabile, se non per la presenza di un già ottimo Tom Hiddleston che ha reso grande il suo Loki (anche rischiando di mettere in ombra il protagonista). Thor: The Dark World, poi, probabilmente non lo ricorda davvero nessuno; un film così mal riuscito e inutilmente cupo che la maggior parte dei fan lo salta senza rimpianti durante le maratone del MCU. Proprio per questo, la Casa delle idee ha capito che il Dio del Tuono doveva necessariamente essere rinnovato.
Nasce così Thor: Ragnarok, che quantomeno ha goduto di un taglio totalmente assente nell’episodio precedente, soprattutto per la vibrante gamma cromatica. Un film, però, ancora troppo poco efficace su diversi fronti, a partire dal disequilibrio tra dramma e commedia in favore di battute di bassa lega disseminate letteralmente ovunque (problema che accomuna gran parte dei film Marvel) fino a una CGI non sempre all’altezza e alla recitazione a dir poco sottotono di alcuni attori (in particolare Cate Blanchett). Insomma, apprezzabile l’impegno di Taika Waititi, ma ancora piuttosto insufficiente.
Di fronte a un quadro del genere quasi nessuno è saltato dalla sedia quando è stato annunciato Thor: Love and Thunder, né quando sono arrivati i primi trailer. In molti ormai davano il personaggio per spacciato, soprattutto dopo l’ultima deludente apparizione – quella nella Saga dell’Infinito – dove il tutto si è giocato sulla sua forma fisica con gag davvero poco divertenti. Eppure, con sommo stupore da parte mia, questo quarto film su Thor ha avuto il potere di fare il suo sporco lavoro, anche se (forse) in modo inaspettato.
La trama riprende esattamente dalla fine di Avengers: Endgame, quando Thor decide di continuare a viaggiare in lungo e in largo nell’universo insieme ai Guardiani della Galassia. Purtroppo però scopre che un uomo di nome Gorr si è guadagnato la fama di Macellatore di Dei, uccidendone alcuni su diversi pianeti e gettando nel caos le popolazioni locali. Determinato a fermarlo, torna a New Asgard, dove scopre che Jane Foster lotta insieme a Valchiria e il suo popolo grazie ai poteri ottenuti attraverso il Mjolnir.
Il regista ci aveva promesso una storia davvero estrema e, bisogna ammetterlo, questa volta ha quasi completamente centrato il punto. Il Dio del Tuono è ancora più fuori di testa, a tratti quasi demenziale, ma ricalca per ovvie ragioni quel tipo di comicità alla Guardiani della Galassia che il pubblico ama davvero tanto. Non è un caso infatti che Waititi e James Gunn si siano confrontati per questo capitolo del franchise, anche se purtroppo non sempre il primo è riuscito a mantenere un equilibrio, particolare che si rende evidente quasi subito.
Il film si apre infatti con un flashback che presenta il villain principale, un momento perfettamente drammatico e piuttosto commovente. La seconda sequenza invece ci porta a Thor e ad una delle sue avventure, proponendoci l’eroe in una veste particolarmente demenziale. Infine arriviamo sulla Terra e al motivo per cui Jane è diventata Mighty Thor, altro momento emotivamente devastante per il pubblico.
Per quanto, a ben vedere, il regista abbia disegnato una perfetta sinusoide in cui dramma e comicità si alternano alla perfezione, la scena centrale (tra le tre menzionate) arriva in parte a stridere un po’ troppo, creando non poco fastidio durante la visione. Eppure siamo decisamente un passo avanti rispetto al disastro di gag sciocche e non divertenti che aveva caratterizzato il capitolo precedente. Nonostante, quindi, anche in Love and Thunder ci sia quella vena comica fin troppo pesante che si ritrova anche negli altri film del MCU, quantomeno le battute sono meglio contestualizzate e spesso raggruppate in date sequenze per non intaccare la profondità del dramma che anima le altre.
Purtroppo però il film ha un altro grande difetto, che ormai sembra caratterizzare tutti i prodotti dei Marvel Studios. Nelle recensioni di Doctor Strange in the Multiverse of Madness e Moon Knight ho evidenziato come, a fronte di una progressione attraversata da parecchie pause per analizzare background e plot, la parte finale della sceneggiatura (contenente ovviamente lo scontro più importante) non solo avesse poco spazio, ma si sciogliesse con un colpo di scena sbrigativo e poco efficace. Anche in questo caso, la battaglia tra gli eroi e Gorr si risolve, per utilizzare un modo di dire piuttosto comune, “a tarallucci e vino“. Deludente, soprattutto se si considera che il film impiega così tanto tempo a dispiegare la trama e arrivare a quel momento.
Lo scioglimento invece è a dir poco perfetto e risolleva senza dubbio le sorti del film, che giusto poco prima rischiava una sonora bocciatura; un punto in cui non solo ha la meglio il dramma, ma che rappresenta anche una svolta incredibile per l’arco narrativo di Thor. Senza contare, comunque, che lo scontro tra i protagonisti e il nemico è esteticamente sorprendente e conferma ancora una volta la capacità di Taika Waititi nel creare scene davvero suggestive.
Per quanto riguarda le star, Chris Hemsworth offre un’interpretazione in parte già vista – dal momento che, come anticipato, ha solo spinto un po’ di più il piede sulla demenzialità – ma non per questo deludente. Natalie Portman questa volta ha dato maggiore profondità al suo personaggio portando a casa un’ottima interpretazione. Chi però brilla maggiormente è Christian Bale nei panni di Gorr, la vera e propria punta di diamante del film: anche se il suo personaggio non ha un background così innovativo e, anzi, a tratti è piuttosto banale, la sua performance attoriale è decisamente sopra le aspettative. Ottima ovviamente anche Tessa Thompson con la sua Valchiria, quasi un vero e proprio emblema del film tra l’atteggiamento scanzonato e il background doloroso e intenso che grava sulle sue spalle, ripreso in più occasioni.
Al solito, insomma, la Marvel prende la sufficienza piena senza riuscire a fare quel passo in più. Per ogni pregio rintracciato in Thor: Love and Thunder c’è un difetto che lo segue immediatamente, il che impedisce al film di rendersi indimenticabile o particolarmente pregiato. Nonostante ciò, non solo rappresenta un passo avanti per la saga di Thor, che sembrava destinata a fallire in toto, ma è sicuramente un lavoro ad altissimo tasso di intrattenimento, aspetto fondamentale per un cinecomic.
Un ringraziamento speciale a The Walt Disney Company Italia
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