Moon Knight, la serie in cui “la bilancia non sempre è in equilibrio”

moon knight serie tv

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Quando hai a che fare con un franchise più che decennale come il MCU, non è sempre facile riuscire a distaccarsi da un determinato modus operandi e regalare al pubblico qualcosa di nuovo. Una prima, timida, prova è stata fatta con WandaVision, dove suggestioni provenienti da media diversi (o quantomeno con format provenienti da un’altra epoca) si intrecciano con una trama intensa, che affronta il tema del lutto. Nonostante ciò, però, la macrostruttura dello show rimane fondamentalmente quella ormai consolidata dai Marvel Studios.

Con il successo di Disney+, che al momento ha un’offerta tra le più ampie di tutti i servizi di streaming, la parola chiave è diventata diversificare e, dunque, un nuovo e più significativo tentativo doveva necessariamente essere fatto. Proprio per questo, si è optato per un fumetto piuttosto distante dall’attuale Universo Cinematografico Marvel, anche nella speranza di catturare l’attenzione di un pubblico diverso dal solito. È così che, banalmente, la Disney ha messo gli occhi su Moon Knight, personaggio nato dalla penna di Doug Moench (testi) e Don Perlin (disegni) e pubblicato per la prima volta nel 1975.

Nonostante le intenzioni fossero più che ottime, così come anche le premesse stesse della serie, non tutto però è filato esattamente liscio e – a mio avviso – gran parte della colpa è da attribuire al format scelto dai Marvel Studios per i suoi progetti su piccolo schermo. Partiamo dalla sinossi dell’opera, per capire in quale preciso istante, purtroppo, la sceneggiatura ha completamente perso la bussola e in che modo.

moon knight steven

Moon Knight è interamente incentrata sulla storia di Steven Grant, un tranquillo impiegato del negozio di souvenir di un museo che improvvisamente viene colpito da preoccupanti vuoti di memoria, per cui si ritrova in situazioni che sembra non aver causato consciamente. Scavando più a fondo scopre di avere un disturbo dissociativo dell’identità e che tutte le azioni di cui non ricorda nulla in realtà sono state compiute da un mercenario di nome Marc Spector (con cui dunque condivide il corpo). Alla già complessa vicenda personale si intreccerà poi quella legata allo scontro tra divinità egizie, con una di esse che minaccia la sicurezza della popolazione mondiale.

Una trama senza dubbio intrigante, che per la prima volta approccia un mondo completamente diverso da quello a cui la Marvel (quantomeno sullo schermo) ci ha abituato. Questa volta si parla di vere e proprie divinità, di spiritualismo e, soprattutto, di temi piuttosto profondi come la salute mentale – premesse, per altro, ben lontane da quelle del fumetto, dove Steven era più “semplicemente” l’alter ego di Marc. Le carte per uno show vincente dunque ci sono tutte e – nonostante molto spesso la CGI non sia all’altezza e di conseguenza l’estetica a volte possa far storcere il naso – narrativamente siamo di fronte ad un’opera alla base molto curata e dai toni quantomeno intriganti, proprio perché distanti dai prodotti precedenti.

moon knight ethan hawke

Il cuore del problema però risiede nella volontà degli Studios di realizzare serie con un format molto “ristretto” (6 episodi da 44-53 minuti ciascuno), facendo sì che si debba tagliare non solo su moltissimi dettagli che varrebbe la pena approfondire, ma anche su elementi della sceneggiatura che in realtà sono a dir poco fondamentali. Mentre, dunque, le prime puntate si prendono del tempo per farci immergere nel mondo di Moon Knight, con tutto ciò che comporta – conoscere tutti i personaggi (principali e secondari) ed entrambe le personalità del protagonista, così come capire fino in fondo il senso d’angoscia provato da Steven – è evidente che sul più bello gli autori abbiano dovuto accelerare un po’, rendendo anche molto meno “attraente” il combattimento finale e appiattendo tutta la parte conclusiva incentrata sulla mitologia egizia (che sarebbe stata più che interessante da analizzare, poiché riletta attraverso lo sguardo di un cinecomic).

Purtroppo dunque le ultime puntate sono fin troppo sbrigative e distruggono il lavoro fatto a monte, con cui si è costruito l’immaginario attorno al quale ruota l’intera serie. Un vero peccato, dal momento che non solo le tematiche e la trama sono interessanti, ma anche l’interpretazione delle star principali è notevole. Oscar Isaac si muove più che bene attraverso le personalità del suo personaggio, proponendo un’interpretazione sfaccettata ma mai eccessiva; è pur vero che alcuni dettagli del carattere di Steven a volte tendono allo stereotipo, ma dopo aver dedicato un intero episodio al suo background, ogni atteggiamento del protagonista diventa improvvisamente credibile (per altro i flashback sono uno dei momenti più interessanti della serie, proprio perché approfondiscono meglio il tema del disturbo dissociativo).

Ethan Hawke a sua volta porta sullo schermo un villain sublime e accattivante, in grado di affascinare lo spettatore al punto da fargli quasi provare empatia (salvo poi prenderne immediatamente le distanze a causa dei suoi malvagi propositi). Un cattivo dunque al tempo stesso patetico per alcuni aspetti e attraente sotto altri, ennesima dimostrazione delle abilità dell’attore. In ultima battuta anche May Calamawy porta a casa una performance piuttosto intensa, anche se ovviamente non paragonabile a quella dei colleghi.

moon knight konshu

Dal punto di vista estetico non c’è granché da dire; le coreografie dei combattimenti sono senz’altro buone e la regia si concede un paio di movimenti interessanti, ma in definitiva cerca di non pesare troppo sulla serie a discapito della sceneggiatura (sempre per la regola hollywoodiana per cui la tecnica è al servizio della trama). Purtroppo, invece, la CGI non è sempre all’altezza e sono fin troppi i momenti “rovinati” dalla presenza marcatamente fittizia delle divinità egizie. Purtroppo nessuna di queste si integra armoniosamente nella sequenza, ottenendo così un risultato a dir poco grottesco e poco curato. Un vero peccato, dal momento che – al pari di Isaac e Hawke – anche loro sono le star principali dello show.

Moon Knight è una buona serie rovinata da un finale troppo sbrigativo e un’estetica non sempre all’altezza. Eppure, nonostante sia ben lontana dalla nozione di capolavoro, offre senza dubbio degli spunti di riflessione interessanti, soprattutto perché è un prodotto diverso dal solito per i Marvel Studios.




Claudia_Smith Articoli
Piccola bambina cresciuta a pane e Dragonball, in tenera età scopre l'amore per tutto ciò che è narrazione, dai film ai libri fino ai fumetti di ogni tipo. Ad oggi cacciatrice compulsiva di news per tutto ciò che riguarda la cultura Nerd.

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