Five Nights at Freddy’s – Cinque notti di terrore mancato

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C’è sempre un periodo della nostra vita in cui viviamo appieno l’infanzia, un momento di tale felicità di cui riusciamo a ricordare persino i più piccoli dettagli. Una gita, una passeggiata in famiglia, un pranzo domenicale dai nonni, sono per qualsiasi adulto odierno parte di una memoria indelebile da custodire. Tra queste atmosfere non manca di sicuro la scena della cultura pop degli anni passati, considerata da molti “i bei tempi”. Qualsiasi bambino degli anni 2000 come la sottoscritta ricorda il suono di accensione della PlayStation 2, l’entusiasmo di grandi e piccini per i mondiali di calcio 2006 oppure i meravigliosi bicchieri Nutella con i propri cartoni animati preferiti.

Purtroppo in alcuni casi i ricordi sono avvolti da un’aura misteriosa che cela un evento terribile nascosto nei meandri più reconditi della mente. Five Nights at Freddy’s diventa un’unione tra questi temi, la nostalgia e il dolore, rivolgendosi soprattutto a chi ha seguito il fenomeno videoludico dalle prime apparizioni. Il film basato sull’omonima saga di videogiochi è stato prodotto da Blumhouse con la regia di Emma Tammi e la collaborazione di Scott Cawthon, creatore dell’intero franchise. Questo adattamento cerca di proporci una visione più incentrata sulla storia dei personaggi principali, anziché sull’atmosfera horror dei giochi originali.

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Prima di parlare strettamente del film però è giusto introdurre un po’ il franchise, i cui fan sono quelli che sono accorsi maggiormente nelle sale. In particolare la sceneggiatura presenta un mix di eventi, ispirandosi a varie fonti, tra cui in minima parte anche libri e graphic novel. Per quanto riguarda invece gli eventi canonici che provengono dal lato videoludico si riconoscono molti tratti di Five Nights at Freddy’s e Five Nights at Freddy’s 3.

Il gioco si basa su un fenomeno americano abbastanza diffuso negli anni ’80 nel campo dell’intrattenimento per bambini. Durante questo periodo nascono delle catene di ristoranti che uniscono sale giochi, pizzerie e ludoteche proponendo un divertimento a 360 gradi caratterizzato dalla presenza di animatroni, pupazzi animati tramite uno scheletro robotico. Spiccano in particolare catene come Showbiz Pizza e il Chuck E’Cheese’s, che attirano milioni di bambini dell’epoca, compreso Scott Cawthon che ne ha tratto moltissimo ispirazione per costruire il comparto grafico e strutturale degli ambienti di gioco.

Le pizzerie con animatroni si basano su spettacoli musicali eseguiti dai pupazzoni robotici su un palcoscenico, in bella vista per tutti i bambini intenti ad esempio a festeggiare un compleanno. Questa è la base su cui poggia il Freddy Fazbear’s Pizza – la catena di pizzerie della serie – dove la fantasia e il divertimento prendono vita attraverso i loro quattro paladini. Abbiamo Freddy l’orso (mascotte principale e simbolo della saga), Bonnie il coniglio, Chica la gallina e Foxy la volpe, i protagonisti indiscussi del videogioco Five Nights at Freddy’s presenti in “carne e ossa” anche nel film.

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Il videogame e il film partono da un punto in comune. In entrambi i casi il protagonista è tale Mike Schmidt che accetta di lavorare come guardia notturna presso il Freddy Fazbear’s Pizza, ormai chiuso da anni a causa della misteriosa sparizione di cinque bambini avvenuta in una delle tante gioiose serate del locale. La preoccupazione del titolare è dovuta ai vandali che prendono di mira la pizzeria nelle ore notturne. Mentre il videogioco si focalizza sulle sue meccaniche punta e clicca nell’ufficio della guardia di sicurezza, il film propone un diverso punto di vista.

Nelle prime scene conosciamo il giovane Mike (Josh Hutcherson) che vive con difficoltà economiche e familiari, ma nonostante tutto si prende cura della sorella minore Abby (Piper Rubio) tramite dei piccoli impieghi. Quando facciamo la conoscenza di Mike, lavora stabilmente come addetto alla sicurezza in un centro commerciale, ma per via di un fraintendimento e di una sua reazione eccessivamente violenta viene licenziato. La preoccupazione per il futuro diventa ormai insostenibile, soprattutto a causa della perfida zia (Mary Stuart Masterson) che è pronta a sfruttare qualsiasi occasione pur di ottenere la custodia di Abby, così da ricevere assegni e bonus familiari. Ciò porta il ragazzo ad accettare l’unico impiego disponibile, ovvero quello al Freddy Fazbear’s Pizza; l’unico intoppo è che i turni notturni non combaciano così bene con la disponibilità e la misteriosa sparizione della babysitter per Abby.

Messo alle strette, Mike decide quindi di portare la sorellina al lavoro con lui, totalmente all’oscuro della minaccia rappresentata dagli animatroni. Durante le notti trascorse alla pizzeria un altro personaggio aiuterà lo sfortunato protagonista, grazie alla propria esperienza e conoscenza del locale: l’agente di polizia Vanessa (Elizabeth Dean Lail). Molti aspetti dell’infanzia del protagonista saranno fondamentali, così come quella del mondo dei bambini in generale. I ricordi si riveleranno un vero e proprio ponte verso l’aldilà.

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Uno dei primi incontri fra la piccola Abby e gli animatroni della pizzeria.

Gli eventi della trama si presentano lineari e senza particolari momenti di suspense come ci si aspetterebbe da un horror. Personalmente ho apprezzato più che altro momenti ed easter egg affini ai videogiochi, perché a differenza del fanservice randomico riscontrabile nel recente film di Super Mario Bros. o nei prodotti Marvel – tanto per fare degli esempi – Five Nights at Freddy’s riesce a ricreare suggestioni visive e attimi dei giochi originali in maniera molto creativa e intelligente. Mi ha fatto particolarmente sorridere la scena con Chica in cucina, evento banale per uno spettatore qualsiasi, ma perfetto per i fan.

Chi conosce Chica e gli ambienti della pizzeria che attraversa nel gioco, sa bene che proprio la cucina non è mai visibile a causa del limitato budget dello sviluppatore: è possibile solo sentire un frastuono di pentole e stoviglie dovute alla stazza del pupazzo. La vera sorpresa è vedere la prima volta l’angolo cottura della pizzeria e l’introduzione di Chica, accompagnata dall’iconico fracasso, elementi che sottolineano la precisione e la cura riposta nel raccontare un titolo che ha creato un vero e proprio sottogenere nei videogiochi horror. Altre piccole chicche vengono nascoste tra i muri polverosi della pizzeria, come ad esempio la presenza di Sparky in vari fotogrammi o la scritta “It’s me” visibile in uno specchio.

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Il cast sembra scelto in base al target generazionale del film, considerando che spiccano due volti noti nella cinematografia per ragazzi degli anni 2000. Il protagonista è interpretato da Josh Hutcherson, già noto per la saga di Hunger Games o per Zathura, che a loro tempo riscossero molto successo tra i giovani. Nei panni del simpatico mediatore del centro per l’impiego invece ritroviamo Matthew Lillard, conosciuto ai più per il ruolo di Shaggy nei due live-action di Scooby-Doo. La recitazione dei due non sembra essere cambiata, ed Emma Tammi ha cercato di sfruttare la loro esperienza per replicare quel tocco teen che non guasta mai. Il resto degli attori è composto da giovani leve come Piper Rubio nei panni della piccola Abby, per cui questo film potrebbe rappresentare un discreto trampolino di lancio. Purtroppo i personaggi interpretati non godono di caratteristiche particolari, e la regista non riesce ad aggiungere tratti distintivi alle capacità attoriali del cast.

Per quanto riguarda il lato estetico e scenografico è tutto abbastanza fedele ai giochi, soprattutto per quanto riguarda la pizzeria e la realizzazione degli animatroni. Di questi ultimi si è occupata la Jim Henson’s Creature Shop, la leggendaria compagnia fondata dal creatore dei Muppet, che ha fatto la storia anche con film come Labyrinth e Dark Crystal. La resa degli animatroni non poteva che essere ottima, con anche movimenti meccanici e suoni metallici dovuti alla tecnologia ormai “primitiva” a dare un tocco in più di realismo. Peccato solo per l’assenza di alcuni suoni tipici emessi dai pupazzi, come l’iconica risata di Freddy. Questo è uno degli aspetti che ha contribuito a creare un certo distacco tra videogame e film, dividendo i fan tra chi ha amato l’adattamento nel suo lato artistico e scenografico, e chi l’ha recepito con troppo lontano e non conforme alla lore originale.

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Un grande delusione è rappresentata dalla perdita dell’atmosfera lugubre originale e l’annessa colonna sonora, qui totalmente assente. Sarebbe stato molto interessante approfondire la dualità macabra degli animatroni che purtroppo viene solo accennata superficialmente in qualche scena, rendendo il tutto più simile a un “thriller per famiglie”.

La regia e la fotografia in più risultano piatte, non hanno mai qualche momento in cui riescano a spiccare. Data la prolungata attesa dovuta a ritardi e cambi di case di produzione ci si aspettava un miglior adattamento da questo punto di vista, che riuscisse quantomeno a valorizzare gli scorci inquietanti della pizzeria. Personalmente avrei apprezzato qualche attenzione in più dedicata all’interazione tra le varie stanze del Freddy Fazbear’s Pizza e gli animatroni, creando magari un qualche clima psicologico che sfondasse la quarta parete.

Five Nights at Freddy’s si rivela un film alquanto mediocre, in cui l’anonima regia di Emma Tammi non rende giustizia all’ottimo lavoro della maestranze. Nonostante ciò, la pellicola si pone come un buon punto di riferimento per prossimi adattamenti cinematografici di videogiochi, grazie all’uso sapiente di easter egg e riferimenti al franchise originale.




Un'umile appassionata del mondo dell'arte in cerca di un motivo valido per cui parlarne.

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