
In occasione dell’uscita del capitolo 360 di Berserk ho pensato che sarebbe stato carino mettere per iscritto alcune mie riflessioni su quella che, secondo una mia interpretazione, è la filosofia dell’intera saga del Cavaliere Nero. Andrò ad analizzare in modo particolare alcuni momenti topici della serie dove meglio traspare quello che è il rapporto tra il Bene e il Male secondo il sensei Miura.
“Siamo gli Agnelli del Dio non creato dagli uomini”, è così che si presentano i membri della Mano di Dio alla squadra dei falchi in procinto di essere sacrificata. “Quando sei entrato in possesso del bejelit scarlatto hai acquisito il diritto di diventare un re del male come noi”: dall’inizio del manga questa è la prima volta che viene esplicitamente fatto riferimento al male. Il gioco tenuto da Miura è molto sottile: sì, giocare, questo è il termine giusto, prendere i concetti di bene e di male, metterli vicini, confonderli, farli scambiare, intrecciarli ed infine renderli chiari.
Il bene e il male, due facce della stessa medaglia proprio come Gatsu e Griffith che si guardano, si osservano mentre il sole sorge alle loro spalle: il bene che si emancipa finalmente dal male cercando una sua strada autonoma, pur sapendo giĂ che non potrĂ riuscirci. Allo stesso tempo il male, che desidera possedere il bene e che non riesce a trattenerlo, può solo attuare la sua essenza in una necessitĂ ontologica dell’essere che non può sĂ© stesso e non può non attuarsi nell’effettivitĂ degli eventi.
“Non avere pietĂ come l’avrebbe il Dio creato dagli uomini”. Il Dio, atto puro, è la malvagitĂ pura che come l’Uno plotiniano emana da sĂ© la sua essenza facendo nascere i suoi Angeli, gli Apostoli e il mondo. Il cosmo è comandato dalla forza, dalla violenza e dalla sopraffazione. Per la pietĂ non c’è spazio. In questo mondo i deboli e impotenti uomini creano un falso Dio, un Dio misericordioso che ha la potenza e la facoltĂ di salvarli da una realtĂ di orrori e stupri, attraverso un processo antropologizzante e feuerbachiano del Dio buono. La realtĂ pantragica in questo modo non viene piĂą presa in considerazione con il conseguente allontanamento, da parte dell’uomo, dalla fattualitĂ .
Un Dio buono non avrebbe modo nĂ© motivo di essere, la natura è chiara e urla la sua essenza dal profondo del baratro. La malvagitĂ e la violenza prevaricano sempre e, quando il contratto sociale hobbesiano viene meno, l’essenza della natura si rende visibile e partecipe.
Il Dio non creato dagli uomini non può che rispettare il suo stesso disegno divino, rendendo palese come la malvagitĂ sia la parte necessaria nell’ontogenesi della natura atavica dell’uomo e degli animali, la bontĂ e il bene sono creature artificiose e distanti, create a loro volta dall’aviditĂ dell’uomo. Sentiamo il bisogno di avere una giustificazione che ci spinga a non comportarci come il nostro intimo ci consiglia. La societĂ , da noi stessi creata, ci costringe a comportarci bene in un sussulto auto-conservativo senza rendersi conto del gioco malato a cui sottopone i suoi partecipanti.
Gli atti di estrema violenza per i quali i benpensanti provano orrore e disgusto non sono altro che concretizzazioni del nostro inconscio per troppo tempo sopito. Come Griffith, che dopo aver completato la sua trasformazione in Phantom non ha più nulla che lo trattiene nelle regole che si era autoimposto e da sfogo ai suoi istinti più naturali e basici senza timore o paura delle conseguenze che esse genereranno. Per la prima volta abbracciando la sua vera natura lui è libero e potente, un Superuomo, ha compreso il mondo e grazie a questo lo piega al suo volere senza timore.
La società per quanto sembri un baluardo di regolarità e bontà nasconde nella sua struttura il marcio di cui è composta. La religiosità , che imbriglia e impedisce la natura, è debole e anche i suoi esponenti non sono altro che maschere di odio e violenza camuffate da salvatori. I praticanti sono vittime dei loro istinti ma preferiscono non doverli guardare, preferiscono ignorarli o attuarli canalizzandoli in maniere contorte e distorte come a trovare una giustificazione sana ai loro istinti puramente malvagi.
Lo stesso Gatsu si trova a combattere non con un nobile intento redentivo, ma attraverso una egoistica crociata rivolta alla realtĂ che lo ha brutalmente tradito. L’amicizia non esiste, l’amore non esiste. Siamo costretti a trovare qualcosa di buono nel reale per convincerci che valga la pena vivere, levare il velo di Maya non porta ad altro se non alla conoscenza terribile e inaspettata della realtĂ fattuale. Come Gatsu stesso nasce dalla morte, la battaglia che muove è nata giĂ morta. Attraverso la violenza e la brutalitĂ segue la vana speranza di epurare il mondo dalle stesse cose che lui stesso usa come armi per combattere. La sua vita è giĂ terminata, si muove come uno spettro shakespeariano vendicativo, che, oltre a falciare vite, non fa nulla di veramente utile proprio perchĂ© nulla di utile può essere fatto per modificare la realtĂ naturata.
Il protagonista di Berserk non è altro che un outsider che si rifiuta di accettare la realtà per come è. Combatte degli spettri immortali e immorali privi di corporeità effettiva che non riuscirà mai ad uccidere perché insiti dentro ogni forma del creato.
Il Dio non venerato dagli uomini ci ha creato a sua immagine e somiglianza, esteriormente ma soprattutto intrinsecamente, Dio per definizione è l’ottativo di tutte le caratteristiche umane portate alla perfezione e se noi quindi siamo atomi opachi del male, Dio sarĂ il male perfetto. La sola esistenza dei suoi Agnelli, entitĂ così potenti eppure così lontane dal concetto di perfezione, rende evidente come l’esistenza del vero Dio sia necessaria. Questo però non deve far pensare che sia costretto a scaturire malvagitĂ incontrollatamente come “un Dio cieco e idiota”, piuttosto è liberissimo di esprimerla, compiendo la sua necessitĂ e la sua contingenza contemporaneamente e realizzando la perfezione.
Questa è la realtĂ su cui Miura vuole puntare la luce: come un Cartesio contemporaneo pone le solide basi per la dimostrazione dell’esistenza del Genio Maligno, lasciando questa volta davvero poco spazio all’esistenza di un Dio buono.







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