Still There (Nintendo Switch)

still there

Voto:

Seguendo la scia degli anni precedenti, anche il 2019 ci ha portato una gran bella quantità di ottimi titoli indie. Questo settore oramai rappresenta un ramo cruciale dell’industria e i recenti The Game Awards testimoniano, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto spazio siano oramai capaci di catalizzare i videogame indipendenti. Io stesso ho avuto la fortuna, durante gli ultimi 12 mesi, di recensirne diversi e, nella mia personale classifica, non posso che premiare l’ottimo Valfaris insieme al folle Untitled Goose Game.

Nelle ultime settimane però, anche Still There si è meritatamente guadagnato l’attenzione della critica. Il videogioco sviluppato dallo studio romano GhostShark Games propone un’interessante rivisitazione del genere punta-e-clicca, dato che la storia si svolge in un solo e claustrofobico ambiente.

Still There start
Sin dalle prime battute si intuisce quanto sia importante la struttura narrativa in Still There.

Karl Hamba, protagonista di Still There, è un uomo fortemente tormentato dal proprio passato, che ha deciso di autoesiliarsi accettando il lavoro di guardiano di un faro spaziale ai limiti del cosmo conosciuto. Sin dai primi passi nella Bento (questo è il nome della navicella), si intuisce come la morte della figlia Eshe abbia giocato un ruolo fondamentale in una scelta di vita così tanto drastica. A completare il complicato quadro esistenziale del personaggio concorrono non solo la storia, ma anche i vari documenti presenti sulla nave, sotto forma di post-it, mail e appunti vari che il giocatore più curioso sicuramente non vorrà perdere.

Still There è dotato di un comparto narrativo di prim’ordine, una trama condita coi giusti colpi di scena, piazzati nei momenti più adatti e con dialoghi realistici e asciutti ma al contempo ottimamente scritti. Spalla principale di Karl è l’intelligenza artificiale chiamata Gorky, altro personaggio brillantemente caratterizzato e dallo sviluppo coerente. Di primo acchito non si può che essere infastiditi dal suo sarcasmo sopra le righe, ma col tempo si imparerà ad apprezzare la sua “seccante” onnipresenza, anche in virtù del completo senso di solitudine che Still There mette in scena.

Still There dialogs
La profondità e la bellezza di alcuni dialoghi lasceranno un indelebile ricordo nei giocatori più attenti.

Come già menzionato, infatti, la narrazione si svolge completamente sulla Bento, piccolissima struttura spaziale sprovvista di finestre e dotata solo dei comfort più essenziali, oltre che di un mastodontico pannello di controllo. Il gioco riesce a dipingere un quadro credibile di quella che può essere la vita in un luogo simile, dove anche la propria urina diventa una preziosa risorsa se riciclata e ritrasformata in acqua. Toccando la levetta analogica destra si potranno scorrere i vari ambienti della Bento, passando per la zona letto, il bagno, l’area di controllo, un piccolo cucinino e il portellone di apertura. Nient’altro.

D’altronde Karl è pur sempre un lavoratore e a parte giocare a scacchi con Gorky e provare a scrivere un romanzo decente, non ha molto tempo da perdere in facezie. Le sue giornate sono scandite da una serie di compiti che dovrà ultimare per conto della gigantesca compagnia Brane Co. e il buon Gorky farà di tutto per tenere il povero Karl sull’attenti, colpevole, magari, di essersi perso in uno dei suoi destabilizzanti sogni e di aver dormito più del dovuto.

still there stazione spaziale

I task giornalieri (così li definisce il gioco) da compiere non sono per niente variegati e contribuiscono volutamente a restituire l’assoluta noia di cui Karl è vittima in un posto così remoto. A poco servono, a detta sua, le fiale di medicazioni che si inietta ogni notte prima di dormire, dato che la sua vita oscilla solo tra sensazioni di tormento, rimorsi e noia. Come lecito aspettarsi, la trama cambia marcia e si fa interessante ben presto, appena Karl riceve una richiesta di soccorso da un altro dei personaggi principali del videogame: Elle.

Still There stimola corde emozionali simili a quelle toccate da quel piccolo capolavoro di The Red Strings Club, con un finale di quelli che svuotano l’animo del giocatore che è stato capace di immedesimarsi nel protagonista. Ribadisco ancora una volta, bisogna solo complimentarsi col piccolo team italiano GhostShark per quanto mostrato sul piano narrativo.

Still There Elle
Elle saprà spiazzarvi spesso e volentieri con domande esistenziali per niente banali.

Dove Still There non raggiunge l’eccellenza è però nei puzzle proposti. Sebbene siano tutti decisamente interessanti e, in molti casi, innovativi, sono caratterizzati da una per niente bilanciata difficoltà. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, questi imporranno l’utilizzo del già citato schiacciante pannello di controllo e la loro soluzione passerà per la consultazione e la comprensione del cripticissimo manuale.

La loro difficoltà non è di per sé un enorme problema (sebbene potrebbe scoraggiare gran parte dell’utenza) ma il ritmo della trama risulta enormemente frammentato dalla loro incombenza. I ragazzi di GhostShark Games devono aver intuito questo problema e hanno deciso di introdurre un pulsante che permette di “semplificare” il rompicapo di turno. Purtroppo, però, il risultato è ancora peggiore dato che, accedendo a questa possibilità, non si farà altro che rendere i puzzle estremamente semplici, annullando praticamente il tasso di sfida.

Still There difficulty
In Still There è possibile semplificare molti dei puzzle più difficili.

Sicuramente si sarebbe potuto trovare un bilanciamento della difficoltà più calibrato, soprattutto sfruttando Gorky che, purtroppo, in molte situazione ci consiglierà semplicemente di usare il manuale per trovare la soluzione. Qualche indizio, collocato sapientemente qui e lì, avrebbe potuto rendere l’esperienza più scalabile e la fruizione della bellissima storia meno spezzettata. Inoltre, l’enorme pulsantiera della stazione di controllo è decisamente affollata e dotata quasi esclusivamente di tasti minuscoli, difficili da cliccare con le levette analogiche. In tal senso, per fortuna, aiuta la lente di ingrandimento attivabile con la pressione di un tasto, ma rimane il dubbio che non si potesse escogitare un sistema più accessibile.

Still There può essere completato in 5/6 ore e non si presta a una reale rigiocabilità (a meno che non si vogliano sbloccare tutti gli achievement in game). Le scelte multiple con cui si possono spesso guidare i dialoghi non sono dei veri bivi e non cambiano le sorti degli eventi sebbene modifichino intelligentemente le conversazioni.

La grafica risulta più che adatta alla tipologia di produzione e il comparto sonoro è semplicemente da applausi. Nonostante non ci sia un’enorme selezione di brani, le musiche incise da Benjamin Burnes, oltre ad essere perfette per il tono della trama, sono di incredibile qualità e di ottima composizione.

Still There visuals
I sogni di Karl sanno evocare colori, trame e geometrie del tutto surreali.

Still There dimostra che il team romano GhostShark Games sa il fatto suo ed è capace di confezionare un gioco in larga parte convincente ed innovativo. Una più amplia calibrazione della difficoltà e una maggiore longevità avrebbero portato Still There di diritto tra i migliori indie dell’anno. Quanto visto in questo videogame mi lascia ottimamente sperare per il futuro che, a mio parere, non può che essere roseo per GhostShark.

Special thanks to Iceberg Interactive




Vivo nella costante speranza che venga finalmente costruita un'astronave per Namek. Nell'attesa, tra una tazza di caffè d'orzo e una pizza Hawaiiana, impiego il mio tempo videogiocando e discutendo di argomenti che non interessano a nessuno. Nelle ore diurne sono un architetto.

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