Se anche voi non sapete chi sia Luciano Bianciardi, protagonista dell’omonima graphic novel di Niccolò Testi e Giulio Ferrara, state tranquilli, siete in buona compagnia: io stesso quando mi sono approcciato per la prima volta alla lettura di quest’opera non conoscevo minimamente la sua storia tormentata. Lo scrittore toscano, dopo la sua morte prematura nel 1971 (a 49 anni), infatti è rimasto per molto tempo nell’oblio della memoria collettiva italiana non solo a causa del suo personale ritiro in sé stesso, ma anche per le sue idee anti-establishment e fortemente critiche verso il periodo del boom economico italiano.
La graphic novel, finanziata anche dalla Fondazione Luciano Bianciardi, si pone come obiettivo proprio quello di far riscoprire questo importante autore, e come i migliori esponenti del genere biografico – anche nel cinema – non si limita a ripercorrere tutta la sua vita attraverso un banale e svogliato elenco di eventi, ma ne prende una breve porzione e la riattualizza per creare un discorso che va ben oltre la semplice divulgazione.
La narrazione parte dagli ultimi anni di vita dello scrittore, che neanche cinquantenne porta addosso i segni delle sregolatezze passate, divise tra l’arte, l’alcol, la famiglia, l’amante e la voglia di evasione, avviando poi una riflessione che sembra quasi il protagonista stesso fare sulla sua esistenza, come a tirare le somme una volta per tutte. Il comparto visivo del fumetto è veramente molto ispirato, i disegni di Giulio Ferrara sono spigolosi e abrasivi come il carattere del personaggio, e la scelta della tricromia per la colorazione del volume si rivela azzeccata, con una tavolozza di bianco, nero e rosso – in realtà spostata di gradiente verso il blu, grigio e rosa – che fornisce uno spazio straniante e surreale al protagonista, metafora di un mondo che non gli è mai stato adatto.
Le pagine si susseguono come un flusso di ricordi, e molto spesso viene lasciato più spazio alle soluzioni visive che ai dialoghi, riuscendo a raccontare il carattere dello scrittore con tutte le sue contraddizioni. Ci si sofferma su dettagli importanti della sua vita come l’esplosione del pozzo minerario di Ribolla, un evento che lo segna profondamente e che lo porterà a scrivere il saggio I minatori della Maremma, oltre che a radicalizzare sempre di più le proprie opinioni rivoluzionarie/anarchiche, diventando intransigente anche con le persone a lui più care. In questa fase della sua tumultuosa vita, Bianciardi vive principalmente delle traduzioni che compie per le case editrici di autori come London, Faulkner, Steinbeck e Miller, barcamenandosi tra la moglie e i due figli in Toscana (dai quali si allontana sempre più), e il trasferimento a Milano con l’amante, conducendo vite parallele.
La graphic novel riesce nell’arduo compito di non giudicare mai l’operato del suo protagonista, fornendogli invece una connotazione storica e sociale in modo che le sue azioni acquistino in modo naturale un senso per i lettori, senza alcun tipo di retorica facile e imposta. In più centra l’obiettivo che la Fondazione Luciano Bianciardi, assieme a Niccolò Testi e Giulio Ferrara, si è posta con la realizzazione di quest’opera: rendere di nuovo viva la memoria dello scrittore toscano, lasciare di nuovo una traccia della sua esistenza in questa nuova Italia che l’aveva ingiustamente dimenticato.
Infatti, una volta terminata la lettura delle 112 pagine del volume, molto probabilmente vi verrà voglia di saperne di più su Bianciardi e recuperare qualcuna delle sue opere, che sia il suo più famoso romanzo La vita agra – dal quale è stato tratto anche l’omonimo film con Ugo Tognazzi – o i suoi saggi sul Risorgimento. È inevitabile la curiosità di scoprire come un uomo dalla vita così extra-ordinaria sia riuscito ad emergere nel mare dell’editoria, e come il suo punto di vista rivoluzionario sia, oggi più che mai, utile alla comprensione non solo del passato, ma anche del presente.
Un ringraziamento speciale a Kleiner Flug
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