18 Days, di Grant Morrison (volumi 1 e 2)

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Voto:

La prima cosa che si nota in “18 Days” è sicuramente la copertina: un guerriero dalla lucente armatura fissa lo sguardo del futuro lettore. C’è qualcosa di esotico in lui e negli elaborati intarsi della sua corazza che attirano l’attenzione. Poi lo sguardo si sposta verso l’alto, oltre lo spazio riservato al titolo, dove troneggia fieramente un nome: Grant Morrison. Cavolo! Il lettore si fa più attento e cerca di capire cosa c’entrino i supereroi con i mandala.

Il passo successivo è ovviamente lo sfoglio fino all’inizio della storia, che parte da molto, molto lontano: si viene catapultati in una carrellata quasi cinematografica dall’universale al particolare: il principio, Brahma, l’immensa consapevolezza, la creazione dal nulla “di tutte le cose conosciute e sconosciute”; e poi le galassie, i pianeti, le stelle e con una vertiginosa “zoommata” si atterra sul nostro pianeta, più precisamente in India, dove il poema cui questo fumetto è ispirato, il Mahabharata, è stato tramandato per millenni. Le premesse sono decisamente ottime.

La storia è quella dell’umanità secondo la mitologia induista: nella prima età, l’Età dell’Oro, uomini e donne perfetti vivono in sintonia con la Natura, ma a turbare quest’armonia subentra l’Era d’Argento, dove il Male e l’avidità danno i natali alla guerra. “E con la guerra vengono i superguerrieri“, protagonisti della saga di Morrison, “una nuova razza di uomini e donne definitivi, inviati a fermare il declino della civilizzazione al termine della seconda era”. Il nostro racconto inizia alla vigilia della battaglia che sancirà l’inizio di una nuova era: due sono le fazioni che si scontreranno, i Pandava, ambasciatori del “Bene”, e i Kaurava, che simboleggiano il Male.

Ma i confini tra Bene e Male non sono mai così facili da stabilire, tanto che uno dei temi più interessanti dell’intera opera è proprio quella “zona grigia” che dalla dimensione mitologica, piena di spietati demoni e di incorruttibili paladini, ci riporta a una dimensione esistenziale più umana e comprensibile.

Ci vengono presentati i due schieramenti, le storie degli uomini straordinari e delle divinità che ne sono a capo, ma, sostanzialmente, nel primo volume nulla più di questo. La battaglia non inizia ma i guerrieri sono pronti, la suspense è tanta e Morrison ci lascia così, frementi, impazienti e in attesa di uno scontro epico!

Il secondo volume ci catapulta direttamente nel bel mezzo di un concilio di guerra; la storia riprende veloce e molti flashback rendono più chiare molte delle relazioni esistenti tra i vari personaggi (cosa molto utile, in appendice a questo secondo volume è stata inserita una spiegazione sulle origini del Mahabharata e anche un breve compendio a riassumere tratti e relazioni tra i personaggi principali). Il problema è che quando si arriva alle pagine finali di questo secondo tomo ci si rende conto che non è successo molto altro.

Si intuisce che il progetto è quello di addentrarsi nelle storie dei protagonisti per portare il lettore ad anticipare le loro mosse, a capire le loro strategie e atteggiamenti altrimenti incomprensibili tenendo conto solo del loro allineamento d’appartenenza, e tutto ciò, almeno in questi primi due volumi della saga, gli riesce perfettamente. Ma il lettore avverte una certa insoddisfazione. La paura è quella di andare incontro a un terzo volume altrettanto statico e poco concludente dal punto di vista dell’evolversi della storia. Ottime le strategie tensive, ma ad abusarne si ottiene l’esatto opposto della suspense.

Detto ciò, questa è decisamente l’unica pecca di cui ci si può lamentare. Morrison riesce a reinterpretare in chiave decisamente originale e moderna un’opera concepita secoli e secoli fa perché, come lui stesso dichiara nell’introduzione al secondo volume “Anche se ci sono moltissimi elementi fantastici e mitici, la storia è moderna e tratta di realpolitik e del fallimento degli ideali di fronte alla dura verità”. Il tema del libero arbitrio è decisamente ben sviluppato e, nella sua atemporalità, fornisce infiniti spunti riflessivi.

Notevole è la disinvoltura con cui elementi contemporanei e a tratti decisamente futuristici – come le armi e le armature utilizzate dai superguerrieri o i mezzi di locomozione e le architetture – riescano a integrarsi nell’ambientazione essenzialmente mitica; sorprendenti nel momento in cui ci si rende conto delle loro fattezze ma armoniosamente mimetizzati per tutto il resto del tempo. Molto interessante è poi l’utilizzo di luci ed ombre: anche per quanto riguarda la colorazione la parola chiave è “armonia“, nonostante gli sbalzi cromatici tra i fiammeggianti campi di battaglia, l’oscurità dei palazzi Kaurava e la leggerezza della dimensione onirica, dei ricordi e dei racconti.

Le illustrazioni del primo volume (Jeevan J. Kang e Francesco Biagini) sono decisamente più accattivanti di quelle del secondo (ai cui due nomi precedenti si aggiunge Saumin Patel), nel quale le inquadrature risultano meno particolari e leggermente più statiche. Ciò non toglie che sequenze come la nascita di Bheeshma o la lotta per la mano di Draupadi siano comunque un vero piacere per gli occhi!

Anche se è ancora presto per una valutazione complessiva dell’opera (che si preannuncia monumentale!), vale sicuramente la pena affrontarne la lettura, anche solo per un’immersione in un universo mitologico poco conosciuto e che invece molto si presta alla narrazione sotto le più svariate forme.

Un ringraziamento speciale a ManFont

IndianaJuls Articoli
Appassionata di arte, illustrazione e letteratura, si è lasciata trasportare nel meraviglioso mondo del fumetto... e ora non può più farne a meno! * arte * fumetto * illustrazione * letteratura * GdR

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