Man In The Dark

Voto:

Non capirò mai con quale logica in Italia si decida di cambiare il titolo di un film, tanto più se anziché sostituirlo con uno in italiano se ne mette un altro in inglese. Fatto sta che il titolo originale di questo Man In The Dark in realtà è Don’t Breathe (non respirare), molto più pertinente a tutta l’atmosfera del film.

L’idea alla base della trama è piuttosto semplice: tre ladri tentano il colpaccio definitivo presso la casa di un vecchio che vive da solo in un luogo isolato, un veterano della Guerra del Golfo che ha ricevuto un enorme risarcimento in denaro in seguito alla morte di sua figlia in un incidente stradale. Poco prima di entrare in azione i ragazzi scoprono che l’uomo è anche completamente cieco, il che dovrebbe rendere il loro lavoro una passeggiata, invece si troveranno a dover affrontare il peggiore dei loro incubi.

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Occhio però, con “incubi” non mi riferisco a nulla di sovrannaturale, d’altronde stiamo parlando di un thriller e non di un horror. Ci sono elementi chiaramente irrealistici, come appunto il fatto che Norman Nordstrom, il vecchio, sia capace di fare cose impossibili per un non vedente comune, ma ci viene fatto capire che si tratta di un ex-militare con i controcazzi, uno addestrato per andare in guerra, e questo come altri dettagli ci calano in un contesto tale da rendere efficace il meccanismo di sospensione dell’incredulità, mantenendo il tutto però su un piano brutalmente umano.

Una caratteristica molto positiva del film è che parla prevalentemente per immagini e non ci sono moltissimi dialoghi. Già dalle prime sequenze che ci mostrano i protagonisti Rocky, Money e Alex, comprendiamo il loro background, la loro personalità e i legami che li uniscono semplicemente da come agiscono e da quel poco che dicono. Inoltre dopo questa prima e breve sezione introduttiva si entra subito nel cuore dell’azione, ossia nella casa del cieco, praticamente l’unica e claustrofobica location di tutta la storia.

Queste premesse senza la giusta regia avrebbero rischiato di naufragare miserabilmente, invece il lavoro compiuto da Fede Alvarez, che ha scritto anche la sceneggiatura, si è rivelato di ottima qualità e mi ha lasciato piacevolmente stupito. Mentre i ragazzi si introducono per la prima volta nell’abitazione, vediamo spesso l’inquadratura allontanarsi da loro, senza stacchi, per indugiare su alcuni particolari delle varie stanze che insinuano dubbi e curiosità nello spettatore, riguardanti la loro funzione nello sviluppo della trama. L’attenzione per i dettagli è una caratteristica che ho apprezzato tantissimo in questo film, perché essi permettono di comprendere bene molte cose che almeno inizialmente non vengono spiegate in maniera esplicita, specialmente per quel che riguarda la psicologia di Norman. Per esempio, nel momento in cui viene inquadrata la camera da letto del vecchio, è chiaramente visibile sulla parete il segno lasciato da una croce rimossa, che ci lascia intuire una perdita di fede religiosa dell’uomo. O ancora, ci viene fatto intendere che per spostarsi all’interno della casa fa uso di determinati punti di riferimento tattili. Notevole anche la cura riposta nel mostrare le tecniche adottate dalla piccola banda di ladri, tutt’altro che degli sprovveduti. Non so voi, ma io trovo che tutto ciò non sia affatto una cosa da poco.

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L’altissima tensione che il film riesce a generare è data per lo più proprio dalla condizione di cecità del “villain” (le virgolette sono d’obbligo perché in realtà nessuno dei personaggi è totalmente buono o cattivo): anche se le sue capacità sono fuori dal comune, non si tratta di una specie di Daredevil, tant’è che quando spara sbaglia spesso mira o va in confusione anche solo col rumore di una lavatrice accesa. Questo fa in modo che l’uomo sia piuttosto imprevedibile nelle sue azioni, alternando momenti di forte suspense o violenza ad altri di apparente “comfort”. Bellissima la sequenza in cui l’uomo stacca la corrente creando il buio totale, a solo svantaggio dei ragazzi: riusciamo a seguire lo svolgimento dell’azione per mezzo di riprese ad infrarossi, ed informandomi ho scoperto che la recitazione degli attori in queste scene è così credibile perché si trovavano davvero al buio e non vedevano nulla. Per tutto il film poi si fa un utilizzo di primi piani e slow motion notevole, in grado di incollare gli occhi allo schermo; presenti anche alcuni jumpscare, ma inseriti in maniera tale da essere d’effetto e non troppo fastidiosi.

Man In The Dark però non gode solo di un’ottima regia e una fotografia altrettanto meritevole, ma anche di una buona sceneggiatura. Non posso dirvi molto perché ci sono tanti colpi di scena, vi basti sapere che la trama non si limita alla casa da dover svaligiare e il cieco “badass” al suo interno, ma ha dei risvolti inaspettatamente agghiaccianti, rivelati poco a poco. Qui però sorge qualche problema perché la sceneggiatura qua e là presenta alcuni buchi, che comunque io non ho trovato tanto gravi da non poterci passare su poichè non hanno disturbato in alcun modo la mia visione complessiva del film. Sì, ammetto che il finale vagamente aperto si poteva evitare e francamente mi auguro che non abbiano intenzione di fare un sequel, perché non avrebbe alcun senso. I più pignoli potrebbero anche aggrapparsi all’apparente immortalità del vecchio, ma diventa un pretesto abbastanza ridicolo se nel mentre si sono accettate tutte le altre cose che è in grado di fare, senza contare che si tratta sempre di un militare super addestrato contro dei ragazzi giovani che sanno solo come disattivare allarmi e introdursi negli appartamenti. Qualora non vi fosse ancora chiaro il concetto di sospensione dell’incredulità: link alla definizione.

Ottimo il lavoro svolto da tutti gli attori, tra cui però spiccano Stephen Lang (Norman) e la giovane Jane Levy (Rocky). Lang in particolare riesce a dare vita ad un villain terrificante in tutta la sua umanità e piuttosto credibile nel suo handicap.

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Io adoro i thriller tanto quanto gli horror, non sono uno facilmente impressionabile, eppure Man In The Dark (o meglio Don’t Breathe) è riuscito a tenermi col fiato sospeso per tutto il tempo, accelerarmi il battito cardiaco e lasciarmi a bocca spalancata con bei colpi di scena. Fantastico il modo in cui ad ogni respiro più affannoso o scricchiolio accidentale dei protagonisti riesce a trasmettere ansia per ciò che accadrà subito dopo.

Era da tanto tempo che non vedevo un film di questo genere così ben realizzato e in grado di emozionarmi, il fatto che poi si tratti di un’idea originale, in questo desolante panorama di sequel, remake, reboot e trasposizioni cinematografiche, ha contribuito a farmi uscire dalla sala del cinema soddisfatto come poche volte.




RocketSimoon Articoli
Appassionato di film e videogiochi da quando c'erano ancora videocassette e floppy disk, da meno tempo anche di serie tv. Sono curioso per natura e per questo non specializzato in un unico genere, ma tendo a preferire horror, thriller e azione.

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