Fallout, una serie tv atomica

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La scena videoludica mondiale ci ha abituato a realtà fuori dal comune: sono tantissimi i titoli che raccontano di sogni, eventi paranormali, calamità e utopie irrealizzabili che modificano la percezione del mondo come lo conosciamo. Lo stesso discorso viene applicato alla storia umana, rivisitata da sviluppatori che con la loro fantasia tendono a voler comunicare un messaggio, sia esso di natura morale o motivazionale. Un messaggio che spesso è alla base di veri capolavori come nel caso della serie Fallout, il cui debutto risale al lontano 1997. In seguito all’enorme successo dei giochi, Bethesda e Amazon nel 2020 hanno annunciato la loro collaborazione per farne una serie tv, affidando il progetto agli autori di Westworld Jonathan Nolan e Lisa Joy. Ora, dopo una lunga e trepidante attesa (alimentata dai trailer), le scintillanti armature atomiche e le gigantesche porte dei Vault sono pronte a splendere su Prime Video, con 8 episodi tutti disponili dall’11 aprile.

Fallout è un indiscutibile pilastro per i GDR, e ha affascinato intere generazioni non solo per il comparto tecnico, con la presenza di tantissime quest e la personalizzazione dell’avventura, ma in particolare per l’atmosfera dei suoi Stati Uniti post-apocalittici, dove la vita si adatta a condizioni più che estreme e la lotta al potere è viscerale, portando a commettere qualsiasi cosa pur di sfuggire alla morte e alla desolazione totale. La sopravvivenza è un lusso, e l’assenza di una società civile che governa ciò che è giusto e sbagliato rende Fallout un’opera incentrata sulla critica sociale e politica di un Paese che ormai è vuoto, a cui rimangono solo gli orrori della catastrofe nucleare.

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Il mondo dei giochi originali è sempre stato legato a una visione pessimista della politica statunitense, dedita in un futuro ormai neanche troppo lontano ai piaceri terreni e al più sfrenato capitalismo. Il punto di partenza è l’anno 2277, che mostra al giocatore un bioma e una società in continua evoluzione: l’intero Paese è in balia di un cataclisma post-nucleare causato da una guerra tra potenze mondiali per le scarse risorse energetiche. Nell’anno 2077 infatti il pianeta assistette a un’improvvisa caduta di testate atomiche che costrinse i civili a fuggire in preda al panico e trovare rifugio in base alle proprie disponibilità; d’altro canto la cittadinanza era già stata preparata all’eventualità di un imminente disastro attraverso la costruzione di bunker ed esercitazioni militari. Un clima che rispecchia quello della Guerra Fredda negli anni ’50, giustificando così la presenza nella serie di una singolare tecnologia fantascientifica che, seppur avanzata, richiama uno stile Art Decò e industriale tipico del periodo.

La caduta delle bombe ha lasciato una ferita indelebile. Il rilascio nell’ambiente di massicce quantità di radiazioni è evidente, e animali e piante mutati sono inseriti in un panorama spoglio e composto da lande sabbiose e desolate. La maggior parte delle creature che abita la cosiddetta Zona Contaminata è ostile, e se ne trovano delle più disparate: si va da scarafaggi radioattivi di dimensioni spropositate a ferali ghoul, con tanto altro nel mezzo. Al malcapitato di turno non resta che cercare di rimanere in vita nonostante una natura totalmente mutata e un’anarchia dilagante che non lascia spazio all’umanità e al buonsenso.

Gli eventi presentati nella serie tv provengono da diversi capitoli del franchise, in particolare Fallout 3 e Fallout 4, con anche qualche citazione ai primi episodi. Allo stesso modo fazioni e creature sono prese direttamente dai giochi, senza invenzioni da parte degli sceneggiatori che potrebbero risultare fastidiose oltre che fuori contesto, dimostrando così una grande fedeltà nei confronti del materiale originale. I molteplici riferimenti di cui sono disseminati gli episodi inoltre sono ben inseriti e ponderati, non sfociando mai nel fanservice spicciolo che oggigiorno piaga molte produzioni televisive e cinematografiche.

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I primi minuti dell’episodio 1 ci mostrano una ricca villa borghese dove si sta svolgendo una tipica festa di compleanno americana, in questo caso con decori a tema western e un cowboy di bell’aspetto; i bambini hanno dei larghi sorrisi sui volti e la torta è pronta per essere gustata. La lieta atmosfera però viene brutalmente interrotta da una luce che investe l’intero stabile, suscitando un’immediata reazione da parte dei presenti: l’intero Paese è sotto attacco. In seguito alla fortissima onda d’urto si scatena così un’isteria di massa e la corsa ai ripari, e assistiamo a queste scene colme di panico e distruzione fino allo stacco successivo, che introduce i personaggi principali su cui si baserà la trama della serie.

La prima ad apparire è la giovane Lucy MacLean, una ragazza acqua e sapone che vive felicemente nel proprio Vault. Questi sono dei bunker sotterranei costruiti prima della guerra da un’azienda chiamata Vault-Tec, e sviluppati come delle vere e proprie città-stato autogestite tra risorse primarie ed energetiche. Nel Vault non si conoscono miseria o disperazione, gli abitanti collaborano l’un l’altro e organizzano festosi eventi senza annoiarsi mai, o almeno così sembra. Lucy è la figlia del Sovrintendente del Vault 33 e gode di popolarità e benevolenza tra i parenti e i vicini di casa. Il Vault 33 collabora inoltre con i due Vault accanto ad esso al fine di generare una popolazione civile e istruita, così che al termine dell’apocalisse nucleare questa possa risalire in superficie e ripopolare gli Stati Uniti d’America. La vita tranquilla della ragazza però viene interrotta da un evento sconvolgente, che la costringe a evadere dal Vault per intraprendere una missione suicida, e ciò porterà la sua innocenza e la sua totale assenza di esperienza sulla sopravvivenza post-atomica a interfacciarsi con la dura realtà della Zona Contaminata.

Lucy incontra sul suo cammino due figure rilevanti: Maximus e il Ghoul, caratterizzati da personalità totalmente agli antipodi, e infatti non sono pochi i casi in cui li vediamo pedinarsi o cercare di ostacolarsi a vicenda. Maximus è un cadetto della Confraternita d’Acciaio con il sogno di diventare un giorno Cavaliere della Confraternita e migliorare le condizioni della Zona Contaminata; non a caso il ragazzo mostra un enorme spirito d’intraprendenza. La Confraternita si propone come un’organizzazione militare atta a ripulire interamente la Zona Contaminata dagli abomini post-nucleari e a recuperare la tecnologia prebellica per ricostruire la civiltà. Il Ghoul invece si presenta nei panni di un cacciatore di taglie senza scrupoli, che vive solo per sé stesso e il profitto monetario che trae dalle sue prede: sembra proprio un cowboy d’altri tempi, con dialoghi da copione di un film western. Prima della Grande Guerra, il Ghoul era conosciuto come Cooper Howard ed era un famoso attore di film d’azione, dettaglio molto utile per comprendere alcuni eventi della trama attraverso dei flashback.

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I personaggi rappresentano i cardini principali della storia, che si snoda sulle loro missioni, ambizioni ed evoluzioni portandoli a incrociarsi. Per i fan questa impostazione è particolarmente significativa, poiché rappresenta una formula simile allo sviluppo della missione principale nei giochi. In tal senso è significativo anche il rilievo dato all’abitante del Vault, che da esploratore ignaro si cimenta con un mondo completamente diverso dal suo piccolo bunker perfetto e immacolato, alla ricerca della verità e con un obiettivo da portare a termine ad ogni costo. Le fazioni presenti sono principalmente la Vault-Tec, la Confraternita d’Acciaio e la Repubblica della Nuova California – quest’ultima introdotta verso il finale di stagione – che cercheranno in tutti i modi di impossessarsi della Zona Contaminata, nel caso della serie situata geograficamente in California.

L’importanza di questi poteri politici, rappresentati da comunità sviluppatesi al seguito della caduta delle bombe, risiede nelle loro radici e nel messaggio che vogliono diffondere alla popolazione dominata dalla totale anarchia. Conoscerle una ad una aiuta il pubblico (soprattutto coloro che non conoscono il mondo di Fallout) a comprendere le azioni dei personaggi e la loro personalità. La Vault-Tec è una multinazionale fondata prima della guerra, che si propone come un’opzione di salvezza e rifugio sicuro in caso di attacco nucleare da parte dei nemici comunisti. Durante la serie i suoi rappresentanti saranno sempre a volto pulito, e la stessa Lucy ammira la Vault-Tec come se fosse un’entità divinità capace di salvare il mondo intero. Molte persone della Zona Contaminata e lo stesso Cooper però non sono dello stesso parere. La Confraternita d’Acciaio, così come la Repubblica della Nuova California e un’organizzazione chiamata Enclave, sono istituzioni costituite dai vecchi eserciti militari degli Stati Uniti.

Gli abitanti della Zona Contaminata come Maximus, che credono nel dominio della civiltà attraverso le armi nucleari e il recupero della tecnologia – i due fondamenti della Confraternita d’Acciaio – non riescono a comprendere l’effetto delle continue guerre di posizione, che non fanno altro che aumentare la miseria e la desolazione di una terra già distrutta. Cooper, che ha vissuto per interi secoli nel Paese a stelle e strisce, sa benissimo che non c’è nessuna via d’uscita e che l’essere umano non trae nessuna lezione dalle proprie azioni, cosa che lo rende profondamente schivo e decisamente lontano dalle fazioni citate. La profonda e differente realtà dei tre personaggi principali rende il pubblico pienamente consapevole della situazione complessa in cui versa un futuro senza speranza e senza possibilità di redimersi, tematica che nella sceneggiatura viene gestita correttamente riuscendo a parlare sia ai fan che ai neofiti.

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Scenografie e costumi sono molto fedeli al materiale originale: le tute del Vault sono identiche, con tanto di Pip-Boy al polso per misurare le radiazioni o visualizzare il percorso della missione, e la Zona Contaminata è caratterizzata da dune dorate e ruderi di grattacieli. Visivamente poi danno molta soddisfazione i cartelloni pubblicitari, le autostrade e i supermercati che contornano le lunghissime camminate dei personaggi, avvicinando ancora di più il mondo della serie tv a quello dei videogiochi dando l’immagine del capitalismo e delle ideologie che riescono a sopravvivere anche alla morte della vita stessa. In tutto ciò la regia non offre particolari momenti di spicco, ma ci sono alcune scene action e splatter ben gestite che richiamano il sistema S.P.A.V. dei giochi, e in più la fotografia predilige dei colori accesi e definiti per migliorare e sottolineare personaggi e scenografie, così come pubblicità, loghi e cartelloni.

La colonna sonora è il fiore all’occhiello della produzione, con canzoni già note ai fan e riadattate ad hoc per la serie. Se siete tra coloro che hanno passato ore e ore ad ascoltare la musica trasmessa dalle stazioni radio del Pip-Boy, proverete inevitabilmente una certa nostalgia. Questi brani di solito accompagnano anche simbolismi di vario genere, uno dei quali ad esempio è la scelta del nome Lucy per l’abitante del Vault: è lo stesso dato al famoso esemplare di australopiteco scoperto nel 1974, e chi varca per la prima volta la soglia del suo bunker ovattato e fermo nel tempo effettivamente si sente al pari di un antenato che riemerge da un lontano passato.

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Gli aspetti negativi che ho riscontrato nella serie sono legati principalmente a un numero ristretto di creature mutate – che invece sono un elemento molto caratteristico dei giochi – e a una cattiveria troppo accentuata tra i ranghi della Confraternita d’Acciaio. Quest’ultima appare più simile a una tribù che a un’organizzazione militare avanzata: assistiamo a scene con gli anziani impegnati a svolgere riti, alla mancanza di aiuto reciproco tra i cadetti, e alla totale assenza di personale femminile (nonostante sia di vitale importanza negli eventi dei giochi); tutte cose distanti da ciò che i fan conoscono, e che danneggiano la scintillante reputazione della Confraternita.

Fallout nel complesso però si dimostra una serie tv ben pensata, impostata su un tratto narrativo e stilistico capace di far felici i videogiocatori, ma senza trascurare il pubblico che si affaccia per la prima volta al franchise. Un risultato dovuto sicuramente anche al coinvolgimento come produttore di Todd Howard, game director del terzo e quarto Fallout nonché di The Elder Scrolls, altra punta di diamante di casa Bethesda.

Un ringraziamento speciale a Golin e Prime Video




Un'umile appassionata del mondo dell'arte in cerca di un motivo valido per cui parlarne.

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