Verranno dalle pianure, un thriller fantapolitico sul conflitto russo-ucraino

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Rapaci di Giovanni Pizzigoni – in arte GioPizzi – è stato, almeno per il sottoscritto, uno dei volumi più interessanti pubblicati da Mondadori nel 2021. Il suo universo narrativo, costruito con minuzia e consapevolezza, si presta bene a essere una tela bianca con cui raccontare storie inedite. GioPizzi, pienamente cosciente di ciò, ha deciso di investire tutte le sue risorse e la sua grande passione per la fantapolitica in Verranno dalle pianure, un nuovo thriller ambientato vent’anni dopo la conclusione del romanzo precedente.

È il terzo libro in quattro anni, l’opera dalla quale – di solito – ci si aspetta un notevole scatto in avanti: è la prova del nove. Una tappa che ha permesso al suo autore di mettersi di nuovo alla prova con rinnovato entusiasmo, questa volta trattando il delicatissimo conflitto russo-ucraino che sta sconvolgendo lo scenario sociale e politico odierno; un conflitto che Pizzigoni ha scandagliato in maniera esaustiva per mesi sul suo canale YouTube. A distinguere Verranno dalle pianure dalla pletora di prodotti dedicati al tema, tuttavia, è un insolito ribaltamento, ovvero cosa sarebbe accaduto se fosse stata l’Ucraina ad attaccare la Russia?

Una prospettiva rischiosa e per questo perversamente affascinante da affrontare e approfondire grazie alla libertà concessa dalla narrativa. Ecco quindi la base di partenza da cui si inizia a fantasticare: sono passati undici anni dalla fine della Seconda Guerra dell’Est, che la Federazione Europea ha alimentato fornendo armi all’Ucraina e che ha portato finalmente al crollo dell’Unione Sovietica. Proprio grazie al supporto europeo, l’Ucraina e i suoi oligarchi escono vincitori dal conflitto, una condizione che permette al paese di tenere al guinzaglio il Vecchio Continente; quest’ultimo, infatti, è in disperato bisogno di risorse energetiche.

Art by RadoJavor

La situazione pare in equilibrio, nonostante la nuova Repubblica Russa sia tormentata da una profonda crisi economica e da pericolose forze reazionarie. Le cose precipitano quando Lucas Barkov, figlio ed erede di Vasilij Barkov, l’oligarca più potente e temuto di tutta l’Ucraina, viene rapito per motivi non chiari dal GSV, un residuo dei servizi segreti sovietici, capitanato dal colonnello russo Viktor Garin. Vasilij, forte della sua influenza sul Presidente ucraino Kozlov, ha in mano tutti gli strumenti utili per scatenare una nuova guerra contro la Russia, in nome dell’amore perverso che prova per Lucas. La volubile Federazione Europea si lancia quindi in una corsa contro il tempo per recuperare il figlio rapito e mantenere la pace, prima che lo spettro del conflitto diventi orrida realtà.

I protagonisti coinvolti in questo tesissimo scenario sono la britannica Rachel Bennet, una talentuosa analista dell’antiterrorismo, e un mercenario italiano il cui nome in codice è Serpe. Come è già accaduto nei precedenti romanzi di GioPizzi, le vite apparentemente distanti dei personaggi sono destinate a convergere in un modo o nell’altro. Una formula reiterata ma che, per ora, continua a funzionare a dovere e a non perdere di credibilità.

Entrando nel merito dei personaggi, il primo con cui ci si interfaccia è proprio Lucas, un minorenne viziato e tenuto sempre sotto lo stretto controllo dell’entourage del padre sin dalla nascita. L’essere cresciuto sotto l’egida dell’impero energetico di Vasilij, lo ha reso un ragazzino dall’anima duplice: terribilmente insicuro delle sue capacità di futuro leader, ma contemporaneamente convinto di poter stringere il mondo nel palmo della mano.

È la prima volta che un protagonista di spicco viene progettato – secondo la mia personalissima esperienza – per infastidire il lettore: Lucas è un ricco figlio di ricchi e la sua inettitudine mi ha impedito di empatizzare a dovere con lui. In altre parole, ho avvertito una stuzzicante dissonanza narrativa che, paradossalmente, è servita ad aumentare il coinvolgimento nella storia e la voglia di scoprirne gli sviluppi. Riconosco, ovviamente, che altri potrebbero affrontare la lettura in maniera diametralmente opposta alla mia.

Art by Douglass Crockwell

Dal canto suo, il magnate Vasilij Barkov è un padre assente e autoritario come Gendo Hikari in Neon Genesis Evangelion, e comanda il Presidente Kozlov come se questi fosse un burattino senza spina dorsale. Un tiranno isterico e paranoico o, allo stesso tempo, razionale e cinico (come mostrato nell’eccellente e glaciale Capitolo 60). È un uomo che gioca a scacchi con la geopolitica e che non ha paura di un eventuale bombardamento missilistico dietro l’angolo.

Benché ucraino, l’oligarca presenta nette similitudini con Putin, soprattutto nel temperamento e nei modi di fare, nonché nella costruzione a tutto tondo del suo personaggio, basata – almeno in parte – sulle tante dicerie e leggende legate all’attuale presidente russo (specialmente quelle alimentate dai media odierni in tempo di guerra).

In una dimora in cui regna l’incomunicabilità, è naturale che il povero Lucas ricerchi morbosamente l’approvazione del genitore granitico, insofferente e arido o di una figura maschile di riferimento che gli conceda affetto (un sentimento assente nel suo mondo asettico e corporativo). Una ricerca che si contrappone a un desiderio di libertà, dal momento che il ragazzo non vuole ricoprire il ruolo di erede perfetto.

Si tratta di questioni in cui trovano spazio il concetto di libero arbitrio e, di conseguenza, la gravità di certe scelte da compiere (in una visione simile a quella proposta, in chiave diversa, da Matrix Resurrections). Non finisce qui: il Capitolo 55, con un twist celato a dovere dalla mistificazione di GioPizzi, aggiunge un tassello ulteriore alla figura di Lucas Barkov, destinato a cambiare radicalmente le carte in tavola per l’intera storia.

Art by Marin Leschian

A intrecciarsi indirettamente con il percorso di Lucas è Rachel, una donna transgender tutta d’un pezzo che non ha paura di affrontare gli alti funzionari governativi e di mandare a quel paese i servizi segreti. Nella sua parabola investigativa minata da problemi familiari e questioni di genere, segue una pista piena di ostacoli, porte sbattute in faccia e colleghi ciechi e sordi. Il tutto per dimostrare il suo valore sia al direttore Hauer e al collega Walker, sia a due militari: il maggiore Tom Winters e il capitano Harry Fleance, comprimari di spicco che assumono sempre più rilevanza, in particolar modo nelle fasi più avanzate del romanzo.

Una backstory in cui si affaccia anche la transfobia è uno dei tanti elementi che rendono interessante la costruzione della figura di Bennet, una donna in cui è facile immedesimarsi, una co-protagonista egregiamente gestita e impavida come Sara in Carne Sprecata. Lei è immersa, suo malgrado, in una società a guida maschile – ai limiti del machismo – e deve farsi valere in quanto testarda e determinata per non apparire come una fastidiosa zavorra agli occhi altrui. Il suo arrivismo sfrenato punzecchia il lettore con tante domande: Rachel mira soltanto a scalare i ranghi nei suoi uffici o punta a qualcosa di più? Cosa vuole dimostrare? Dove, come e quando finirà la sua corsa?

Indubbiamente questa linea narrativa è tra le più entusiasmanti e meglio scritte di Verranno dalle pianure, poiché tira fuori il punto forte di GioPizzi: i dialoghi credibili e ritmati in cui, proprio come Lucas, la nostra analista britannica cerca l’approvazione dei superiori.

Art by Noldofinve

A chiudere il trio di personaggi principali è Serpe, un mercenario al soldo dell’Ucraina che ha la stoffa da grande eroe, ma che al contempo è angosciato da dubbi esistenziali. Guidato dal sergente Falco, un romano di borgata, e affiancato dai commilitoni della sua squadra – la Gamma – combatte chiedendosi cosa separa effettivamente un soldato da un mercenario, se ci sia una differenza tra l’uccidere e il neutralizzare una minaccia senza spargimenti di sangue. In sostanza, cosa vuol dire essere un “eroe”? Perplessità esposte chiaramente in una metafora che paragona le truppe a un formicaio: “pronte ad agire per il bene della colonia, anzi, della regina. Quella regina lontana che non conosceva nemmeno i loro nomi“.

Anche Serpe è una figura che ha da dire la sua per quanto riguarda il rapporto padre-figlio. Nello specifico, dal Capitolo 20 si apre una sottotrama che coinvolge un detenuto in Italia settentrionale, tale Trentanove. I frangenti che lo riguardano e che lambiscono la vita di Serpe, ricordano vagamente il racconto di Stephen King Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank – su cui è basato il film Le ali della libertà di Frank Darabont – e affrontano, in parte, il sopracitato e atavico confronto-scontro tra padre e figlio (riscontrabile anche nella letteratura espressionista tedesca).

Giovanni Pizzigoni arricchisce dunque la sua personalissima visione a tutto tondo della figura paterna, già esposta nelle opere precedenti, con una nuova sfumatura: l’assenza. Tra affermazioni taglienti come “i padri sono tutti delle merde“, l’autore stende un filo rosso, un climax: Lucas vive all’ombra di un padre distaccato che lo schiaccia con la sua pesante eredità perché lo ritiene “un’estensione della sua persona in maniera quasi rituale“; Rachel ha goduto di un padre presente e comprensivo, Serpe invece sembra che odi il suo.

Art by Ling Yun

In virtù di quanto detto finora, per quanto riguarda lo stile di scrittura GioPizzi sa sempre come piazzare ottimi colpi di scena e cambi di scenario (come quello che apre il Capitolo 35, con cui conferma di saper ingannare il pubblico con finezza). Gioca nuovamente con gli eventi attraverso un montaggio alternato che salta tra vari punti di vista, facendo leva su un meccanismo classico ma efficace: la focalizzazione zero, dove il narratore è onniscente. In parole semplici, il lettore viene messo a conoscenza di restroscena fondamentali che i personaggi ignorano. Così facendo la lettura si mantiene tesa e chi legge è quasi costantemente in ansia per quello che succederà. Vedere come le tre storie di Lucas, Rachel e Serpe si intrecciano è assai intrigante, poiché rappresentano tre interpretazioni diverse della stessa vicenda.

Questa volta, inoltre, vengono utilizzati dei capitoli più brevi rispetto al solito per sveltire il ritmo del racconto o semplicemente per alternare con più agilità gli eventi. Una scelta che funziona e che snellisce certi frangenti senza rendere superficiale la narrazione. A tal proposito, una peculiarità molto stimolante di questo libro si nota tra i Capitoli 44 e 48: per sviscerare un avvenimento cardine della trama, facente parte del monumentale terzo atto, i suddetti capitoli vengono spezzettati ancora di più, così da farli durare tre pagine al massimo. Uno stratagemma che passa rapidamente in rassegna – con descrizioni accurate – tutti i punti di vista degli attori coinvolti e a cui ci si è affezionati. Paradossalmente, questa segmentazione voluta e portata all’estremo aumenta esponenzialmente il ritmo dell’esteso e caleidoscopico finale.

Art by Jan Dolezalek

Verranno dalle pianure è certamente il romanzo più complesso di GioPizzi, una mattonata dove il confine tra bene e male non è mai netto. Una messa in scena di una versione fittizia e personale del conflitto russo-ucraino, utile a dare la sua spiegazione politico-filosofica sui fatti reali.

Gio mastica bene le atmosfere militaresche e belliche, avendo interiorizzato a dovere il linguaggio specifico da guerriglia urbana (una branca della modern warfare). Provvidenziale, in questo caso, il collega Mirko Campochiari aka Parabellum che ha fornito allo scrittore un manuale delle forze armate americane in cui sono riportate con dovizia di particolari tutte le tattiche di ingaggio. Non mancano poi vere e proprie sequenze da blockbuster in stile Tom Clancy come i Capitoli 19 e 21. Il secondo, in particolare, dimostra la padronanza del contesto guerresco e catapulta i lettori dentro il conflitto come un qualsiasi film à la Salvate il soldato Ryan dove si passa dalla pace all’inferno in pochi secondi.

Le molteplici citazioni cinematografiche – tra cui spicca un tributo al personaggio di John Patrick Mason in The Rock di Michael Bay – lasciano spazio anche a parallelismi con la realtà: l’Ucraina desiderosa di entrare in Europa, le minacce di invasione, gli Accordi di Helsinki e così via. Elementi resi vividi proprio dal momento storico che stiamo vivendo, a dimostrazione di quanto questo libro si collochi bene nella contemporaneità.

Art by Opravdu

Sempre parlando di guerriglia urbana, la storia della squadra Gamma di Serpe è un altro dei fiori all’occhiello del romanzo, in quanto presenta dei comprimari a cui ci si lega strettamente perché profondamente umani, tra i meglio delineati del libro. “Lepre, con quegli occhi svelti coperti da occhiali leggeri. Iena, di nome di fatto. Sarago, sempre più solo. Cernia, che ormai lotta solo contro sé stesso. Ragno, che diceva di non voler fare male a nessuno. Sorcio con le sue stronzate e Falco, pastore di tutti voi, bestie feroci”. Questi mercenari lontani dalla loro Italia sono soldati dal temperamento grigio, inizialmente imperscrutabile, ma che guadagnano presto la simpatia del pubblico.

La loro parabola è un lungo viaggio davvero appassionante, puntellato da scelte irreversibili e irto di pericoli mortali. Un dramma shakespeariano che si conclude, come nei racconti migliori, in maniera inaspettata per tutti gli attori. In fondo, “la guerra è un lavoro e va preso sul serio“.

Insomma, come sottolineato in apertura, Verranno dalle pianure gestisce una prospettiva rischiosa, “ispirata dall’orrendo conflitto che sta distruggendo l’Ucraina. Una guerra che si consuma oggi, in cui tutto quello che credevamo di sapere, o di poter analizzare, come nazioni, comunità, o cittadini pensanti, è stato travolto dall’orrore” per usare le parole dell’autore. Quest’ultimo definisce la sua creazione come un gioco di finzione con cui raccontare il falso per provare a narrare qualcosa di vero e importante, così da esplorare cosa è successo e cosa ci sta accadendo.

Art by RadoJavor

Benché l’Ucraina venga immaginata come il paese oligarchico e invasore, è bello notare come questo libro non prenda mai posizioni nette sul conflitto in corso, preferendo esporre chirurgicamente gli eventi. “A volte la guerra è una questione di punti di vista” è la tagline in copertina; una guerra che assume una dimensione quasi tribale e in cui la terra della madrepatria richiede continui tributi di sangue per restare salda e vigorosa. Ma allora di chi è la colpa?

Da numerosi paragrafi si evince un semplice assunto: le nazioni sono fatte dalle persone, quindi la guerra non è mossa da un singolo dittatore; insieme a lui ci sono tutti gli abitanti a favore di quel conflitto e di quel tiranno. I colpevoli non sono le singole persone, ma le psicologie collettive. A ciò si aggiunge un discorso sulla gestione del dolore – non nuovo ai lettori affezionati di GioPizzi – questa volta inserito nella cornice degli orrori bellici, qui marcati con forza. Si prenda a esempio l’eccellente e ritmatissimo Capitolo 40, impreziosito da un’ottima scrittura visiva, quasi sensoriale.

La guerra non è un fattore generico, un’entità astratta, improvvisa, completamente estranea alla natura umana“, puntualizza il Capitolo 34, è una questione di scelte e di conseguenze. Alle ultime venti pagine è affidato, infine, un epilogo che mostra come Giovanni Pizzigoni abbia perfetta contezza del conflitto in corso: una ferita aperta nella storia contemporanea che è riuscito ad analizzare con rigorosa lucidità, destreggiandosi tra grigie contraddizioni, mezze verità e pericolosi ribaltamenti semantici.

La bellezza della scrittura, la libertà della narrativa, sono a mio parere lo strumento migliore per rovesciare la realtà, ricostruirla, provare a raccontare qualcosa di diverso, qualcosa che in un altro modo non si potrebbe. E inoltre, è un modo per esplorarsi dentro – Giovanni Pizzigoni

Un ringraziamento speciale a Giovanni Pizzigoni




Nefasto Articoli
Videogiocatore incallito, cinefilo dalla nascita, attore di teatro e batterista da diversi anni. Adoro approfondire qualsiasi cosa abbia a che fare con l'arte e l'audiovisivo: è difficile fermarmi quando inizio a scrivere o a parlare focosamente di ciò che amo.

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