Slumberland, lo sciatto mondo dei sogni di Netflix

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L’esistenza di un mondo dei sogni è da sempre un’idea stimolante, che apre le porte a possibilità e interpretazioni infinite: gli esempi vanno dagli horror come la saga di Nightmare a film d’azione come Inception, includendo perfino puntate indimenticabili di serie come Futurama o Adventure Time. Bisogna però ricordarsi che i sogni potranno anche non avere senso, ma una sceneggiatura deve sempre rispettare una sua logica a prescindere dal setting.

Slumberland – Il mondo dei sogni, diretto da Francis Lawrence e disponibile su Netflix, purtroppo non riesce né a tener testa ai predecessori sul tema né a essere un buon film in sé: qualche spunto interessante e alcune intuizioni di grande impatto emotivo ci sono, ma sono purtroppo sparsi e annacquati in un film che è troppo lungo per come si sviluppa, non intrattiene abbastanza e ha problemi di coerenza interna. Riassumo la trama, senza spoiler.

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Ispirato alle strisce a fumetti Little Nemo in Slumberland di Winsor McCay, anche il film vede come protagonista Nemo, una ragazza la cui vita ruota tutta attorno all’oceano; con il padre, vivono soli su un isolotto e badano al faro, andando di tanto in tanto in giro in barca senza avere molti contatti con altre persone. Una notte, dopo averle raccontato una storia “di fantasia” con protagonisti lui e il suo amico Flip, il padre va in soccorso di una nave, in difficoltà a causa di una tempesta, finendo purtroppo lui stesso inghiottito dalle onde. Nemo ne è devastata, anche perché non può restare a vivere sull’isola da sola ed è costretta ad andare da suo zio in una città sulla terraferma; quest’ultimo è molto timido e introverso, produce maniglie e lucchetti per lavoro e sembra totalmente distante da lei e dal fratello ormai scomparso. La ragazza, in aggiunta, ora deve frequentare una scuola per gente facoltosa e quindi legare con altri bambini con cui condivide poco o niente, cosa che la porta a isolarsi parecchio.

Contestualmente a tutto ciò, senza un apparente motivo, Nemo comincia a fare sogni lucidi mentre dorme e si ritrova a parlare con un tizio bizzarro: esce fuori che questo, interpretato da Jason Momoa, è il Flip di cui parlava suo padre, e che le avventure che lui le raccontava non erano inventate, semplicemente non avevano avuto luogo nel mondo reale ma a Slumberland, il mondo dei sogni. Successivamente Nemo e Flip trovano una mappa che dovrebbe condurli (anche se non si capisce bene come) al Mare degli Incubi, il luogo più pericoloso di questo magico posto, dove si troverebbero delle perle in grado di esaudire i desideri, anche se circostanziali al luogo; volendo lei rivedere suo padre, i due si mettono a viaggiare per i sogni alla ricerca di questo Mare, con alle calcagna un’agente dell’Ufficio per le Attività del Subconscio e uno strano incubo che li perseguita.

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Ora, tutto ciò rappresenta una premessa più che interessante e ricca di spunti: si parla di come affrontare lutti e traumi, ci sono mondi dove può accadere di tutto, viene rappresentata la dissociazione dalla realtà quotidiana per rifugiarsi in un mondo dove non ci sono vere preoccupazioni, e così via. Purtroppo però il film non azzecca il tono giusto: cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, mettendo in campo delle belle idee e mandando poi tutto in malora con delle soluzioni rocambolesche per far ridere i bambini, sempre con il solito presupposto che chi sia molto giovane sia anche stupido e non sappia godersi delle storie con più chiavi di lettura; questo impedisce di creare momenti emotivi che avrebbero potuto far commuovere anche un pubblico adulto, risolvendo le tensioni in un nulla di fatto.

Oltre a questo, ci sono dei buchi di sceneggiatura non indifferenti, perché nonostante venga spiegato come funziona il mondo dei sogni, le regole vengono infrante praticamente tutte e la maggior parte delle cose che succedono finisce per non aver senso. Come dicevo all’inizio, anche se la premessa è quella di un mondo onirico, quindi potenzialmente illogico e folle, la scrittura deve stabilire delle regole che, anche se poche e semplici, vanno seguite, altrimenti la narrazione non funziona. Effetti visivi spettacolari, una buona fotografia e attori famosi non rimediano ai problemi che stanno alle fondamenta.

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Francis Lawrence ha diretto diversi film, magari non scevri di problemi ma comunque godibili come Constantine e Io sono leggenda, quindi non si capisce se la colpa sia da imputare a lui piuttosto che agli sceneggiatori o ai produttori.

Fatto sta che Slumberland sembra uno di quei tanti prodotti che la Disney fa uscire per fare un po’ di cassa castrandoli all’inverosimile, non un progetto realizzato con convinzione. Netflix, anche se non sempre, ha dato prova di investire su cose incredibili e anche coraggiose per persone di tutte le età, e visto il grande potenziale che questo film poteva avere, la sua non-riuscita è un dispiacere nonché uno spreco. Per favore, Netflix: meno Slumberland e più ONI e She-Ra, sennò non ci riprendiamo.




Chirano Articoli
Diplomatə al corso e al Master di Sceneggiatura alla Scuola Internazionale di Comics di Torino, laureatə in Letteratura Giapponese a UniTO e felice di essere qua :)

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