Top Gun: Maverick

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“Come mai a 60 anni stai ancora a fare gli stunt e a rischiare la vita, invece di maturare, rilassarti o magari stare dietro la macchina da presa a fare il regista?” Questo probabilmente è quello che tutti vorrebbero chiedere a Tom Cruise, la stessa identica cosa che viene chiesta in Top Gun: Maverick al suo personaggio Pete “Maverick” Mitchell, che alla sua età è ancora (per suo volere) un “semplice”, spericolato e disilluso Capitano. Un ottimo punto di partenza metacinematografico per la nuova fatica del nostro protagonista.

top gun maverick moto

Ben 36 anni dopo la pellicola di Tony Scott arriva nei cinema il sequel di uno dei maggiori cult degli anni 80′, che fin dalle prime battute si pone tutt’altro che come mera operazione nostalgia (vero, Ghosbusters: Legacy?). Ma andiamo per ordine.

Dopo più di 30 anni il buon Maverick non ne vuol proprio sapere di abbandonare i voli, avanzare di grado o modificare il suo status quo, fino a quando una raccomandazione (tutt’altro che richiesta) del Generale Tom “Iceman” Kazinsky (Val Kilmer), amico di lunghissima data, non lo spinge a tornare nella Top Gun. Il suo compito è quello di istruire alcune giovani leve tra cui il figlio di Goose, il suo vecchio compagno mortogli tra le braccia, per un’imminente e rischiosa missione aerea contro un non meglio specificato Stato canaglia.

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Alla regia troviamo Joseph Kosinski (che ha già lavorato con Cruise nel riuscito Oblivion), a cui viene affidata una sceneggiatura in parte simile a quella del primo film, ma ricca di nuovi spunti in grado di regalare molto di più allo spettatore. Quello che riesce a fare il regista è imbastire un perfetto equilibrio tra vecchio e nuovo, a partire dalle musiche, che alternano anni ’80 e nuovi anni ’20, fino ad arrivare ad un autocitazionismo condito da momenti nostalgia mai stucchevoli, mai eccessivi, anzi, in perfetta sinergia con la storia.

Top Gun: Maverick non si fa mancare proprio nulla, tra sentimentalismi, malinconia, momenti profondi, spettacolari scariche di adrenalina, momenti più testosteronici (senza mai toccare livelli alla Fast & Furious, sia ben chiaro), ma anche una giusta dose di humor. Il tutto è reso possibile da una narrazione semplice che però fa del suo equilibrio il maggior punto di forza, un equilibrio dove tutto è ben distribuito e collocato al momento giusto, solo se necessario.

Ben riuscite anche le sottotrame, a partire dall’interesse amoroso di Maverick, Penny (la sempre ottima Jennifer Connelly), che condisce la trama con una love story matura, per nulla smielata e mai preponderante, che permette di approfondire qualche aspetto in più del protagonista, e proprio per questi motivi risulta addirittura complementare all’intera storia.

top gun maverick penny

Tra le nuove leve spicca ovviamente il figlio di Goose, “Rooster” (Miles Teller), l’unico del quale, attraverso il suo tormentato rapporto con Maverick, riusciamo ad avere il necessario background. La sua rabbia nei confronti del vecchio amico del padre è perfettamente motivata, così come sono motivate le azioni che hanno portato Maverick a farsi odiare, e il tutto si riassume perfettamente, anche grazie alle interpretazioni dei due attori, in un rapporto genitoriale burrascoso tra due persone che però si stimano profondamente.

Degli altri comprimari, tra cui il Vice Ammiraglio Cyclone (Jon Hamm) e i giovani membri della Top Gun (Hangman, Phoenix, Bob, Payback…) in realtà sappiamo ben poco, ma la loro caratterizzazione superficiale non risulta determinante ai fini della narrazione e non impedisce loro di ritagliarsi il giusto spazio nella storia. Menzione speciale va fatta alla sequenza con Val Kilmer, segnato nella pellicola come nella realtà dalla malattia, che nella sua semplicità rappresenta probabilmente il vero ponte emotivo tra i due capitoli.

top gun maverick volo

Come già spiegato Top Gun: Maverick non si fa mancare nulla, ma fin qui non avevo ancora citato l’americanismo cinematografico. Ebbene sì, perché nonostante l’ultimo spettacolare atto sia la ciliegina sulla torta che differenzia maggiormente questo sequel dal film originale, non rendendolo quasi esclusivamente un mega spot all’aeronautica militare statunitense, è quasi impossibile non lasciarsi sfuggire un incredulo sorriso davanti ad un finale a tratti inverosimile (dovuto forse alle manie di grandezza di Tom Cruise e/o alla mano di Christopher McQuarrie – Mission Impossible 5,6,7 – alla sceneggiatura). Ma alla fin fine tutto risulta perfettamente in linea con un certo tipo di blockbuster del cinema odierno.

Lo dico? Lo dico: Top Gun: Maverick, visti anche i tempi che sono cambiati, non diventerà un cult come il film del 1986, ma è certamente migliore del suo predecessore (che già non era un capolavoro, diciamocelo), e centra in pieno il suo obiettivo di rinnovare e celebrare un grande successo degli anni ’80 senza far leva solo sulla nostalgia. Un revival moderno fatto con cuore e passione che ha tutte le carte in regola per coinvolgere vecchio e nuovo pubblico, e che rende il giusto tributo al regista del primo Top Gun Tony Scott, al quale la pellicola è dedicata.

Tornando alla domanda iniziale: “perché lo fai ancora, Tom?” Lui con molta probabilità risponderebbe come il suo alter ego: “perché è quello che so fare meglio”. E anche a noi (per il momento) va benissimo così.

Un ringraziamento speciale a Eagle Pictures




Il Tac non è un critico cinematografico o uno studioso di cinema, ma semplicemente un cinefilo, seriofilo e all'occorrenza fumettofilo, a cui piacere mettere il becco su tutto quello che gli capita sotto mano... o sotto zampa.

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