Tom & Jerry (2021)

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Voto:

Non posso negare che, a novembre, il trailer del nuovo film di Tom & Jerry mi elettrizzò davvero un sacco. Il gatto e il topo più famosi del mondo, duo comico creato da quei geni di William Hanna e Joseph Barbera, sono per me e per molti altri amanti dell’animazione vecchia scuola dei compagni d’infanzia: dei personaggi splendidamente irriverenti, dall’umorismo frizzante e, per certi versi, ineguagliabile. Pur essendo muti e affidandosi quasi esclusivamente a violentissime gag slapstick, impreziosite da perfetti accompagnamenti musicali per veicolare le risate, Tom e Jerry rimangono – insieme ai Looney Tunes – delle figure memorabili e ad oggi imbattute nel panorama dell’intrattenimento mondiale.

È con questo spirito che sono giunto alla visione del film in tecnica mista firmato da Tim Story alla regia – autore dei due mediocri lungometraggi de I Fantastici 4 del 2005 e 2007 – e Kevin Costello alla sceneggiatura. Il “biglietto d’ingresso” per la visione sulle piattaforme on-demand ammonta a ben 15 euro (anche per il semplice noleggio in Standard Definition), davvero troppo se devo esprimere sinceramente il mio parere, pur essendo un forte osteggiatore della pirateria cinematografica. Ebbene, questo “live-action animato” riesce a riportare in auge i due miti targati Hanna & Barbera? Scopriamolo subito.

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La partenza del film, come tutto il suo impianto narrativo, è davvero molto semplice – anche considerando, ovviamente, che si tratta di un’opera per ragazziTom e Jerry sono due randagi a New York City, in cerca di fortuna e di una dimora. Il vagabondare continuo fa incrociare per la prima volta le loro strade, e i dispetti del topo danno inevitabilmente il via all’atavica rivalità della coppia. In questo caso si potrebbe parlare di una vera e propria origin story.

A risaltare subito è il comparto animato: il design dei due personaggi – e in generale di tutti gli animali a schermo – si mescola perfettamente con le riprese dal vero e con l’ambiente in cui interagiscono. La Framestore, azienda britannica a capo delle animazioni e degli effetti speciali, porta a casa un lavoro ottimo che ricorda una versione moderna dell’estetica di Chi ha incastrato Roger Rabbit, punta di diamante del genere. Non a caso, la compagnia sopracitata gode di due Academy Award per il suo apporto a film come La bussola d’oro e Gravity.

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L’intreccio delle vicende si sviluppa con l’entrata in scena della protagonista del film, ovvero Kayla (Chloë Grace Moretz), una ragazza della Pennsylvania che, come il gatto e il topo, è in cerca di una vita stabile e allo stesso tempo di “qualcosa che la faccia sentire importante“. Una delle lotte tra Tom e Jerry coinvolge, malauguratamente, anche lei mentre sta per portare a termine uno dei tanti lavoretti temporanei per cui è stata assunta; tutto ciò la porta al licenziamento. Avendo bisogno di un nuovo impiego, decide di fare un salto al Royal Gate Hotel, un albergo extra-lusso in cui verrà presto celebrato lo sfarzoso matrimonio di Preeta (Pallavi Sharda) e Ben (Colin Jost), due ricchissimi VIP della città.

Con una pensata decisamente improvvisata e al limite del credibile, Kayla riesce a rubare il curriculum a Linda Perrybottom, una donna – incredibilmente ingenua – che si era presentata in hotel per farsi assumere come responsabile eventi, proprio in vista della festa in arrivo. La furbata permette alla nostra protagonista di entrare a far parte dello staff del Royal Gate, in cui figurano attori abbastanza noti nel panorama cinematografico: Michael Peña (Ant-Man and the Wasp, Il corriere – The Mule), nei panni dell’intransigente Terence Mendoza, Rob Delaney (Deadpool 2, Bombshell), il direttore dell’albergo chiamato semplicemente Mr. Dubros e Ken Jeong (Una notte da leoni, Avengers: Endgame), nella parte del folle chef Jackie.

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Kayla alle prese con l’ennesimo litigio di Tom e Jerry

Il Royal Gate Hotel fa da sfondo alla maggior parte degli eventi. Infatti Jerry, che non rinuncia mai al suo atteggiamento da ladruncolo, vi si intrufola per stabilire lì la sua nuova casa. Tom, desideroso di vendetta, escogita ogni piano possibile per irrompere nell’edificio e catturare la sua nemesi. È in queste occasioni che vengono inserite le già citate e caratteristiche gag slapstick, essenza su cui si sorregge la comicità dei due e, di riflesso, del film. Parto immediatamente col dire che questo aspetto ha sia lati positivi che, purtroppo, pesanti lati negativi.

Per quanto riguarda i primi, c’è da dire che alcune scazzottate presentano chiari e apprezzatissimi riferimenti ai vecchi episodi del cartone. In certi frangenti le risate sono molte e assicurate, anche grazie alle immancabili e immortali urla di Tom e a qualche scena piena dei suoi strambi escamotage. Questi elementi fanno pensare, per un attimo, che i creatori del lungometraggio e la Warner Bros. non abbiano dimenticato la preziosa eredità della vecchia serie animata, qui resa più moderna ma comunque appagante.

Venendo alle tante negatività, è d’obbligo per me sottolineare che gli sketch che fanno davvero sbellicare sono pochissimi: il resto delle lotte risultano scarsamente ispirate e decisamente lontane da quella violenza fatta di bastonate, esplosioni e spari che abbiamo amato in passato e che caratterizza le creazioni di Hanna & Barbera. Si ha la sensazione che la sceneggiatura si sia piegata a quel politicamente corretto tanto superfluo quanto odiato. Risultato? Strano ma vero: Tom & Jerry, a parte quegli sporadici momenti di cui ho parlato, non fa ridere.

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La peculiare violenza di Tom & Jerry è stata gravemente edulcorata, dando vita ad un prodotto paradossalmente insipido

A tutto questo si aggiungono altri chiodi alla bara: la sopramenzionata modernizzazione dello stile viene portata avanti tramite delle trovate che cozzano completamente con l’estetica storica del cartone animato. La principale colpevole è la colonna sonora: composta da Christopher Lennertz, è un miscuglio di tracce rap e hip-hop che vuole palesemente strizzare l’occhio alle nuove generazioni. Si passa da inutili e francamente imbarazzanti piccioni-rapper (non sto scherzando) che sfondano ripetutamente la quarta parete per narrare gli avvenimenti in corso, al povero Tom che canta in autotune per sedurre la gatta di Preeta.

Il risultato non potrebbe essere peggiore; è un caso che Lennertz abbia scritto le musiche per roba come Alvin Superstar e Sausage Party? Non credo proprio. Per avvalorare questa mia tesi, ecco – direttamente dalla serie animata originale – uno dei momenti più iconici di Tom & Jerry, il cui accompagnamento swing, orchestrale e onomatopeico costruisce una scena perfetta che ho tutt’oggi impressa a fuoco nella memoria:




Qualora volessimo chiudere un occhio davanti a questo tradimento dello spirito originale di Tom & Jerry, ci troveremmo di fronte all’aspetto più brutto del lungometraggio, ovvero tutto il resto. L’anima live-action del film è, ahimè, preponderante nei 101 minuti di durata: il gatto e il topo, che dovrebbero essere i veri protagonisti, vengono trattati come semplici personaggi di contorno, mentre la narrazione si concentra sul portare avanti la storia nel mondo degli umani. Un errore gravissimo che abbatte definitivamente ogni speranza di poter promuovere il film.

Mi spiego: Kayla, una volta scoperta la presenza di Jerry nell’hotel, si allea con Tom per dargli la caccia e salvare sia la sua reputazione, sia il matrimonio di Ben e Preeta. Questo è il succo della trama. Trama che si regge con lo spago, a causa di una sceneggiatura che vorrebbe far ridere, ma che fallisce su tutta la linea.

I frangenti che coinvolgono gli attori in carne e ossa – quindi il 90% di Tom & Jerry – sono noiosi e senza mordente per colpa di dialoghi e comprimari inopportunamente idioti (Mr. Dubros e Ben sono sul podio). Come se non bastasse, il live-action – pur essendo un film pensato per un pubblico giovane – offre una morale spaventosamente distorta, veicolata dalle azioni di Kayla. In soldoni si potrebbe dire che l’insegnamento della storia è: “per avere un lavoro e raggiungere i propri obiettivi basta imbrogliare e mentire spudoratamente”; cose che la ragazza fa continuamente, prendendo decisioni assurde e odiose, scritte solo per portare avanti il claudicante racconto.

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Tom viene ingaggiato da Kayla per una professionale caccia al topo

Non bastano il fugace ma divertente – e già virale – cameo di Paolo Bonolis e la presenza del bulldog Spike, doppiato nella versione italiana da Pino Insegno, a salvare un cocktail fallimentare, la cui disfatta è da attribuire principalmente al modo in cui è stato scritto. La verità è che questo Tom & Jerry – che di Tom e Jerry ha solo il titolo – è una scadente commedia romantica che manca totalmente il focus: è difatti un film basato sulle persone reali, non sul duo di Hanna & Barbera, e dovrebbe essere l’esatto contrario.

Ad aggravare la situazione sono gli ultimi venti minuti circa (il finale) poiché si continua incessantemente – come si è fatto durante il corso di tutta la maledetta storia – a ruotare intorno a questo dannato matrimonio da salvare, nonostante gli eventi del film prendano una certa piega. Ciò costituisce una forzatura pazzesca: perché mai ad una persona opportunista come Kayla dovrebbe stare a cuore la festa di due sposini che neanche conosce? E soprattutto perché dovrebbe importare a Tom e Jerry?

È tutta una scusa, mal pensata e mal scritta, per chiudere le vicende. Chiusura che avviene tramite un lieto fine banale, buonista e inverosimile alla “e vissero tutti felici e contenti”. In completa antitesi con questa felicità, dirò una cosa senza peli sulla lingua: del matrimonio non è mai fregato un cazzo a nessuno.

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Che dire di più? Questa recensione di Tom & Jerry si conclude in una profonda amarezza. Sulla carta poteva davvero essere il ritorno in grande stile degli amatissimi Thomas Cat e Jerry Mouse, ma così non è stato e anzi siamo più che mai lontani da una formula vincente. In tutta franchezza mi aspettavo un lungometraggio sulla falsariga dello splendido Looney Tunes: Back in Action di Joe Dante, aspettative deluse quasi del tutto per colpa di un prodotto che semplicemente non funziona.

Il mio invito è quello di recuperare i vecchi episodi della serie animata, se anche voi lettori avete bisogno di sfamare la vostra nostalgia. Purtroppo Tim Story e il Warner Animation Group ci hanno illuso e da questa delusione scaturisce un voto insufficiente davvero sofferto.




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    Videogiocatore incallito, cinefilo dalla nascita, attore di teatro e batterista da diversi anni. Adoro approfondire qualsiasi cosa abbia a che fare con l'arte e l'audiovisivo: è difficile fermarmi quando inizio a scrivere o a parlare focosamente di ciò che amo.

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