The Midnight Sky

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Voto:

La fantascienza e il nichilismo non sono insoliti ad andare a braccetto: distopie, disastri nucleari, spaventose creature che minacciano il genere umano o multinazionali che controllano il pianeta sono il pane quotidiano per chi è cresciuto dagli anni ’60 in poi. Ma per quanto questi temi e paure siano più che attuali, la minaccia più impellente è sicuramente il clima, e se non ci comporteremo a dovere potremmo finire come in questo film.

The Midnight Sky, film Netflix di e con George Clooney, ci mostra in maniera nuda e cruda uno dei possibili scenari in cui si è preferito cercare soluzioni alternative nelle stelle invece di prendersi cura della Terra, con tutto ciò che ne consegue. Ma non preoccupatevi: non ci sono solo morte e disperazione, ma anche speranza e qualche momento di leggerezza; tuttavia il dramma è indiscutibile, e spazia dalla sopravvivenza della razza umana agli errori commessi nella vita di un singolo.

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La trama, senza spoiler, è questa: grazie alle ricerche del professor Augustine Lofthouse (George Clooney) si è scoperto che una luna di Giove tale K-23 ha tutte la caratteristiche ottimali atte a ospitare la vita. Dopo anni di studi e preparativi, un manipolo di astronauti è partito a bordo dell’astronave Iter per fare ricerche sul campo e tornare a casa con i risultati; ciò che però questi ultimi non sanno è che nel frattempo i livelli di tossicità sulla Terra sono aumentati a dismisura, tanto che ciò che è rimasto dell’umanità si ritrova a vivere in bunker e città sotterranee. L’unico rimasto in superficie è proprio Augustine, che tra una malattia grave e un’evidente depressione non sente il bisogno di correre verso la salvezza e vive in una base scientifica del circolo polare artico, monitorando la situazione planetaria e conscio che non gli rimane molto da vivere.

Potete immaginare la sua sorpresa quando si ritrova davanti una bambina, muta e tutta sola, con la quale non sa neanche come comportarsi. Fortunatamente la Iter è nei pressi della Terra, e il piano di Augustine sarebbe di affidare a loro la bambina essendo il pianeta a suo parere ormai spacciato, ma per via del segnale debole della base l’unica alternativa è raggiungerne un’altra decisamente più potente ma non esattamente vicina, affrontando bufere di neve, le (poche) bestie feroci rimaste, nonché la sua stessa logorante malattia e la sua oscurità interiore; neanche gli esploratori spaziali se la passeranno benissimo, tra lo shock delle mancate risposte dalla Terra, campi di asteroidi e cambi di rotta obbligatori e rischiosi.

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Gli effetti visivi di questo film sono sicuramente buoni e spettacolari, sia per quanto riguarda enormi colpi d’occhio come l’astronave o la luna K-23 che nelle cose più piccole, come il sangue a gravità zero. Anche la fotografia fa un ottimo lavoro, le scenografie sono particolari e affascinanti, soprattutto per gli interni della Iter, e la soundtrack, anche se non esattamente memorabile, tiene fede alle ambientazioni e alle scene, sapendo dare i giusti colpi di grazia nei momenti più emotivi e/o introspettivi.

Tuttavia, ciò che mi ha colpito di più sono state alcune soluzioni di sceneggiatura: in film così è facile cadere in certi cliché per portare il dramma o la tensione all’esasperazione, magari con un atteggiamento passivo-aggressivo che serpeggia tra l’equipaggio, morti a rotta di collo o, banalmente, senza un momento di ironia o di respiro; qui invece si vogliono tutti bene e tutti cercano di fare il meglio che possono per gli altri e per chi li aspetta a casa, lasciandosi anche andare a dei momenti di leggerezza e tranquillità. Anche Augustine, doppiato magistralmente con un tono dolce e commovente da Francesco Pannofino, grazie alla bambina avrà modo di trovare qualche sprazzo di serenità e ripensare alla sua vita sotto una nuova luce.

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Non credo che questo film voglia esprimere semplicemente rassegnazione o limitarsi a dire che “facendo i bravi le cose si aggiusteranno”. Sicuramente uno stile di vita sostenibile e responsabile può fare molto, puntando anche a realizzarsi e ottenere quante più soddisfazioni possibili dalla vita, ma senza in tutto questo scordarsi di chi abbiamo accanto.

Infine, al posto di spacciare il pessimismo per realismo e usarlo come scusa, ci invita forse a seguire il nostro istinto fino in fondo anche a quello che può sembrare l’ultimo giro di giostra.




Chirano Articoli
Diplomatə al corso e al Master di Sceneggiatura alla Scuola Internazionale di Comics di Torino, laureatə in Letteratura Giapponese a UniTO e felice di essere qua :)

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