Locke & Key – Riscopriamo il fumetto che ha ispirato la serie Netflix

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Da una decina di anni a questa parte, le produzioni cinematografiche e televisive sono proiettate quasi esclusivamente verso remake, reboot e rivisitazioni di opere già note: le storie originali hanno sempre meno spazio e non sempre le produzioni che ne derivano sono all’altezza delle opere cui fanno riferimento. Quante volte l’adattamento cinematografico di un fumetto che abbiamo amato non ci ha soddisfatto pienamente per motivi che non riusciamo bene a focalizzare? “Sì, gli attori son bravi, gli effetti speciali sono da paura, ma c’è qualcosa che non mi torna… il fumetto è un’altra cosa!”

Quel “qualcosa” che non riusciamo a delineare è spesso la scansione narrativa della storia. Fellini diceva, in una famosa intervista con Renato Pallavicini, che “il cinema […] deve molto ai fumetti. [Nel cinema] tutto si richiama alla tecnica del fumetto: dalle prospettive al taglio dell’inquadratura […]” ed io aggiungerei anche ai tempi scenici del fumetto. Tuttavia, quando un’opera è pensata per essere “transmediale“, e quindi per adattarsi a mezzi di comunicazione altri rispetto a quelli originari, l’operazione di adattamento può essere piuttosto fortunata.

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Molte delle produzioni annunciate per il 2020 da Netflix sono tratte da fumetti, e tra queste c’è anche Locke & Key, serie tv basata sul fumetto (pubblicato in 7 volumi in Italia da Magic Press Edizioni) scritto da Joe Hill – figlio del celeberrimo Stephen King – e illustrato dal cileno Gabriel Rodríguez, che sembra sceneggiato proprio per accogliere al meglio una rielaborazione cinematografica o televisiva dell’opera.

Per chi non conoscesse la storia, il fumetto racconta le assurde vicende della famiglia Locke, la cui tranquilla vita di provincia viene improvvisamente sconvolta da un terribile evento: due ragazzi, presi da un’inspiegabile follia omicida, fanno irruzione in casa uccidendo il padre e tentando di far fuori anche il resto della famiglia. Dopo questa dolorosa esperienza, la madre e i tre fratelli Tyler, Kinsey e Bode, si trasferiscono nell’antica casa di famiglia, Keyhouse, a Lovecraft (e andando avanti con la storia riferimenti e citazioni al Maestro di Providence abbonderanno).

Il trasferimento, che dovrebbe aiutare i Locke a superare il trauma, rappresenta invece solo l’inizio dei loro problemi, visto che Keyhouse più che una casa sembra un essere senziente, che nasconde al suo interno misteriose chiavi in grado di donare straordinarie abilità a chi le usa: diventare ectoplasmi, ottenere una forza sovrumana, cambiare sesso e perfino aprirsi la testa per giocare con i propri ricordi cambiandoli o rimuovendoli.

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Il piccolo Bode è il primo a trovare le chiavi e ad accorgersi delle loro proprietà, ma inizialmente i due fratelli maggiori sono troppo occupati ad integrarsi nella nuova scuola e a cercare di non pensare a quanto accaduto a loro padre, per prenderlo sul serio. Il ritrovamento delle chiavi spalancherà letteralmente le porte dell’inferno, portando alla luce drammi insoluti di un passato vicino e lontano della famiglia Locke.

Nel frattempo, Tyler e Kinsey fanno amicizia con Zack Wells, un ragazzo che sembra prendere molto a cuore i due fratelli, ma che in realtà è collegato all’origine delle chiavi di Keyhouse. Una serie di eventi sovrannaturali si susseguono fino a che non appare chiaro che sono oscure forze demoniache a governare sia le chiavi che gli abitanti di casa Locke. Tra demoni, ombre, richiami lovecraftiani e fantasmi dal passato, il lettore viene travolto da un impetuoso vortice di eventi fino al clamoroso finale nel volume 6 che gli permette di tirare un agognato sospiro di sollievo… almeno per un po’!

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Ciò che ammalia di Locke & Key è proprio la penna di Joe Hill sia per quanto riguarda le dinamiche del racconto, sia per la profondità che è in grado di attribuire anche ai personaggi più abbozzati. Non stupisce più di tanto, se pensiamo che, anche prima di rivelare al mondo di essere figlio di Stephen King – rivelazione non troppo sorprendente in realtà, vista la somiglianza fisica e la propensione per i racconti dell’orrore! -, Joe si era affermato come promessa dell’horror moderno.

La scrittura di Hill – nonostante l’impegno nel tenere nascoste le proprie origini – risente molto dell’ombra del padre: strutture narrative efficaci nella loro semplicità, meccanismi tensivi legati più alla psicologia che all’azione, sublime capacità di sintesi. Allo stesso tempo però, porta una ventata di freschezza riuscendo a distaccarsene e affermando un proprio stile personale. I personaggi messi in scena da Hill sono così umani che ogni lettore riuscirà a identificarsi per qualche motivo in ciascuno di essi. Perfino nei personaggi secondari e nei cattivi (quando umani ovviamente).

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Le dinamiche narrative del racconto sono studiate per permettere al lettore di arrivare alla fine di ogni capitolo e di ogni volume soddisfatto nell’aver appreso informazioni fondamentali alla risoluzione del mistero, ma allo stesso tempo non pago e curioso di arrivare alla fine della storia. Letti tutti insieme, i 7 volumi di Locke & Key non lasciano un attimo per riprendere fiato, come in un film che funziona.

Joe Hill riesce a strizzare l’occhio sia ai meccanismi narrativi letterari sia a quelli cinematografici, creando, come si diceva inizialmente, un’opera transmediale che potrebbe ben prestarsi all’adattamento seriale televisivo.

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Dal punto di vista grafico, il tratto di Rodrìguez riesce ad essere eterogeneo pur non allontanandosi mai dallo stile cartoonesco. Colpiscono molto le splash-page dedicate ai mondi interiori dei protagonisti, in cui, attraverso prospettive impossibili, riesce a ricreare l’idea di caos pur nell’immobilità della pagina. La vera singolarità dell’opera sta però nella scelta di ricostruire determinate atmosfere attraverso citazioni ad altri fumetti. Ad esempio, l’ingenuità del piccolo Bode, che deve confrontarsi con problemi molto più grandi di lui, viene magistralmente rappresentata citando apertamente Bill Watterson con i suoi Calvin & Hobbes; o ancora, la visione del mondo di Rufus, un ragazzino disabile con un’insolita fissazione per i soldati, viene tradotta nello stile dei vecchi comics di guerra.

Il mondo creato da Hill e Rodríguez è così vasto e dettagliato che non poteva limitarsi al tempo presente e alla storia principale, così ci ritroviamo a curiosare nel passato della Keyhouse nel volume 7, una breve raccolta di tre storie inedite legate alla casa dei Locke, in cui i due autori danno un’ulteriore prova della loro bravura nella varietà d’esecuzione.

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A questo punto non ci resta che guardare la serie tv, ora disponibile su Netflix, sperando che l’attenzione posta nella costruzione della struttura narrativa del fumetto influisca positivamente sul suo adattamento per lo schermo.




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Appassionata di arte, illustrazione e letteratura, si è lasciata trasportare nel meraviglioso mondo del fumetto... e ora non può più farne a meno! * arte * fumetto * illustrazione * letteratura * GdR

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