Big in Japan, di Dario Moccia e Tuono Pettinato

Come perdersi a Tokyo e imparare ad amarla

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Al ritorno da un viaggio è quasi impossibile evitare di raccontarne: per quanto bella o brutta sia stata, ogni peregrinazione merita una serata tra amici in cui emozionarsi ancora ricordando quella particolare avventura o ridendo di quell’altro inconveniente.

Sembra che anche Dario Moccia e Tuono Pettinato la pensino così, o almeno questo è quanto traspare dal loro libro a fumetti Big in Japan (Rizzoli Lizard), “diario di bordo” del viaggio che li ha portati nelle affollate strade della fascinosa Tokyo, mai visitata da Tuono e, al contrario, ben conosciuta da Dario che vi si reca quasi periodicamente assieme ai gruppi turistici cui fa da guida.

In questa dualità di sguardi e di approcci all’esperienza della città si trova già uno degli ottimi elementi di questo libro: è proprio nella duplice possibilità offerta, quella di “rivedersi” nell’esperienza di Dario o nello stupore di Tuono, che Big In Japan si presenta godibile tanto a chi non ha mai visitato la capitale giapponese, quanto a chi ci è già stato e desidera tuffarsi nuovamente tra le sue vie ed i suoi quartieri.

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Altrettanto bilanciata è la presenza, all’interno del racconto, di approfondimenti su Tokyo e sul Giappone, attinti dalla vasta conoscenza di Dario ed accompagnati dagli inconfondibili disegni di Tuono, che ancora una volta si mostra abilissimo nell’escogitare trovate grafiche perfettamente calzanti con il momento e l’argomento narrato.

Colori, forme, struttura delle tavole e innesti testuali concorrono in armonia a rendere su carta il palpitare della città e le emozioni dei due viaggiatori, la cui innegabile simpatia si intreccia con lo scorrere del viaggio e delle vicende che via via forniscono spunti per accurate e intriganti “pillole di nozioni”, spesso espresse nella forma di piccoli nuclei monografici di una tavola o due, che spaziano dalla storia antica del Giappone fino alla cultura pop contemporanea.

Nonostante ciò l’attenzione di Tuono e Dario non si fossilizza mai sul solo stilare un elenco dettagliato di “luoghi imperdibili da visitare”. Quel che conta in Big in Japan è offrire un biglietto di sola andata che porti ad immergersi nella capitale nipponica pagina dopo pagina, perdendosi tra le “stranezze” e le peculiarità di un mondo molto diverso da quello cui si è abituati e, per questo motivo, inevitabilmente affascinante.

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La Tokyo presentata dai due autori è spesso contraddittoria, a tratti quasi schizofrenica, sospesa tra tradizioni cui non si può rinunciare e modernità ultra-tecnologica, “sdoppiamento” che permette la convivenza contigua di realtà come altissimi grattacieli e piccoli hotel tradizionali senza secondo piano, in cui il legno è l’elemento principe.

Ma anche di ciò è fatto il fascino sfuggente di questa città irrequieta, in cui un attimo prima si è al centro di una enorme e trafficata strada e poco dopo si sbuca in un calmo vicolo con case e negozi tradizionali, in cui la caotica vita cittadina appare lontanissima.

Dario e Tuono, in modo encomiabile, non temono di raccontare con sincerità tutte le sue sfumature di Tokyo, guidati da vivo interesse (e vero e proprio affetto, nel caso di Dario) senza che ciò sfoci nell’ammirazione incondizionata.

Tokyo, come tutte le megalopoli, presenta varie criticità, a partire dalla difficoltà dei giovani nel trovare una stabilità economica ed “esistenziale” in una società spesso soffocante, fino ad arrivare alla solitaria vita dei salarymen, i tanti uomini d’affari che vivono solo in funzione del proprio lavoro e che, per tale motivo, non riescono a costruirsi né una famiglia né una vita al di fuori dell’ufficio.

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Tra le tante singolarità di questa città si trova ovviamente il cibo, che in Big In Japan riveste un ruolo di primaria importanza, tanto da giustificare la presenza di intere sequenze di splash pages dedicate ai vari snack che è possibile acquistare, commentati da Tuono e Dario.

Sebbene l’impostazione di stampo marcatamente comico di queste tavole riesca nell’intento di alleggerirle il più possibile, sfortunatamente risulta difficile evitare che queste spezzino leggermente il ritmo sostenuto della narrazione, anche se, a posteriori, si comprende quanto questi intermezzi fossero necessari alla buona riuscita della immersione nella quotidianità di Tokyo.

Lo stesso discorso può essere fatto per le pagine quasi didascaliche dedicate all’oggettistica e agli elementi appartenenti alla cultura nerd (fumetti, action figure, carte da gioco…), volutamente presentati su carta come se traboccassero dalla vetrina di un negozio a Shibuya.

A queste scelte stilistiche e narrative peculiari fa da contrappeso anche un altro elemento (decisamente importante per un libro), ossia la sensazione di essere ritornati da un viaggio a lettura conclusa, a testimonianza di quanto Big in Japan riesca a rapire e condurre in un mondo così lontano geograficamente ma che, a ben vedere, dista giusto una manciata di pagine.

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Lettore, videogiocatore, finto cinefilo e grande chiacchierone.

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