Inside Out

Il ritorno della Pixar in una pellicola pregna di sottotesti.

Voto:

La Pixar ci ha insegnato che animazione e sentimenti possono convivere all’interno della medesima pellicola, senza dover necessariamente scadere nel banale, mostrandoci inoltre come si possano costruire delle solide morali e renderle fondamenta dei cartoon stessi. Esempi lampanti sono stati i capolavori che nel corso degli anni sono stati partoriti dallo studio californiano, opere dense di sottotesti spazianti dall’amore per il diverso, al valore dell’amicizia, all’importanza della famiglia; piccole perle, entrate nella storia del cinema, spesso menzionate alla serata degli Oscar o vincitrici dell’ambita statuetta per il loro valore artistico e sociale, le pellicole della Pixar sono riconoscibili dalla loro alto qualità tecnica, dalla sapiente miscela di dramma e commedia e dall’introduzione in ognuna di esse di importanti morali che ne rendono opere degne di visione sia di bambini (capaci, come dimostrato dagli interessanti commenti ascoltati in sala, di anticipare mosse, sentimenti e parole dei protagonisti) che di adulti (molto più a loro agio nel percepire la grande mole di riferimenti psicologici utilizzati).

Inside Out non si allontana da queste caratteristiche basilari, una sorta di mantra della Pixar, una tavola dei comandamenti dalla quale è impossibile separarsi senza ridurre le possibilità di riconoscibilità del prodotto e di riconoscimento qualitativo. Per questo motivo anche in questa bellissima opera d’animazione la morale è il motore primo del film stesso, costituito da più parti meccaniche, tante quante sono le emozioni che la nostra mentre produce nel vivere quotidiano. L’intensa opera di ricerca riguardante l’organo che coordina la nostra vita emotiva, descritto come un labirinto scaffalizzato in cui si susseguono senza tregua orde di biglie variopinte costituenti i nostri ricordi, si rende nota nell’ottima caratterizzazione dei cinque personaggi cardine della storia, i controllori del centro di controllo emotivo situato nel nostro cervello: Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto.

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Le cinque emozioni, raffigurate ognuna con il proprio colore che ne caratterizza l’immediato riconoscimento da parte del pubblico più piccolo, sono il punto nevralgico dell’emotività di Riley, una ragazzina di undici anni la cui vita viene improvvisamente stravolta dall’inaspettato trasloco che la porta dall’amato Minnesota sino all’anonima San Francisco. Giunta in una casa spoglia e priva di vita, ravvivata unicamente dalla sua gioia e dall’affetto che da sempre la lega ai suoi genitori, la ragazza scopre poco alla volta, con l’aiuto delle sue emozioni, la sua nuova, forzata, esistenza mentre Gioia e Tristezza, le uniche due possibilità di rivalsa da quel luogo così ostile, sono confinate lontano dal centro di controllo ed impossibilitate ad aiutarla.

La visione di questo ennesimo, ottimo prodotto è allietata dal ritmico incedere degli avvenimenti, travolgenti lo spettatore alla stregua di un fiume in piena; tuttavia, men che nelle scorse pellicole, i sentimenti sembrano essere il punto focale della storia, lasciando spazio ad una narrazione quanto mai impegnata e densa di morale, una favola moderna in cui a trionfare sarà la piena consapevolezza, da parte delle piccole ma importanti protagoniste, del periodo di transizione in cui si trova a vivere Riley. La famiglia, troppo impegnata nel trasloco, sembra quasi non far caso alla trasformazione cui si sta sottoponendo la piccola Riley, simboleggiata in Inside Out dalla progressiva distruzione delle isole mentali da lei create in tenera età, costringendo la piccola ad agire di conseguenza.

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Up era la perfezione, congiuntamente a lavori come Monsters&Co, la saga di Toy Story e Alla ricerca di Nemo (attendiamo trepidanti il seguito, Finding Dory), Ratatouille la rasentava, Inside Out paga il pegno di giungere dopo queste perle e, forse, essere troppo aderente alla realtà rispetto ai suoi predecessori. Così aderente da permettere ad ogni spettatore di rivedersi nella carambola di atteggiamenti adolescenziali della protagonista, prenderne consapevolezza ed averne quasi paura. Può una pellicola d’animazione descrivere così accuratamente, pur se trasposti nella metafora dei simpatici Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura, i sentimenti che affollano quotidianamente le nostre giornate? Quale stregoneria è mai questa?

Non è stregoneria. È maestria. È magia. La magia della Pixar. Una casa di produzione che ci accompagna nella visione di Inside Out con uno dei più bei cortometraggi da lei prodotto, quel capolavoro che è Lava, un moderno musical animato in cui nemmeno un uso forsennato delle dissolvenze può rovinare la sapienza tecnica ed emozionale con cui viene descritta la tormentata storia d’amore tra due vulcani. Da rimanere senza parole.




Fulcho Articoli
Cinefilia o cinofilia? Non ancora riesco a distinguere. So solo che amo il cinema, con tutto me stesso e non posso vivere senza. Toglietemi tutto, ma non la mia pellicola.

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