Drive-Away Dolls, la commedia on the road di Ethan Coen

drive away dolls recensione

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Sono passati 6 anni ormai da La ballata di Buster Scruggs, l’ultima opera alla quale i fratelli Coen hanno collaborato insieme prima di intraprendere le rispettive carriere soliste. Nel 2021 infatti è uscito The Tragedy of Macbeth di Joel Coen, seguito poi dal documentario del 2022 Jerry Lee Lewis: Trouble in Mind, del fratello Ethan, che ora prosegue la sua filmografia in solitaria proprio con questo Drive-Away Dolls, scritto in collaborazione con la moglie Tricia Cooke.

Il film è ambientato nel 1999, in una cittadina dell’America settentrionale, dove Jamie (Margaret Qualley) convive con la sua amante Sukie (Beanie Feldstein) nonostante il loro rapporto traballante. La continua infedeltà di Jamie infatti causa costantemente dissidi, essendo lei uno spirito libero sempre in cerca di nuove esperienze nei “locali per lesbiche”. Quando Sukie decide di sbatterla fuori casa, Jamie si rifugia da Marian (Geraldine Viswanathan), una sua amica dal carattere totalmente opposto: rigida, molto impegnata lavorativamente, ma per questo anche frustrata. Dal momento che Marian, per staccare dalla routine lavorativa, decide di andare a trovare una sua zia a Tallahassee, Florida, Jamie la convince ad andare insieme e usare un servizio di Drive-Away, ovvero l’affitto di un’auto fino a determinate città, dove si farà il cambio con un’altra e così via fino alla destinazione finale.

drive away dolls personaggi

Tutto dovrebbe procedere tranquillamente, se non fosse che quando si recano al Curlie’s Drive-Away il proprietario Curlie (Bill Camp) le scambia per altre persone (sempre dirette a Tallahassee), consegnando loro un’auto contenente una misteriosa valigetta che le due inizialmente non notano. Questo equivoco scatenerà l’ira dei malfattori a cui era destinata l’automobile, il cui “comandante” (Colman Domingo), una volta recatosi da Curlie con i suoi due scagnozzi, metterà questi ultimi alla ricerca delle ragazze per recuperare il prezioso contenuto della valigetta. Da questo incipit si svilupperà la storia, che si esaurisce in poco più di 1 ora e 20 minuti: una durata più che giusta per una commedia il cui solo scopo è fornire un po’ di svago.

Se nel Macbeth di Joel infatti avevamo visto l’estremizzazione del lato oscuro e serio del cinema dei Coen, nel film di Ethan troviamo l’estremizzazione opposta, quella della commedia volutamente autoironica e consapevole di esserlo. Non mancano echi de Il Grande Lebowski e Ave, Cesare!, anche se la divisione non è comunque così netta, essendoci evidenti somiglianze anche tra i due killer di Fargo e i due scagnozzi del comandante. Il film non si prende mai un attimo sul serio, e tra attori in palese overacting, accenti marcatissimi, transizioni recuperate da Windows Movie Maker e intermezzi psichedelici degni dei migliori video per i punteggi del bowling, l’opera mantiene un tono parodico per l’intera durata, facendo già intuire dalle prime battute dei personaggi quale sia il suo intento. Il problema principale sta nel fatto che, nonostante questa autocoscienza, il tutto si riduca a una banale commedia degli equivoci, dove la comicità distintiva dei Coen emerge solo in qualche breve battuta.

drive away dolls protagoniste

Uno degli elementi che (almeno per me) rende Il Grande Lebowski un capolavoro della comicità, è proprio la sottigliezza di alcune battute combinata alla messa in scena completamente seria, come se la storia non presentasse alcun tipo di assurdità, portando a un cortocircuito esilarante ogni volta che i personaggi invece si comportano da idioti. Drive-Away Dolls al contrario spinge l’acceleratore sull’essere esplicito (nel linguaggio, nella rappresentazione del sesso) in questa costruzione surreale del mondo di Jamie e Marian, dove però ad ogni nuovo incontro del loro viaggio la prevedibilità e la banalità delle situazioni farà venire a noia l’intera vicenda. Lo spettatore viene progressivamente anestetizzato anche nei confronti delle battute più divertenti, non essendoci mai un momento di respiro dal kitsch più puro, tra inquadrature sghembe e incidenti diplomatici causati da dildi.

Se da una parte si può apprezzare l’intento di abbracciare completamente un’estetica – quella della cultura LGBT di fine anni ’90 inizio 2000 – dall’altra l’intera operazione pare fin troppo costruita a tavolino, non perché si segua un qualche filone, ma proprio perché viene reso tutto fin troppo palese allo spettatore. Un eccesso di coscienza che fa passare il film dalla genialità di sapersi prendere in giro da solo, alla banalità del cattivo gusto prolungato per fin troppo tempo. Non bastano i divertenti camei di Pedro Pascal e Matt Damon a risollevare un progetto che sulla carta poteva sembrare più interessante, ma a cui purtroppo lo scadere in determinati eccessi della messa in scena ha completamente tagliato le gambe prima del traguardo.

In ogni caso non si tratta di un film orribile, solo mediocre, specialmente considerando l’illustre carriera del suo autore, che anche nei film più scanzonati è sempre riuscito (insieme al fratello) a inserire qualche sottotesto o riflessione più approfondita. Drive-Away Dolls rinuncia coscientemente alla sostanza per essere pura forma, ma questa continua rimozione cosciente finisce solo per generare un film sul cattivo gusto involontariamente di cattivo gusto, ma soprattutto memorabile per i motivi sbagliati.

Un ringraziamento speciale a Universal Pictures Italia




Lorexio Articoli
Professare l'eclettismo in un mondo così selettivo risulta particolarmente difficile, ma tentar non nuoce. Qualsiasi medium "nerd" è passato tra le sue mani, e pur avendo delle preferenze, cerca di analizzare tutto quello che gli capita attorno. Non è detto che sia sempre così accurato però.

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