Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere – stagione 1

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Si è da poco conclusa con l’uscita dell’ottavo episodio la prima stagione de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, l’attesissima serie Prime Video ispirata alle opere di J.R.R. Tolkien. La storia è ambientata migliaia di anni prima rispetto a Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, durante le fasi finali della Seconda Era della Terra di Mezzo, nella quale furono creati gli Anelli e si assistette all’ascesa e alla caduta di Sauron. Ne fa parte anche la storia del Regno di Númenor, che infatti compare nella serie.

Oltre che alle grandi imprese di Elfi, Nani e Uomini, assistiamo alle vicende che caratterizzano la vita della razza dei Pelopiedi, antenati dei più famosi Hobbit. Questi ci vengono presentati come un popolo di nomadi, e la loro caratterizzazione è ricca di spunti: sarà interessante vedere in che modo si giungerà agli Hobbit che tutti conosciamo, stanziali e tutt’altro che favorevoli ad avventure che potrebbero sconvolgere le loro vite. Tra i Pelopiedi spicca la giovane Nori Brandipiede, talmente curiosa da avere una forte tendenza a mettersi nei guai. Sarà proprio a causa di questa sua particolare attitudine che verrà in contatto con uno strano rappresentante della Gente Alta, un “Gigante” caduto dal cielo, incapace di parlare la lingua comune e dotato di straordinari poteri.

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Protagonista indiscussa della serie è sicuramente la giovane Galadriel interpretata da Morfydd Clark, molto diversa da quella a cui siamo abituati: impulsiva, caparbia e avvelenata dal desiderio di vendetta. Sono proprio queste caratteristiche ad attenuare la sua natura elfica, che altrimenti avrebbe reso difficile, per il pubblico, immedesimarsi in lei. Quando ci viene presentata nel primo episodio, Galadriel è distante, antipatica, focalizzata solo su sé stessa e sul raggiungimento del proprio obiettivo. Grazie alle prove che dovrà affrontare nel corso degli episodi e alla crisi rappresentata dal sicuro ritorno di Sauron nella Terra di Mezzo, il personaggio acquisisce caratteri più umani, imparando a interagire con gli altri da pari a pari. Emblematica di questa trasformazione è l’amicizia che sembra nascere tra lei e Theo, ragazzino umano che si strugge per i propri errori commessi: grazie al dialogo tra i due, sembra che Galadriel perdoni sé stessa esortando il ragazzo a fare altrettanto. Quando Galadriel rientra a casa, dal suo popolo, è finalmente pronta a lasciar andare il suo dolore e aprirsi a ciò che ancora può avvenire nella sua vita.

Altro personaggio dei libri che ritroviamo nella serie è un giovane Elrond (Robert Aramayo), presentato come un sottile uomo politico al servizio dell’Alto Re degli Elfi Gil-Galad. Elrond verrà incaricato di svolgere una delicata missione diplomatica presso Khazad-dûm (Moria), all’epoca governata da Durin III e in procinto di sconvolgere la Terra di Mezzo con la grande scoperta di un nuovo metallo. Il suo viaggio nelle miniere naniche sarà d’aiuto al celebre fabbro Celebrimbor per la realizzazione dei suoi manufatti migliori. L’interpretazione pacata e gioviale che mette in scena Aramayo lo rende molto più rispondente alle descrizioni dei libri rispetto a quanto fatto nell’adattamento di Peter Jackson, ma per il momento Elrond rimane molto ai margini della storia, lasciando lo spettatore a bocca asciutta. Peccato anche per l’occasione sprecata di far uscire il popolo dei Nani dal ruolo di “macchiette” della Terra di Mezzo: non bastavano già gli Hobbit?

gli anelli del potere galadriel

Per quanto riguarda gli uomini, invece, grande spazio è riservato a Númenor e alle sue vicende. Lascia perplessi la comparsa di Elendil e Isildur in questa prima stagione, piuttosto marginale e buttata lì per strizzare l’occhio allo spettatore. Piuttosto insipido anche Halbrand, proveniente dalle Terre del Sud e in cerca di un nuovo inizio: nonostante il suo ruolo centrale nella storia, è un personaggio troppo stereotipato per accattivarsi l’interesse di chi guarda.

Il personaggio più interessante, però, è probabilmente Adar (Joseph Mawle), elfo caduto a capo degli orchi. La sua grande ambizione è quella di trovare una patria per il suo popolo, a costo di rendere schiavi o sterminare coloro che si frappongono fra lui e il suo obiettivo. Sarà proprio l’incontro-scontro con questo personaggio a rappresentare il punto di svolta per la trasformazione di Galadriel. La speranza è che Adar trovi posto nelle stagioni successive e che mantenga questa sua caratterizzazione, abbastanza inedita per lettori e spettatori, in quanto gli orchi vengono poco approfonditi nell’universo tolkeniano, forse a causa della loro natura di schiavi dell’Oscuro Signore. Adar riesce ad andare oltre lo stereotipo e a rappresentare, sinora, il personaggio meglio riuscito della serie.

gli anelli del potere adar

Da menzionare è anche l’attenzione riservata ai costumi e al make-up: da questo punto di vista Gli Anelli del Potere sembra essere il degno erede della trilogia jacksoniana, molto più di quanto non abbia saputo fare Lo Hobbit. A tal proposito, particolarmente degna di nota è la resa estetica degli orchi, molto meno appesantiti dall’uso massiccio della CGI e pertanto più in linea con gli standard a cui ci aveva abituato Il Signore degli Anelli.

In generale, la sensazione che si ha durante la visione della serie è che manchi un po’ di conflitto tra i personaggi e nell’animo dei personaggi stessi: va sempre tutto liscio, come è previsto che vada. Il sospetto è che gli sceneggiatori si siano un po’ adagiati sul fatto che la maggior parte degli spettatori sa già come andrà a finire la storia, e che non si siano impegnati per rendere più avvincente la trama. Anche gli episodi inventati di sana pianta aggiungono poco, perché sappiamo già che, almeno per quanto riguarda i personaggi canon, in qualche modo riusciranno a cavarsela.

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Tuttavia dalla visione complessiva di questa stagione emerge un grande rispetto per la materia trattata: si tratta di un prodotto che si inserisce in continuità con il lavoro di Peter Jackson dal punto di vista delle atmosfere e della caratterizzazione dei personaggi, e ritroviamo le tematiche e i motivi che rendono Il Signore degli Anelli un caposaldo della lettura fantastica. La pretesa di fedeltà alle fonti è forse anche una debolezza della serie, che ha impedito di fare scelte davvero radicali. Ciò è particolarmente vero se si pensa alle polemiche che aveva scatenato la prospettiva di avere personaggi principali neri nell’universo tolkeniano, che invece li relega al ruolo di una massa informe di antagonisti. Come poi si è visto, l’inserimento di personaggi neri è stato molto armonico, e forse poco coraggioso: si tratta di personaggi in realtà secondari, che compaiono poco a schermo e che non hanno un ruolo determinante nella trama. La maggiore varietà si ha nella schiera di comparse, principalmente tra Hobbit e Uomini. Gli Elfi rimangono le solite creature candide ed eteree a cui Peter Jackson ci aveva abituato.

Allo stato attuale è ancora difficile dare un giudizio perentorio alle serie in sé, dal momento che quanto visto finora è a tutti gli effetti un imponente prologo della durata di quasi dieci ore, durante il quale vengono presentati i personaggi principali e si strizza l’occhio allo spettatore con la promessa di sviluppi futuri. Il grosso degli eventi si svolge nelle ultime tre puntate, portando a chiedersi se sia stato davvero necessario tirarla così tanto per le lunghe. La speranza è che nelle stagioni successive, già pianificate da Amazon, gli sceneggiatori decidano di razionalizzare meglio i tempi e di portare in scena qualcosa di davvero avvincente.

Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere rimane un buon prodotto di intrattenimento, che ha un po’ tradito l’hype suscitato prima del debutto. Il potenziale è elevato, e la serie è in grado di riportarci quelle atmosfere che tanto avevamo amato nella trilogia di Jackson. Le vette altissime raggiunte negli ultimi tre episodi valgono l’attesa di un preambolo così lungo, se la storia continuerà sui binari giusti.




Haydée Articoli
Sono essenzialmente un topo di biblioteca, ma mi sono appassionata al cinema all'università. Onnivora, ma solo per quanto riguarda l'arte.

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