American Born Chinese, una graphic novel sull’identità asioamericana

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Gene Luen Yang è un autore molto prolifico che, soprattutto nell’ultimo decennio, ha dato numerosi contributi al mondo del fumetto su testate come Shang-chi e New Super-Man, nonché sulle graphic novel di Avatar: The Last Airbender, per le quali è maggiormente conosciuto. Complice il suo background di figlio di immigrati originari di Taiwan, Yang è stato attratto dal mondo dei fumetti fin dalla tenera età e ne ha riconosciuto molto presto il potenziale per esplorare tematiche complesse e sfaccettate come quella dell’identità asioamericana, una realtà che lo tocca in prima persona.

Pubblicato per la prima volta nel 2006, American Born Chinese nasce dal desiderio di sperimentare con il medium eclettico del fumetto per creare un’opera nella quale affrontare la questione della “doppia” identità a 360°, attingendo sia alla propria esperienza personale, che agli stereotipi e al folclore cinese. Finalista al National Book Award e vincitore del Michael L. Printz Award, American Born Chinese è arrivato finalmente in Italia in una bellissima edizione con copertina rigida firmata Tunué e tradotta da Omar Martini.

American Born Chinese Jin Wang

Le due fonti principali dalle quali American Born Chinese trae ispirazione sono gli stereotipi nati nel clima politico della seconda metà del 1800 ed il personaggio letterario del Re Scimmiotto. Quest’ultimo affonda le proprie radici nelle più antiche leggende cinesi, ma trova la sua rappresentazione più nota nell’opera letteraria Il viaggio in occidente, scritta da Wu Chang’en. Sebbene Yang intervenga con alcune modifiche, ritroviamo intatte anche in American Born Chinese le caratteristiche principali del Re Scimmiotto: la leggenda vuole che questo personaggio nasca da una pietra, apprenda, con le sua strabilianti capacità, le arti marziali e addirittura il segreto dell’immortalità, diventando a tutti gli effetti una divinità. Eppure, le altre divinità continuano a trattarlo come una semplice scimmia, rifiutandone la compagnia e ostentando, in sua presenza, superiorità e condiscendenza, non ritenendolo mai all’altezza, indipendentemente dai traguardi incredibili che raggiunge.

Facendo leva sul personaggio fantastico del Re Scimmiotto, Yang esplora le macchinose implicazioni legate ai tentativi di adattarsi e mescolarsi alla massa, nonché i sentimenti di vergogna e inadeguatezza che ci attanagliano quando le nostre peculiarità e potenzialità vengono ridicolizzate e schiacciate sotto al peso del pregiudizio. La storia del saggio e potente scimmiotto funge da specchio dell’esperienza del protagonista di American Born Chinese, Jin Wang, un ragazzino nato da immigrati cinesi che desidera più di ogni altra cosa essere come tutti gli altri.

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Per quanto concerne, invece, il quadro storico al quale Yang si rifà, dobbiamo ricordare che fu soprattutto durante il periodo della corsa all’oro californiana, iniziato nel 1848 circa, che ondate di immigrati cinesi raggiunsero gli Stati Uniti. L’animosità nei loro confronti non tardò ad arrivare, sfociando in parentesi oscure come i massacri dei minatori cinesi ed il Chinese Exclusion Act del 1882, che arrivò a vietare quasi del tutto l’immigrazione di individui provenienti dalla Cina.

Il timore del “pericolo giallo” però non si limitava all’ambito lavorativo e abbracciava, soprattutto, la paura che la mera presenza di asiatici sul suolo americano potesse minacciare la “purezza” della cultura occidentale. L’immagine che all’epoca incarnava lo stereotipo cinese per eccellenza, fatto di lineamenti esageratamente marcati, abiti tradizionali cinesi e una padronanza della lingua pressappoco inesistente, è proprio quella a cui Yang attinge per creare il personaggio di Chin-Kee, cugino del protagonista, che racchiude in sé quella miscela di tratti negativi esasperati che tuttora persiste nell’immaginario comune.

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Costantemente dilaniato dal suo desiderio di essere identico ai suoi compagni di scuola bianchi, e spesso imbarazzato dal cugino Chin-Kee, che rappresenta tutti gli stereotipi negativi che teme che i compagni di scuola vedano in lui, Jin Wang è costretto ad affrontare un profondo percorso di crescita che lo pone davanti a scelte importanti. A rendere ostico il suo cammino vi è da un lato la sua cotta per una ragazza “americanissima” e, dall’altro, il paragonarsi incessante al suo alter ego Danny, ragazzo bianco, biondo, alto e affascinante, che tutti guardano con ammirazione.

Il precario equilibrio della coesistenza di due identità, quella americana e quella cinese, si accompagna a un senso di inadeguatezza in cui ogni lettore potrà, in una certa misura, rivedere sé stesso, soprattutto nel periodo dell’esperienza scolastica. Le tre storie, da un lato quella del Re Scimmiotto, dall’altro l’imbarazzante cugino Chin-Kee e, infine, il timido e solitario protagonista Jin Wang, si intrecciano fino a convergere in una rivelazione inaspettata, che rende il cammino del protagonista una storia in cui tutti possono identificarsi, indipendentemente dal proprio background.

Con un impeccabile equilibrio fra umorismo, ritmo dinamico, e tematiche importanti, American Born Chinese è un’opera brillante che consiglio non solo a chi voglia approfondire la letteratura asioamericana, e l’esperienza dell’infanzia e della crescita dal punto di vista di un figlio di immigrati, ma a chiunque voglia immergersi in una storia divertente, toccante, coinvolgente e ricca di elementi fantastici. Nella nostra società dominata dall’uso convulso dei social media, con l’assiduo paragonarsi agli altri che ne consegue, una lettura come questa è quanto mai importante e ricca di spunti di riflessione.

Un ringraziamento speciale a Tunué




Melancoliae Articoli
Una traduttrice made in Italy appassionata di videogiochi (in particolare j-rpg), fumetti (Bonelli, americani e giapponesi), anime, letteratura fantasy e sci-fi e serie tv.

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