The Sandman, la serie Netflix è tutt’altro che un incubo

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Esiste un mondo indissolubilmente legato a quello degli uomini, ma situato altrove nello spazio e nel tempo. Spesso non ne conserviamo alcuna memoria ma, altre volte, il vissuto in questo bizzarro reame governato da regole del tutto diverse dal mondo in cui ci muoviamo ad occhi aperti si insinua con prepotenza nelle nostre vite, influenzando il nostro cammino: è il regno di Sogno (Morfeo), l’Eterno incaricato di governare la dimensione onirica.

Uno dei molteplici nomi coi quali gli esseri umani hanno chiamato quest’entità nel corso della storia è Sandman, che dà il titolo alla celebre serie a fumetti di Neil Gaiman, pubblicata per la prima volta nel 1989 da DC Comics. Quest’opera rivoluzionaria ha avuto un’incredibile eco nel mondo del fumetto, e non nego i miei sentimenti contrasti nel venire a scoprire che Netflix stesse lavorando a un adattamento dei primi due volumi, Preludi a notturni e Casa di bambola (in inglese rispettivamente Preludes & Nocturnes e The Doll’s House).

I lettori più affezionati avranno, come me, tirato un sospiro di sollievo alla notizia della partecipazione attiva nella realizzazione della serie, nonché nella scelta del cast, dello stesso Gaiman (autore di successo conosciuto anche per romanzi come American Gods, Coraline e Stardust), ma ciò non ha smorzato i timori di tutti coloro che sono rimasti incantanti dalla lettura di Sandman e che si domandavano se si potesse rendere giustizia ad un’opera così complessa.

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Descrivere Sandman è un compito arduo ma, riprendendo le parole dello stesso Gaiman nella sua raccolta di saggi The View from the Cheap Seats, si tratta innanzitutto di un tentativo di creare una nuova mitologia che, attingendo alle più antiche tradizioni e credenze, risultasse il più credibile e “naturale” possibile: da qui sono nati gli Eterni, una famiglia di esseri senza tempo in cui ogni componente incarna un aspetto della vita degli esseri umani, distinguendosi inoltre l’uno dall’altro per la spiccata personalità. Nello specifico, si tratta di Sogno, Morte, Desiderio, Disperazione, Destino, Distruzione e Delirio.

L’iconico protagonista della serie è Morfeo, il silenzioso e criptico sovrano del regno onirico, interpretato magnificamente da un Tom Sturridge che, complice l’outfit rigorosamente nero che i lettori ricorderanno bene, rievoca perfettamente il Morfeo dei fumetti. La vicenda ha inizio nel 1916, quando Morfeo viene accidentalmente imprigionato da Burgess, un negromante a capo di una setta di stregoni, che gli sottrae tre strumenti essenziali: un sacchetto contenente della sabbia, un rubino e un elmo. A partire da questo evento, si diramano in una gigantesca rete numerose storyline apparentemente sconnesse, che ci svelano una moltitudine di personaggi memorabili.

Parlare di “protagonista” nell’universo di Sandman è forse inappropriato: lungi dall’essere un eroe che domina la scena, portando avanti epiche battaglie, Morfeo si muove silenzioso nel suo regno, cercando di arginare i gravi danni che l’hanno colpito, ma è spesso un mero osservatore delle esistenze degli esseri umani, che oscillano fra la vita “reale” e quella altrettanto importante che vivono quando scivolano nel sonno.

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Un concetto essenziale dell’universo di Sandman è la dimensione narrativa e, in particolare, l’importanza che le storie rivestono nella nostra esistenza, non in ultimo per la loro funzione salvifica. Questo aspetto è stato fortunatamente toccato nel corso della serie, per la gioia dei fan più affezionati. Possiamo rintracciare questo intento di Neil Gaiman soprattutto nei primi episodi che, sebbene più lenti e meno coinvolgenti rispetto ai successivi, sono necessari a porre le basi per la struttura della serie, fornendoci informazioni essenziali circa la lunga storia del regno del sonno e il rapporto travagliato di Morfeo coi suoi fratelli e sorelle.

Il focus principale della serie però resta sulle persone comuni, travolte da eventi al di fuori del loro controllo, ignare vittime o causa stessa di incrinature nel regno del sonno. The Sandman è un’opera che celebra le persone ai margini della società, quelle che così di rado sono sotto ai riflettori. Non a caso, Morfeo è anche il principe delle storie, un titolo per cui Gaiman si è lasciato ispirare dalla canzone I’m Set Free dei Velvet Underground (“I’ve been blinded but now I can see/ What in the world has happened to me?/ The prince of stories who walked right by me“). La rosa di personaggi di Sandman, così variegata e stupefacente, fu uno degli aspetti più rivoluzionari al momento della sua pubblicazione e la serie ha il merito di aver tramutato in carne ed ossa dei personaggi indimenticabili.

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L’adattamento Netflix è piuttosto fedele agli eventi del fumetto e, nonostante le limitazioni intrinseche al medium e alcuni cambiamenti (come la sostituzione dell’amatissimo personaggio di John Constantine con quello di Johanna Constantine, interpretata da Jenna Coleman), non manca di darci un assaggio di alcune delle peculiari innovazioni di Gaiman, in particolare miti di sua invenzione (ispirati alla mitologia norrena e, ancora, alle tradizioni giapponesi ed egiziane), così ben costruiti da venire percepiti come realistici e capaci di sfidare la sospensione dell’incredulità.

Gaiman ha attinto anche alla tradizione cristiana e ne è un esempio il personaggio di Lucifer, con un’interpretazione magnifica di Gwendoline Christie. Per questo emblematico e importante nemico di Morfeo, Gaiman si ispirò alla figura dell’angelo caduto e, in particolare, all’interpretazione di Milton. L’ambientazione magistralmente creata nei fumetti, e riportata sullo schermo, è talmente solida e coerente da non perdere di credibilità neppure con l’aggiunta di figure magiche come le fate (che non vediamo, però, in questa prima stagione).

La fascinazione di Neil Gaiman per i miti prende vita sullo schermo e ne emerge, a mio avviso in modo efficace, il connubio perfetto fra elementi magici e sovrannaturali. Questi sono incarnati da personaggi potenti e imperituri come lo stesso Morfeo, e gli esseri umani più variegati, dalla mendicante Hattie la matta, a un assassino folle in fuga, fino a ladri specializzati, prostitute, drag queen e bizzarre collezioniste di ragni, ognuno dei quali cerca a suo modo di fare chiarezza sul senso del mondo che abitano nelle ore di veglia, per poi esperire un mondo altro nei sogni. Del resto, trascorriamo nel regno di Morfeo un terzo della nostra vita, e questo lungo tempo non può che avere un grande impatto nelle nostre esistenze.

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Nella consapevolezza che la sua stessa esistenza sia strettamente legata a quella degli umani, Morfeo tenta di mantenere una certa distanza dai deboli ed effimeri individui della razza umana, ma finisce comunque per subirne il fascino, al punto da sperimentare con le loro fragili vite per ottenere risposte a domande come: “quale sarebbe la reazione di un uomo comune di fronte al dono dell’immortalità?” Mentre Morfeo si muove nel suo reame, popolato da esseri fantastici come gargoyle, nonché da figure a noi note come Caino e Abele (interpretati rispettivamente da Sanjeev Bhaskar e Asim Chaudhry), entriamo pian piano nelle vite di esseri umani apparentemente avulsi dalle vicende che coinvolgono gli Eterni.

Uno dei personaggi in assoluto più amati nell’universo di Sandman è Morte, una delle sorelle di Morfeo, che gli amanti del fumetto ricorderanno rappresentata come una vivace e dolce sedicenne in abiti goth. Il contrasto fra la figura di questa tenera e gioviale ragazzina e il suo incarico di comunicare agli esseri umani che la loro vita è giunta al termine, è al contempo sconcertante e rassicurante. Nonostante le differenze in termini di look, l’ottima interpretazione di Kirby Howell-Baptiste non deluderà i fan e sarà proprio una scena che vede protagonisti questi due Eterni a lasciare il segno nei cuori degli spettatori.

Il cast della serie Netflix è del resto stellare: degne di nota sono anche le interpretazioni della giovane e talentuosa Vanesu Samunyai nella parte di Rose Walker, e di un impeccabile David Thewlis nel ruolo di John Dee. Il personaggio di John Dee tra l’altro non è il solo ad avere implicazioni molto cupe: la serie non manca di mostrarci i lati più torbidi dell’umanità attraverso scene molto crude, che coinvolgono in particolare il personaggio del Corinzio, l’incubo sfuggito al controllo di Morfeo, interpretato da Boyd Holbrook.

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“It always ends. That’s what gives it value.” – Death

Sandman dischiude le porte sul mondo dei sogni con la premessa di un universo bizzarro e stupefacente, ma non fatevi ingannare: il reame onirico non è affatto scollegato da quello in cui ci muoviamo durante la veglia, ed esercita anzi un’influenza dalla potenza strabiliante. La bellezza di luoghi straordinari che non incontreremmo mai nel mondo “reale” non è fine a sé stessa né mera immaginazione: il sogno è il motore alla base di ogni nostra azione e scelta, e abbraccia tutto ciò che ci rende umani, sfidandone i confini.

Guardare la serie dopo aver letto i fumetti da cui è tratta è sicuramente un’esperienza ben diversa dallo scoprire questo universo per la prima volta: alcune deviazioni dalla trama e, in particolare, l’omissione di John Constantine, potrebbero far storcere il naso agli appassionati, ma l’adattamento resta comunque un prodotto molto valido. Non mancano momenti piuttosto lenti, soprattutto nei primi episodi, e non sempre l’atmosfera cupa e peculiare dell’opera originale viene resa al meglio. Ho trovato, infine, uno sbilanciamento nel peso dato al personaggio di Morfeo che, in alcuni momenti, avrebbe funzionato più efficacemente in veste di semplice osservatore. La visione dell’adattamento Netflix resta comunque coinvolgente e piacevole, e l’interpretazione brillante del cast è uno dei maggiori punti di forza della serie.

Un ringraziamento speciale a Netflix




Melancoliae Articoli
Una traduttrice made in Italy appassionata di videogiochi (in particolare j-rpg), fumetti (Bonelli, americani e giapponesi), anime, letteratura fantasy e sci-fi e serie tv.

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