The Nice Guys

Voto:

Il cinema d’azione fronteggia spesso una povertà di idee disarmante, un’incredibile aridità artistica che impedisce, di fatto, la proliferazione del benché minimo spunto di originalità o che possa giustificare un guizzo autoriale, pur di minima portata. Costantemente ancorati ad un conservatorismo deleterio per il genere, ci si barcamena in un mare di istinti superomistici in cui i protagonisti di tali pellicole sono costretti ad immergersi, assurgendo a paladini di strutture frivole e, talvolta, perfino anti-commerciali. L’action è in prima istanza divertimento e la ripetitività degli standard qualitativi tende ad uniformare e banalizzare, comportando una cancrena che si espande, un contagio la cui proliferazione sembra inarrestabile. Ad amputare, porre fine a questa cancrena ci pensa Shane Black, abile chirurgo di tale genere che in The Nice Guys giunge alla piena maturazione del proprio stile, riuscendo nell’impensabile impresa di riuscire a coniugare una inconsueta freschezza all’ironia di cui ama marchiare le proprie opere, destrutturando i canoni filmici del cinema d’adrenalina, ingoiandoli, rimasticandoli e risputandoli, creando una nuova base sulla quale poter intraprendere un nuovo cammino. Forte della propria esperienza maturata sul set di Kiss Kiss Bang Bang, film la cui struttura è riutilizzata all’interno del processo creativo messo in atto nella realizzazione del nuovo lavoro di Black, il regista si lancia in questa avventura sicuro di sé, con le spalle ben coperte dalla felice scoperta maturata nel passato. Humour ed azione possono convivere, e brillantemente ci è stato dimostrato nella sua filmografia, ma mai come in questo caso risultano un connubio così inscindibile, così intrinsecamente necessario.

Lo sfondo sul quale si muove la vicenda narrata è quello della Los Angeles degli anni ’70, un periodo particolarmente vivace e ricco in creatività, momento storico perfetto per l’attività investigativa, più o meno fortunata, svolta da Holland March (Ryan Gosling), un padre pacato e costantemente alla ricerca di nuovi casi, disposto ad accettare anche ciò che andrebbe contro la normale etica o logica, in special modo casi già risolti in partenza. Sulla sua strada incontra Jackson Healy, un corpulento Russell Crowe, il cui unico scopo nella vita sembra essere quello di guadagnarsi da vivere spezzando braccia previo pagamento, indipendentemente dai dati anagrafici della vittima e del mandatario. Indagando in comune sul caso dell’omicidio di una nota pornostar, i due si ritroveranno loro malgrado coinvolti in un assurdo ed arzigogolato complotto dal quale dovranno far presto ad uscire.

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La particolarità di The Nice Guys, che risulta anche il suo punto di forza e il perno attorno al quale far muovere i due protagonisti, mai sopra le righe e sempre lontani dalla possibile deriva macchiettistica, risulta essere la strabordante ironia di cui è impregnato fino al midollo. Marchiare un’opera con tale particolare fervore comico potrebbe svantaggiarla e trascinare l’intera compagine verso una drammatica conclusione, un’apologia del demenziale degna dei peggiori titoli seguaci del filone parodistico inaugurato dal caposaldo Scary Movie; eppure qui ci troviamo in tutt’altro territorio, ci allontaniamo con decisione da tali pellicole e ci avviamo verso un sentiero che sembrerebbe volerci accogliere a braccia aperte nella sua follia, lasciandoci immergere in un mondo creato da Black davvero unico nel suo genere. Critiche positive sono piovute a iosa su The Nice Guys, ed i meriti vanno ascritti alla coralità dei componenti della troupe, tutti a loro modo perfettamente calati nei propri ruoli e adeguati nel proprio mestiere, capaci di dimostrare come il cinema hollywoodiano possa ancora permettersi il lusso di gigioneggiare allegramente evitando la caduta nel trash, allontanarsi dai binari del politicamente corretto e riuscire nella non facile impresa di non scivolare nel burrone del cattivo gusto. Il regista sa bene cosa cucinare al proprio pubblico e conosce a perfezione la modalità di servizio, imbandisce una pellicola ordinata nel suo incedere ritmico piuttosto veloce, aiutato da un montaggio che valorizza l’azione ed evita i tempi morti altrimenti lesivi in tali operazioni. Nice2

L’ex gladiatore, imbolsitosi negli ultimi tempi, catalizza l’attenzione sul proprio personaggio, pur costretto nel proprio ruolo ad una limitatezza espressiva antitetica rispetto a quella spettante al suo compagno, captandone gli immediatamente venturi movimenti e gesti, imbastendo un duello comico in cui non vengono risparmiati colpi e l’unico a rimanerne colpito, in positivo, è lo spettatore. Gag nel retroscena si affastellano senza sosta, pur evitando l’inflazionamento, e si dimostrano un ottimo sfondo sul quale far muovere i due personaggi ed i loro personaggi di contorno, poco incisivi, eccezion fatta per Angourie Rice, il cui talento necessitava di un costruzione maggiormente attenta nella sceneggiatura rispetto al, quasi avido in minutaggio, ruolo destinato all’iconica Kim Basinger, ennesimo specchietto per le allodole riciclato per un piccolo ruolo, pur necessario all’interno dell’intreccio filmico.

Continuamente in bilico sulla linea della perfezione, non crolla mai drasticamente di qualità e mantiene sempre alta l’asticella, regalandoci perle di sceneggiatura come la scena dell’ascensore in hotel, la quale da sola è in grado di mostrare ciò che Shane Black è in grado di portare sullo schermo. Pochi effetti, tantissima cura nei dettagli (soprattutto in scenografia e fotografia, utilissimi a ricreare quell’atmosfera da anni settanta che il film ricerca) e molta passione, sono questi i punti cardine di un action che intrattiene costantemente sia sul versante adrenalinico, che tende a rarefarsi nel corso della narrazione, sia su quello comico, che trova solido appoggio su un duo attoriale senza precedenti, diretto con abile maestria in ogni suo passaggio. E’ di film come questo che il cinema avrebbe bisogno più spesso, lasciandosi dietro il passato e guardando attraverso questo spiraglio aperto da Black nel genere, in grado, si spera, di fare proseliti numerosi, magari anche nel Belpaese.




Fulcho Articoli
Cinefilia o cinofilia? Non ancora riesco a distinguere. So solo che amo il cinema, con tutto me stesso e non posso vivere senza. Toglietemi tutto, ma non la mia pellicola.

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