Rumore Bianco, Noah Baumbach porta in scena la paura della morte

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Nonostante la quasi trentennale carriera cinematografica, Noah Baumbach è arrivato al grande pubblico generalista solo 3 anni fa grazie al film prodotto e distribuito da Netflix Storia di un matrimonio – presentato sempre a Venezia – che si potrebbe definire una summa ideale del suo cinema, essendo inoltre ispirato alla storia personale del suo divorzio. In Rumore Bianco invece, pur mantenendo le tematiche familiari, il regista cambia totalmente registro e approccio, e prende come base l’omonimo capolavoro letterario di Don DeLillo (autore anche di Cosmopolis), riuscendo a creare una potente satira comedy-horror che indaga in modo originale e profondo la paura della morte.

Il rumore bianco del titolo è infatti proprio la morte che, come questo fenomeno sonoro, aleggia perennemente durante tutta la nostra vita e condiziona inevitabilmente le nostre azioni e scelte, anche quando non le prestiamo attenzione. L’ambientazione a metà degli anni ’80, in un’America nel pieno delle politiche raeganiane, fornisce inoltre l’assist per un’analisi della società occidentale che oggi gli è forse più simile che mai, descrivendo l’agio di una classe media ormai sempre più vicina alla borghesia, da cui ha mutuato ogni nevrosi e ossessione, tra cui questa costante paura della morte dettata unicamente dall’inesistenza di veri problemi.

rumore bianco famiglia gladney

Il film segue le vicende della famiglia Gladney: i coniugi Jack (Adam Driver) e Babette (Greta Gerwig) vivono insieme ai loro figli – la maggior parte provenienti da matrimoni precedenti di entrambi – nella classica periferia borghese degli Stati Uniti, dove la vita procede tranquilla e senza intoppi. Lui è un professore universitario, diventato relativamente famoso grazie ai suoi studi approfonditi su Hitler, mentre sua moglie è un’insegnante di ginnastica posturale. La prima parte del film, diviso in 3 capitoli, è una cronaca assurda e divertente della loro vita familiare, ritratta in modo esilarante da un Baumbach che sembra conoscere alla perfezione lo spettro delle emozioni e reazioni umane, soprattutto nel contesto casalingo.

Nonostante i toni da commedia, anche solo nella prima parte ci viene sempre messa la pulce nell’orecchio che non tutto è rosa e fiori come sembrerebbe. Il sonno disturbato di Jack, Babette che di nascosto prende un farmaco non censito da nessun ordine medico, i figli che sembrano vagare senza il minimo controllo, sono tutte crepe nella famiglia che vengono nascoste sotto una facciata di “perfezione”. Non è un caso, infatti, che l’unico posto dove la famiglia si ritrova sempre unita e in pace sia il supermercato, un luogo rappresentato dal regista come se fosse una specie di tempio che assolve ogni nostro peccato, dove si può trovare la cura ad ogni male e la vita sarà sempre gioiosa e colorata.

rumore bianco film adam driver

Quando però un incidente scatenerà un’enorme nube di materiali chimici tossici, e tutta la cittadina sarà costretta all’evacuazione, la paura fittizia per la morte dei nostri protagonisti si concretizzerà in un evento che è davvero, potenzialmente, mortale. Ciò che è splendido in Rumore Bianco è proprio come viene trattato questo evento, unico momento per la famiglia Gladney in cui tutte le insicurezze e le ansie per il futuro spariscono, perché qualcosa di imminente è lì, davanti a loro. Tutti i loro “problemi del primo mondo” si volatilizzano in un attimo nel momento in cui l’agio e il privilegio vengono meno, e quello a cui bisogna pensare concretamente è la sopravvivenza.

La critica al modo di vivere occidentale di Rumore Bianco è soprattutto una critica all’idea consumistica dell’abuso di farmaci, che oggi soprattutto è reale sia per le malattie corporee – considerando le persone che prendono l’antibiotico anche solo per un raffreddore – sia per quelle mentali. Quest’ultime, oltre ad essere generate unicamente dallo stile di vita, che permette al cervello di rilassarsi e “viaggiare” per crearsi problemi che, nella realtà, non esistono, vengono inoltre curate sempre più di frequente con cure farmacologiche invasive e non con dell’effettiva terapia. Il farmaco deresponsabilizza sia il medico, che ci si affida per la cura, sia il paziente, che annienta tutte le sue paure e si sente invincibile solo perché prende una pillola.

A livello puramente formale invece il film mostra una tecnica invidiabile di Baumbach nella costruzione di scene di tensione, avendo il film 3-4 sequenze puramente horror che mai mi sarei aspettato da un regista del genere. La regia del film inoltre è volutamente schizofrenica, alternando lunghe sequenze a tagli repentini, ma soprattutto accentuando il registro satirico dell’intera opera. La genialità di Rumore Bianco infatti risiede anche nelle piccole scene che dovrebbero renderlo un film “di genere”, che il regista però sovverte in modo incredibile senza mai farle cadere nella parodia, destrutturandole per renderle assurde ma allo stesso tempo concrete e divertenti. Il primo sogno di Jack nei riguardi della moglie è un esempio perfetto, in quanto riesce a sovvertire le aspettative di una scena del genere, a far ridere e allo stesso tempo a fare paura.

rumore bianco film jack e babette

Noah Baumbach ha realizzato un’opera complessa e stratificata, in cui i sottotesti critici della contemporaneità sono molteplici e sempre tutti pertinenti. La catastrofe che avviene nel film, per come viene gestita – ma soprattutto vissuta dalla popolazione – è assolutamente assimilabile alla pandemia ancora in corso, solo per fare un esempio. DeLillo e Baumbach criticano una società completamente anestetizzata da un bombardamento di notizie ed eventi, arrivando a dichiarare perfino che “la famiglia è la culla della disinformazione”, per quanto ognuno sia convinto delle proprie opinioni e certezze e voglia per forza trasmetterle all’altro.

Coronando il film con un finale ai limiti dell’assurdo e del metaforico, il viaggio del regista newyorkese nei meandri della coscienza occidentale diventa un trattato satirico taglientissimo, una di quelle opere che legge la contemporaneità in modo perfetto e mostra i pericoli di una quotidianità che nasconde i problemi sotto al tappeto e non li affronta mai. Gli ordini dal governo – o anche solo dagli altoparlanti del supermercato – non sono mai chiari e decisi, il benessere deve essere indotto da fattori esterni e tutto viene permeato da un costante stato di incertezza, al di sotto di un’enorme campana di vetro.

L’unico antidoto a questo torpore e a questi turbamenti “dell’anima” è solo vivere, essere di nuovo esposti a emozioni forti e genuine, anche se questo può portare a pericoli e incertezze reali. Altrimenti non solo i disagi psicologici aumenteranno, ma la ricerca di questo “shock” esistenziale diventerà sempre più grande, più forte, arrivando ad atti distruttivi e radicali pur di tornare ad essere in pace con sé stessi.




Lorexio Articoli
Professare l'eclettismo in un mondo così selettivo risulta particolarmente difficile, ma tentar non nuoce. Qualsiasi medium "nerd" è passato tra le sue mani, e pur avendo delle preferenze, cerca di analizzare tutto quello che gli capita attorno. Non è detto che sia sempre così accurato però.

1 Commento

  1. Ma veramente hai speso tutto sto tempo per commentare questo cesso su pellicola? Ma dai su, un uomo si sveglia sotto effetto di droghe pesanti e invece di tentare il suicidio decide di fare un film e io cretino che ho perso 2 ore della mia vita per guardarlo dopo aver letto la tua recensione.

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