Shibatarian Vol. 1 – Primo ciak dell’incubo firmato Katsuya Iwamuro

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Ho conosciuto per la prima volta Shibatarian diversi mesi fa, quando l’amica e collega Melancoliae mi ha detto: “ti devo consigliare un manga assurdo su Manga Plus, è un horror stranissimo che mi ha inquietato un sacco,” aggiungendo “dà assuefazione”. Ed era vero: ho iniziato a leggerlo in un momento di noia e mi sono ritrovato a divorare rapidamente la ventina di capitoli allora disponibili, preso da una crescente curiosità man mano che le cose si facevano più strane e grottesche. Situazione che evidentemente ha accomunato tantissimi lettori, considerando che il manga è stato un sorprendente successo per Shueisha, con 1.121.154 visualizzazioni sull’app dopo una sola settimana dal debutto.

Shibatarian mentre scrivo è ancora in corso e continuo a seguirlo con interesse sebbene abbia preso una piega (ancora più) strana dopo il primo arco narrativo, ma vuoi mettere il piacere di leggerlo finalmente in italiano e soprattutto poterlo sfogliare in formato cartaceo? Per questo non potevo esimermi dal tornare dove tutto è iniziato, con il primo volume pubblicato da Star Comics in una bella edizione con sovraccoperta, che include i primi 6 capitoli di questo incubo nato dalla mente di Katsuya Iwamuro.

La storia inizia con un ragazzo delle medie chiamato Hajime Sato, che una notte trova un suo coetaneo, Hajime Shibata, sepolto fino al collo sotto un ciliegio. Dopo averlo liberato, i due fanno amicizia pur essendo apparentemente agli antipodi: Sato è un tipo schivo ma piuttosto popolare, mentre Shibata pur essendo molto affabile è ignorato da tutti, quasi come se non esistesse. Insieme iniziano a coltivare una passione per i film, al punto da volerne realizzare uno tutto loro da presentare a scuola coinvolgendo in un ruolo anche la capoclasse di Sato, Michika Watari.

Il film viene realizzato, ma le cose non vanno come previsto: la proiezione viene annullata per far posto ai video del club di calcio, e Sato nel tentativo di convincere i compagni di scuola viene deriso e umiliato. Questo lo porta a formulare un desiderio tutto sommato comprensibile per uno della sua età in una situazione del genere, ma che qui si rivela pericolosissimo: vedere morti tutti i ragazzi della scuola ed essere circondato solo da persone uguali a Shibata, il suo migliore amico. Pensieri che poi, essendo ancora nel “mood”, cerca di inquadrare nell’ottica di un possibile film.

Dopo questa disavventura i due amici si perdono completamente di vista, rincontrandosi solo dopo 5 anni. Però in Shibata c’è qualcosa di diverso, e il ragazzo che prima nessuno sembrava vedere ora si prepara a irrompere violentemente nelle vite di molti, determinato a rendere realtà Shibatarian, “il film che Sato voleva girare”.

Nelle primissime pagine, fatta eccezione per la bizzarria del primo incontro tra Sato e Shibata sotto il ciliegio, in realtà il manga non colpisce particolarmente. Qualcosa di davvero potente scatta alla fine del primo capitolo, dove l’inquietudine diventa palpabile ed esplode in una doppia splash page pazzesca, facendo divampare la curiosità. Da qui in poi le cose si fanno più tese, movimentate e violente, con il mistero che circonda la figura di Shibata a fare da traino principale, diventando via via più fitto: chi (o cosa) è davvero? È o non è lo stesso Shibata di 5 anni prima? Qual è il suo vero scopo? Possibile che si spinga a commettere le peggiori atrocità solo per girare un film? In questo senso, è interessante anche notare come Katsuya Iwamuro ci metta davanti delle assurdità tali da farci chiedere se quello a cui stiamo assistendo non sia in realtà già il film fatto e finito.

In tutto ciò il cinema è ispirazione e parte integrante del manga. Vengono citati esplicitamente film come Il ritorno dei morti viventi (in Giappone noto come Battalion o Batarian, da cui il titolo del manga), Essere John Malkovich e Gremlins, con i quali l’autore “gioca” al servizio della sua storia. Personalmente però ci ho visto anche influenze provenienti da un altro manga, con il quale guarda caso c’entra un altro Hajime: Attack on Titan. Potrebbe essere qualcosa di totalmente involontario o frutto di mie eccessive elucubrazioni, ma Shibata come villain l’ho trovato molto vicino ai giganti di Isayama per misteriosità delle origini, apparente invincibilità e persino character design.

Shibata infatti è disegnato in maniera diversa dagli altri personaggi, con occhi che ricordano quelli dei cartoni animati anni ’20/’30 e un sorriso (quasi) sempre stampato in faccia, dettagli che lo rendono uncanny quanto basta. È anche il personaggio che risulta disegnato meglio grazie sia alla sua semplicità a livello grafico, sia alla sua natura incerta che permette di contestualizzare ogni stranezza. Negli altri personaggi come Sato e Watari invece emerge una tecnica non ancora pienamente matura, tra proporzioni a volte strane e posizioni dei corpi un po’ troppo ingessate. Il più delle volte inoltre i fondali sono vuoti, anche se questo viene furbamente giustificato da ambientazioni molto buie o particolarmente spoglie.

Insomma, la forza di Shibatarian non risiede di certo nei disegni (fatte le dovute eccezioni di cui sopra), ma tutta nella storia che, fidatevi, deve ancora sbocciare davvero. Dunque se anche voi vi siete ritrovati o vi ritroverete a divorare d’un fiato questi primi 6 capitoli, preparatevi perché il “secondo atto” è in arrivo il 18 giugno carico di nuove assurde sorprese. E non dimenticate i pop-corn!

Un ringraziamento speciale a Star Comics

RocketSimoon Articoli
Appassionato di film e videogiochi da quando c'erano ancora videocassette e floppy disk, da meno tempo anche di serie tv. Sono curioso per natura e per questo non specializzato in un unico genere, ma tendo a preferire horror, thriller e azione.

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