Ron – Un Amico Fuori Programma

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Voto:

Essendo il mondo dei piccoli e dei giovanissimi in continua evoluzione, anche il settore dell’animazione per bambini sta cercando continuamente di rinnovarsi per stare al passo delle nuove generazioni. Infatti non sono solo gli interessi ad essere cambiati, ma proprio lo stile di comunicazione che questi utilizzano per interfacciarsi con il mondo, così sia gli studi più grandi e importanti che quelli più indipendenti si sono messi alla ricerca di nuove formule per veicolare nuovi e vecchi messaggi ai figli di oggi. Ron – Un Amico Fuori Programma (Ron’s Gone Wrong in originale), è il primo film della Locksmith Animation – fondata nel 2014 dalla regista Sarah Smith insieme alla sua collaboratrice Julie Lockhart nel Regno Unito – e prodotto in collaborazione con la 20th Century Animation, andando quindi di nuovo a finire nelle mani della Disney per quanto riguarda la distribuzione.

Sarah Smith qui ha sia collaborato alla sceneggiatura con Peter Baynham (tra gli sceneggiatori di Hotel Transylvania e i due Borat), che diretto il film assieme a Jean-Philippe Vine (esordiente alla regia, ma già senior artist e storyboardist per i film della Aardman Animations). Ron è realizzato con un’animazione 3D molto debitrice al lavoro dei Disney Animation Studios, non solo per l’utilizzo del mezzo ma anche per lo stile artistico, che qui ricorda molto un incrocio tra il mechanical design di Big Hero 6 e il character design di Ralph Spaccatutto.

La storia parte da un semplice assunto: nel mondo, la compagnia Bubble (parodia della Apple) ha appena lanciato sul mercato dei B-Bot, piccoli robot da compagnia che dovrebbero aiutare i ragazzi a socializzare, dotati di tutte le funzioni dei moderni smartphone e dei social network per garantire il “massimo livello di socializzazione”.

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Barney Pudowski è un ragazzo semplice, figlio di terza generazione di immigrati russi in America, che vive da solo con il padre squattrinato e la nonna paterna in una casa fatiscente, ed è emarginato a scuola perché è l’unico a non possedere un B-Bot. Il giorno del suo compleanno i suoi familiari decidono di rimediargli uno di questi robot, ma dati i loro modi approssimativi e votati al risparmio, finiscono per trovargliene uno malfunzionante sottobanco, pagandolo meno. Così Barney, inizialmente entusiasta per il suo regalo, inizierà a fare i conti con un B-Bot che manca praticamente di tutte le funzioni principali, non potendo connettersi alla rete e scaricarle. Nonostante il ragazzo voglia recarsi al negozio per farselo cambiare, rimanendo a contatto col robottino scoprirà che le sue limitazioni sono in realtà un punto di forza, perché non contenendo l’algoritmo classico da social, dove le amicizie si creano solo in base agli interessi in comune, il piccolo B-Bot rinominato Ron acquisterà sempre di più una personalità propria, che inevitabilmente porterà anche a scontri tra i due.

L’impianto narrativo di Ron – Un Amico Fuori Programma si svolge quindi in maniera molto classica, affrontando tutte le tappe di una conoscenza che si tramuta poi in amicizia, ed ha quindi la sua forza più nel contesto che racconta che nella vera e propria storia. Essendo infatti innumerevoli i film che raccontano l’importanza dell’amicizia, qui risulta molto più  interessante il mondo dei social con tutti i personaggi che lo popolano, mostrato in maniera accurata soprattutto ai giovani spettatori che si interfacciano con lo stesso al giorno d’oggi. Sono quindi i personaggi secondari, gli altri studenti della scuola media di Barney, ad avvalorare il discorso portato avanti dal film, a partire dalla “Social Star” Savannah fino al bulletto Rich, che fa scherzi a tutti di continuo in live streaming, con la speranza di accrescere la propria popolarità.

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Il film riesce nel difficile compito di scandagliare il mondo social particolareggiandone sia gli intenti lodevoli, come l’idea di partenza di Marc, il CEO di Bubble, che vorrebbe solo un modo per far socializzare anche chi è più in difficoltà, sia i risvolti più distopici. Si va dalla dipendenza sempre più alta dai like alle conseguenze della condivisione online quando si tratta di cose negative, fino alla distruzione della privacy da parte del socio di Marc, Andrew, che lavora nel settore solo per accrescere i propri guadagni e non ci penserebbe due volte a far del male anche a dei ragazzini. È interessante come il film non condanni apertamente la tecnologia ma l’utilizzo che se ne fa, e come le aziende possano manipolare il gusto e gli interessi di tanti ragazzi.

È questo infatti il punto principale di Ron, nel quale la personalità e la bellezza dello scambio di opinioni viene riscoperta grazie ad un malfunzionamento che non diventa più tale, ma quasi una liberazione. La presa di coscienza da parte di Marc che non esiste un “algoritmo per l’amicizia”, ma che le persone si trovano e si lasciano solo per come sono, ma che soprattutto non sono i gusti o gli interessi a definire la compatibilità dell’amicizia, è un grande insegnamento che spero possa arrivare ai bambini tramite questa pellicola.

Rimane purtroppo l’amaro in bocca per una storyline principale non così interessante rispetto a tutto il messaggio di fondo, veramente ben costruito e adatto anche per un pubblico di giovanissimi. Se si fosse limata un po’ la durata (1:45), asciugando ma al tempo stesso sviluppando in modo più originale l’amicizia tra Barney e Ron, forse saremmo di fronte ad un nuovo capolavoro d’animazione.

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Purtroppo il film deve confrontarsi anche con il recente e affine I Mitchell Contro le Macchine, che pur avendo allo stesso modo una narrazione molto semplice e classica alla base, è realizzato con un impianto tecnico molto più originale e avanguardistico rispetto al semplice ricalco Disney offerto qui. Inoltre anche la comicità del film Sony è molto più marcata e pregnante di quella di Ron, che pur avendo nel robottino le sue parti più esilaranti, non trova spesso la quadra delle battute con i personaggi secondari, soprattutto i familiari.

Nonostante Ron – Un Amico Fuori Programma non arrivi quindi ai picchi qualitativi di altre produzioni recenti, rimane comunque un buon prodotto d’animazione, che riuscirà a divertire, ma spero principalmente ad insegnare, qualcosa ai più piccoli. Il suo impianto contenutistico infatti è davvero di alto livello, e terrà impegnati e svegli anche potenziali accompagnatori adulti non molto interessati all’animazione per bambini.

Un plauso quindi a Sarah Smith e ai suoi collaboratori, augurandole di continuare a lavorare con la sua Locksmith Animation e di trovare uno stile più personale sia nell’animazione che nella messa in scena, così da valorizzare ancora di più quello che ha da raccontare, che per quanto mi riguarda è davvero molto importante per un pubblico giovane.




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Professare l'eclettismo in un mondo così selettivo risulta particolarmente difficile, ma tentar non nuoce. Qualsiasi medium "nerd" è passato tra le sue mani, e pur avendo delle preferenze, cerca di analizzare tutto quello che gli capita attorno. Non è detto che sia sempre così accurato però.

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