Stillwater vol. 1: Rabbia, di Chip Zdarsky e Ramón K. Pérez

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Se si bazzica un minimo il mondo dei comics americani moderni, imbattersi nel nome di Chip Zdarsky non dovrebbe essere un’impresa troppo ardua. La sua prima opera “di rilievo” è stata Sex Criminals, dove però era solo disegnatore al servizio della penna di Matt Fraction. Successivamente, ha vinto il premio Eisner come sceneggiatore per la miglior serie regolare nel 2019, grazie alla sua versione di Daredevil disegnata dal nostro Marco Checchetto, da annoverare sicuramente tra i migliori prodotti Marvel dell’ultimo decennio insieme al reboot degli X-Men di Hickman.

Grazie all’etichetta Skybound, creata da Robert Kirkman e appartenente a Image Comics, Zdarsky ha potuto riunirsi con il suo collaboratore Ramón K. Pérez – anche lui vincitore dell’Eisner Award e famoso soprattutto per la graphic novel Tale of Sand – con il quale aveva mosso i primi passi in Marvel. Sotto la supervisione di Kirkman, i due hanno potuto dare alla luce Stillwater, una serie a fumetti dalle tinte horror-thriller che ha già fatto molto parlare di sé.

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Daniel è un giovane artista che lavora come designer per una multinazionale. Dopo il suo licenziamento in tronco per aggressione ad un collega che da tempo lo vessava, il ragazzo riceve una lettera che lo avvisa che una lontana zia proveniente dalla cittadina di Stillwater è ormai deceduta, e che può recarsi lì per raccogliere le sue ultime volontà.

Appena entrato nella cittadina, però, scopre un orribile segreto: nessuno, dentro i confini della città, può morire. Qualsiasi cosa succeda alle persone, il loro corpo guarirà e tornerà normale. Sconvolto da questa scoperta e dalla parentela che lo lega a quel luogo, il giovane sarà costretto a rimanere, anche per via della politica totalmente isolazionista del Giudice, l’autorità in vigore nella cittadina, che non vuole il minimo contatto con il mondo esterno per non compromettere questo territorio “miracolato”.

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Partendo da una base che è un classico del racconto seriale, la cittadina con segreti (dichiaratamente ispirata a Twin Peaks), il duo creativo mette in scena una storia che pesca a piene mani anche dagli heist movie, essendo la città una prigione super sorvegliata dalla quale Daniel dovrà riuscire a fuggire. Concetto che inoltre mi ha ricordato molto la narrativa del videogioco Hades di Supergiant Games, soprattutto per alcuni sviluppi con persone che in realtà hanno una politica totalmente opposta a quella del Giudice.

Il racconto mette in gioco temi come la libertà dei cittadini, il rapporto con la morte, ma soprattutto si chiede quale sia il miglior modo di governare una città – che metaforicamente si estende a uno Stato – e le implicazioni delle diverse politiche.

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Tutta la veste grafica a cura del canadese Pérez mantiene uno stile pulito e accattivante, con dei tratti molto netti e dei colori desaturati (ma quasi sempre caldi) che ricordano la pop-art anni ’60. Tutto questo si sposa benissimo con il contesto cittadino di provincia, e riesce inoltre a creare una contrapposizione perfetta con le scene di forte violenza horror o splatter, dipingendo così un “paradiso ostile” pieno di belle apparenze, ma con l’inferno nascosto a pochi passi.

Come ci si può aspettare per una serie in corso, il finale del volume – che raccoglie 6 dei 12 spillati usciti finora in America – è un cliffhanger molto ben costruito che porta a volerne sapere molto di più, soprattutto sulle motivazioni di alcuni personaggi secondari che sembrano più stereotipati di quanto, in realtà, i futuri sviluppi potrebbero svelare. Attendo con curiosità il secondo volume.

Un ringraziamento speciale a SaldaPress

Lorexio Articoli
Professare l'eclettismo in un mondo così selettivo risulta particolarmente difficile, ma tentar non nuoce. Qualsiasi medium "nerd" è passato tra le sue mani, e pur avendo delle preferenze, cerca di analizzare tutto quello che gli capita attorno. Non è detto che sia sempre così accurato però.

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