Ambrose Bierce – Spettri di frontiera

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Spettri di Frontiera è una voluminosa raccolta di brevi racconti dell’orrore scritti da Ambrose Bierce; consta di oltre 280 pagine con testo originale in lingua inglese a fronte ed è tradotto da Matteo Zapparelli Olivetti, che si è occupato anche della prefazione. Meno noto di altri autori del genere, Bierce viene definito come “successore di Edgar Allan Poe e antesignano di H.P. Lovecraft” creando, assieme alla biografia, aspettative molto alte in chi non lo conosce.

Vissuto a cavallo fra la seconda metà del 1800 e gli inizi del 1900, con una produzione letteraria immensa alle spalle e la morte avvolta in un mistero ancora oggi irrisolto, lo scrittore statunitense è un personaggio che sicuramente incuriosisce, ma almeno in questo caso i suoi scritti disattendono le aspettative. Per meglio comprendere la sua figura, prima di tutto c’è da premettere che Bierce si specializzò nella saggistica ed in pezzi satirici vedendo i suoi articoli pubblicati su varie testate giornalistiche, solo in seguito si specializzò anche nel campo della narrativa.

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Ritratto di Ambrose Bierce realizzato da John Herbert Evelyn Partington

Ho incontrato molte difficoltà nel portare a termine la lettura di Spettri di Frontiera; la narrazione non è affatto scorrevole, è piena di elementi accessori che non fanno altro che deconcentrare il lettore anziché fornire un quadro più completo e favorire un maggiore coinvolgimento. Molto spesso mi sono trovata a dover rileggere delle frasi perché anche senza volerlo avevo perso l’attenzione, oppure mi ero persa in un periodare ostico e soprattutto inutile.

Cerco di spiegarmi meglio: ho avuto la fortuna di leggere tantissimi libri scritti da autori ben più indietro nel tempo di Bierce, pieni di vocaboli magari desueti e di frasi lunghe e complesse, ma ciò che ho trovato in questo libro della Adiaphora è stato un periodare con una punteggiatura che anziché aiutare si pone più come una nemica nei confronti del lettore, pieno di informazioni espresse male ed inutili a qualsiasi fine della lettura (considerando che stiamo parlando di racconti brevi e non di un romanzo, dove scoprire più elementi possibili sui protagonisti e il contesto avrebbe più senso).

Perdere decine di righe su di un racconto di poche pagine parlando di quanto fosse fatiscente una casa o di altri elementi (specialmente geografici) non aiuta il lettore, mentre fin troppo spesso viene ignorato o affrontato in maniera superficiale tutto ciò che rientra nello spettro dell’interiorità dei personaggi.

ambrose bierce a hanging

Non riuscendo quindi a leggere i racconti se non con molta difficoltà ed essendo stata privata della possibilità di potermi immedesimare, speravo quantomeno di trovare nei racconti uno “spavento”, un dramma o una morale, qualcosa che potesse dare un senso alla lettura, ma purtroppo niente di tutto questo. Ogni racconto viene presentato come uno slice of life, un episodio occasionale e sfortunato che affligge la vita di vari protagonisti in diverse parti dell’America, e Bierce fallisce nel condensare in pochissime pagine gli elementi necessari affinché una storia abbia senso di essere letta: un inizio, uno svolgimento ed una fine.

A livello puramente tecnico, si può dire che certamente la situazione viene presentata ed ha un suo termine, ma in realtà non si tratta altro che di un susseguirsi di eventi la cui fine viene scandita non dalla vera conclusione dell’evento stesso, ma da un’arbitraria decisione da parte dell’autore. Questo atteggiamento personalmente mi ha portata pagina dopo pagina a sentirmi sempre più frustrata, riempiendomi di domande riassumibili in un “e quindi?”.

ambrose bierce fantasmi

Per farvi capire di cosa sto parlando vi faccio un esempio tratto dall’opera: un uomo muore parecchi anni dopo aver perso sua moglie e viene raccontato che, al decesso di quest’ultima, lui non aveva versato una lacrima e una volta preparato il corpo per la sepoltura si era addormentato stremato sul tavolo dove giaceva; nel buio, era stato svegliato da una pantera che apparentemente si stava portando via il corpo e dopo averla fatta scappare con un colpo di fucile si era accorto che il cadavere aveva in bocca una parte dell’orecchio dell’animale. Ovviamente è un riassunto asettico, ma già così può far capire come la premessa sul protagonista sia del tutto inutile, una perdita di tempo e concentrazione, stesso discorso per quanto riguarda il carattere dei personaggi.

Mancando il coinvolgimento, manca la tensione ed in assenza di essa ogni rivelazione diventa banale, quasi scontata per il semplice fatto che abbiamo fra le mani appunto un’antologia horror. Bierce poteva a suo modo scamparsela cercando una morale, ma fatta eccezione per pochissimi racconti è totalmente assente. I “mostri” possono colpire casualmente, cosa assolutamente plausibile (come le malattie ed ogni ingiustizia del mondo), ma non viene sottolineato come il dramma possa affliggere tutti.

Potreste pensare che forse quest’avversione (specialmente a livello lessicale) possa derivare dalla traduzione, eppure così non è perché Spettri di Frontiera è stato tradotto praticamente alla lettera, parola per parola. In alcuni casi innegabilmente ho trovato la versione tradotta più pesante rispetto all’originale, ma non così tanto da dire che sia stato questo a penalizzare la lettura.

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Spettri di Frontiera è una lettura inutilmente complicata e personalmente non la trovo in grado né di arricchire il lettore (a livello morale o culturale), né di intrattenere. Non mi ha trasmesso alcuna tensione o brivido e purtroppo trovo i singoli racconti decisamente dimenticabili. Deludente.

Un ringraziamento speciale ad Adiaphora Edizioni

Nina-chan Articoli
Dolce, carina, coccolosa, sadica, affascinata dall'horror e dal creepy... insomma, gli opposti convivono in me. "Mani in pasta" ovunque con collaborazioni tra sceneggiature, recensioni, gestione di disegnatori ed autori, sono loro il mio mondo. Datemi libri, non fiori.

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