Beacon 23

Beacon 23 libro Hugh Howey

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Quando è burrasca, con venti impetuosi e onde altissime, una luce può segnare la differenza tra la salvezza ed il naufragio: quella dei fari, gli instancabili custodi dei porti e dei naviganti che con il proprio brillare indicano vie sicure per il rientro e segnalano pericoli per le imbarcazioni. Un faro non lavora da solo, necessita di un compagno che si curi di mantenerlo attivo e funzionante, di una sentinella che vegli. In poche parole, di un guardiano. Cosa accadrebbe se ad essere “guasto” non fosse il faro bensì chi è deputato a proteggerlo?

Spostando questa domanda in un’ambientazione fantascientifica, al limitare di una cintura di asteroidi per la precisione, si ottiene l’incipit di Beacon 23, scritto da Hugh Howey e inizialmente pubblicato a capitoli, poi raccolti in un unico volume da Mariner Books.

Il libro, inedito in Italia ma reperibile senza grosse difficoltà, narra le gesta di un ex-soldato destinato alla guardia del “Beacon 23”, struttura che ricalca la forma dei fari terrestri eccezion fatta per il preziosissimo nucleo, denominato GWB (Gravity Wave Broadcaster), tramite il quale è possibile irraggiare gravitazione artificiale che consente la navigazione spaziale. L’importanza strategica di questi Fari si desume dal contributo fondamentale che essi danno all’enorme conflitto che da decenni impegna gli abitanti della Terra e quelli di un’altra civiltà spaziale, i Beacon infatti permettono a particolari vascelli di movimentare le truppe Terrestri da un pianeta all’altro, in base agli spostamenti del fronte.

L’ex-militare protagonista del racconto è reduce proprio di questa guerra, da cui è stato congedato a seguito di gravi ferite riportate in battaglia che però gli sono valse una menzione per atti di eroismo, premiati con il trasferimento in un Beacon. Nonostante ciò, il dolore per i compagni perduti, le terribili esperienze al fronte ed un segreto custodito gelosamente continuano a tormentarlo intrecciandosi con il profondo senso di solitudine esperito dal protagonista dinnanzi all’immenso cosmo che fa capolino dagli oblò del Faro.

Via via che la narrazione procede si assiste non solo ad una quotidiana lotta con i sintomi da stress-post-traumatico ma anche ad una crescita del personaggio che, aiutato da qualcuno, inizia a relazionarsi in modo più sincero con le proprie emozioni. Avvicendando momenti riflessivi ad attimi di spensieratezza, Howey mostra tratti ogni volta nuovi e sorprendenti, tracciando un personaggio complesso, profondo e incline ad entrare in empatia con chi legge.

Già noto anche in Italia per la fortunata “Trilogia del Silo” edita da BUR, Howey conferma la propria abilità nello sviluppare storie articolate in ambienti molto limitati: descrivendo con dovizia l’interno del Faro l’autore delinea un piccolo mondo strutturato e coerente, dotato di regole e tempistiche legate al funzionamento delle apparecchiature, da cui Howey muove per narrare avvenimenti via via più articolati e inaspettati che figurano perfettamente all’interno della narrazione sostenendone il fluire. Non mancano colpi di scena abilmente introdotti con calma e in silenzio, capaci di rimescolare le carte in tavola donando nuovo volto alla storia fino all’epico finale in cui, in un crescendo di emozioni, vengono raccolte tutte le linee narrative ed esaudite le domande lasciate (di proposito) in sospeso.

Sebbene il romanzo si possa trovare (alla data in cui scrivo) solo in inglese non si incontrano particolari ostacoli linguistici: periodi di media lunghezza, discorsi diretti, l’uso della narrazione in prima persona e tempi verbali “semplici” concorrono all’offrire un testo ricco nella propria semplicità. L’unica nota peculiare riguarda la scelta dell’autore di ricorrere a termini gergali o slang, la cui comprensione non risulta difficoltosa e che, anzi, ben si integrano con il passato battagliero del personaggio. Lettura caldamente consigliata a tutti gli amanti della fantascienza e non.

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Lettore, videogiocatore, finto cinefilo e grande chiacchierone.

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