
Di tutti gli Universal Monsters, non posso dire che Il Mostro della Laguna Nera sia tra i miei preferiti. Tuttavia riconosco al film del 1954 diretto da Jack Arnold degli indubbi pregi, come l’inquietudine che ancora oggi riesce a trasmettere la combinazione tra le suggestive riprese subacquee e l’iconico costume del mostro (indossato da Ben Chapman a terra e da Ricou Browning in acqua), o il fatto che quest’ultimo sia solo un essere primitivo mosso dall’istinto, non cattivo di per sé ma spinto alla violenza sotto la pressione dell’essere umano. E se King Kong ha influenzato Il Mostro della Laguna Nera, questo a sua volta ha influenzato Lo Squalo di Spielberg, che non è poco.
Il Gill-Man (come viene solitamente chiamato) si distingue pertanto dai suoi colleghi dell’immaginario mostruoso in bianco e nero, e così come lo fa nel cinema lo stesso accade nei fumetti. Se infatti i volumi già pubblicati da saldaPress su Dracula e Frankenstein erano essenzialmente retelling dei rispettivi film Universal, Il Mostro della Laguna Nera racconta una storia tutta nuova ambientata molto tempo dopo, ponendosi più come una sorta di sequel rispetto all’originale. Ammiro la scelta di provare a tuffarsi in nuove acque, ma questo non significa che siano necessariamente più fresche.
La storia segue la giornalista Kate Marsden, che si reca nel cuore dell’Amazzonia sulle tracce di un pericoloso serial killer chiamato Darwin Collier, del quale lei stessa per un soffio non è stata vittima. Un trauma che diventa ossessione, un incubo che non avrà fine finché quell’uomo sarà a piede libero. Ma il mostro della laguna come si inserisce in tutto ciò? Male.
Il problema è che la creatura non è mai davvero centrale nella storia, è una presenza marginale che serve principalmente a depistare il lettore, portando poi a un colpo di scena che almeno personalmente ho trovato fin troppo bizzarro e forzato. Il senso dell’uomo che si rivela il vero mostro qui è portato all’estremo, in una ricerca dell’orrore che si rivela un po’ maldestra. Spiace che due sceneggiatori affermati come Dan Watters e Ram V (quest’ultimo anche fresco di Eisner Award) siano andati così per la tangente in questo caso, anziché magari cogliere l’occasione per immergersi più a fondo nella lore e le tematiche presenti nel film del ’54.
Spezzo comunque una lancia a favore della protagonista Kate, il cui approfondimento psicologico e lo sviluppo all’interno del racconto sono trattati in maniera effettivamente interessante. Peccato solo che il suo rapporto sia più con l’acqua in generale che con la creatura acquatica.
Ma veniamo ai disegni, che sono ciò che mi ha più convinto del fumetto. Ho trovato brillante la scelta, in alcuni frangenti, di rendere “fluide” le tavole, come se le vignette galleggiassero su uno specchio d’acqua. I disegni di Matthew Roberts sono sempre notevoli, con una bella caratterizzazione visiva dei personaggi umani, anche se il meglio lo danno senza alcun dubbio sul mostro, che però appare poco. In ogni caso, ci sono alcune splash page meritevoli di essere incorniciate. Mi è piaciuto anche l’uso dei colori da parte di Dave Stewart e Trish Mulvihill, che sfruttano una palette perlopiù desaturata restituendo una sensazione di fondo di opprimenza e claustrofobia, ed enfatizzando il rosso vivo usato invece per il sangue.
Se non fosse per il comparto grafico, ammetto che questo fumetto su Il Mostro della Laguna Nera mi avrebbe lasciato alquanto indifferente. Il tentativo (seppur lodevole) di proporre una storia originale purtroppo va fuori strada, concentrandosi eccessivamente sui personaggi umani e meno sulla creatura del titolo. Di conseguenza non aggiunge granché all’opera originale né la valorizza, come fatto invece dai precedenti Dracula e Frankenstein, finendo con l’essere fondamentalmente un buco nell’acqua molto bello da guardare.
Un ringraziamento speciale a saldaPress



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