
Dopo aver ottenuto un enorme successo alla fine dell’anno scorso, sia come fenomeno social che d’intrattenimento, l’anime di DanDaDan è pronto a tornare il 3 luglio con una seconda stagione, in cui si riprenderanno le fila della vicenda legata alla cittadina dove vive Jiji, l’amico d’infanzia di Momo. L’ultimo episodio infatti ci aveva lasciati sospesi, con Momo assalita da degli sconosciuti in un impianto termale, e Okarun e Jiji intenti a investigare sul mistero della casa infestata di quest’ultimo; parte proprio da qua DanDaDan: Evil Eye, il film-evento usato come lancio per la nuova stagione, che ne include i primi tre episodi in anteprima.
Non avendo mai letto il manga, e avendo adorato la prima stagione, le mie aspettative erano piuttosto vaghe: DanDaDan è diventato fin da subito sinonimo di grottesco e drammatico insieme, volgare e toccante, comico e struggente, con il suo fanservice di corpi ammiccanti mescolato alle emozionanti storie dietro l’origine degli yokai affrontati dai protagonisti. Un ossimoro di serie che funziona benissimo nell’incastro dei suoi ingranaggi all’apparenza incompatibili, là dove la ruota dentata della profondità psicologica si scontra con il rischio continuo di sfociare nell’eccesso, sia comico che drammatico, senza però arrivare mai a farlo.
I primi episodi, in questo, si mostrano in perfetta continuità con la prima stagione, trattando appunto la vicenda dell’Evil Eye in modo allo stesso tempo brutale e delicato, e tracciando fin da subito un parallelismo fra questo yokai che sembra perseguitare Jiji e la yokai-acrobata che invece aveva trovato affinità con Aira nel tragico episodio 7. Con flashback struggenti, dettagli violenti, combattimenti dinamici e battute fuori luogo, la seconda stagione sembra partire alla grande e soddisfare a pieno ogni possibile aspettativa di chi già ha apprezzato la prima. Il film non conclude l’intera storia del Malocchio, che sarà probabilmente il punto focale dell’intera stagione, e possiamo dire per fortuna: c’è talmente tanta carne al fuoco che sarebbe stato decisamente uno spreco esaurire tutto in così poche puntate.
L’unica differenza rispetto alla prima stagione risiede nell’entrata in scena dell’animatore spagnolo Abel Góngora come co-regista al fianco di Fuga Yamashiro, che aveva diretto da solo i precedenti episodi. L’intervento di Góngora, conosciuto soprattutto come regista della recente serie animata di Scott Pilgrim (realizzata come DanDaDan da Science Saru), apporta se possibile ancora più dinamicità alle inquadrature, rendendo i combattimenti dei veri e propri omaggi all’arte classica del karate, come da lui stesso affermato nell’intervista inserita a fine film. Le ricorrenti inquadrature dall’alto e dal basso conferiscono ancora più velocità ai colpi assestati, aggiungendo fluidità a un’animazione già impeccabile.
In particolare, per questi episodi ambientati nella onsen dove ha casa Jiji, i due registi si sono dichiaratamente ispirati ai film di Yasujirō Ozu, prolifico regista giapponese attivo fra gli anni ’20 e ’60; riprendendone l’uso dei colori spenti e desaturati, nonché le inquadrature decentrate di luoghi e personaggi, Góngora e Yamashiro volevano dare l’impressione che la cittadina termale fosse rimasta bloccata nel tempo, in un’epoca antica e anacronistica dove la modernità dei protagonisti cozza decisamente con le credenze tradizionali del luogo.
Una domanda che forse aleggerà nella testa dei fan della serie fin dalla prima riga è: ma la nuova sigla? Purtroppo, DanDaDan: Evil Eye lascia a bocca asciutta su quest’aspetto, cominciando con un collage dei momenti salienti della prima stagione per poi passare direttamente all’inizio della nuova. Si sa già, in ogni caso, che a seguire i passi della ormai celebre Otonoke dei Creepy Nuts sarà la nuova On the Way cantata dalla musicista AiNA THE END, ex-membro del gruppo J-pop BiSH. Non sono ancora stati rilasciati i visual e il cut ufficiale per la opening, ma ormai manca poco per scoprirli.
Dunque sembra tutto pronto per il lancio ufficiale della seconda stagione di DanDaDan, che promette non solo di essere all’altezza della prima, ma forse persino di superarla, concedendosi qualche libertà artistica in più (per l’appunto, sulla messa in scena e l’uso di animazioni e colori). Personalmente, non vedo l’ora di scoprire come continueranno le vicende disastrose ed esilaranti di Momo e Okarun, in bilico fra il comico e il tragico, ma sempre con quella serietà di fondo che permette ai personaggi di svilupparsi in modo coerente e realistico, seppur in un mondo così caotico e assurdo.
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