The Breaking Ice – Un tiepido racconto d’inverno

the breaking ice film recensione

Voto:

La sezione Un Certain Regard è una delle categorie competitive nelle quali è suddiviso il Festival di Cannes; la differenza fra i film selezionati per competere nella sezione principale e quelli selezionati per competere in questa più di nicchia, è che questi ultimi sono figli di registi tendenzialmente poco conosciuti, che sono riusciti ad emergere grazie allo “sguardo particolare” con cui hanno saputo raccontare storie inusuali, originali e sorprendenti. Fra i cineasti candidati in questa categoria troviamo, per esempio, Xavier Dolan nel 2009 per il meraviglioso Lawrence Anyways e Yórgos Lánthimos nel 2012 per l’inquietantemente geniale Dogtooth.

Nel 2023, tra i candidati per il premio c’è stato il singaporiano The Breaking Ice, diretto dal regista Anthony Chen (già veterano del festival francese, in quanto nominato più volte in altre sezioni). La candidatura in sé a questa particolare categoria, unita alla descrizione ufficiale del film che lo vede come un dramma romantico esistenziale, aveva immediatamente attirato il mio interesse e alzato in modo inevitabile le mie aspettative. Il film infatti promette una riflessione attuale sui giovani adulti di oggi in Cina, fra lavoro, amore e tradizioni culturali; quello che finisce per offrire però è un po’ più statico e superficiale, nonostante dei chiari ottimi intenti e dei personaggi comunque ben riusciti.

the breaking ice protagonisti

La storia si apre con la presentazione dei tre protagonisti, ognuno intento a vivere la propria quotidianità: Haofeng è un giovane uomo d’affari recatosi nel nord della Cina per partecipare all’ennesimo matrimonio di uno dei suoi amici; Nana è una guida turistica che accompagna di volta in volta gruppi di viaggiatori a fare sempre lo stesso giro fra le montagne innovante del nord; Xiao è un amico di Nana e cuoco nel ristorante di famiglia, dove vengono serviti sempre gli stessi piatti alle stesse persone. Nonostante provengano chiaramente da classi sociali differenti, con Haofeng come unico rappresentante del ceto medio-alto e gli altri due appartenenti a quello basso, viene messa subito in chiaro una cosa che li accomuna: l’ennui esistenziale che accompagna le loro giornate, ripetitive e insignificanti.

Avere un lavoro stabile, seppur con salari decisamente differenti, non sembra essere abbastanza per nessuno dei tre giovani; è come se fossero stati svuotati di ogni energia che dovrebbe guidare il corpo a quell’età, come se fossero ormai privi di ogni ambizione o sogno da realizzare, e per questo rassegnati a una vita statica e stabile che però, evidentemente, non gli basta. L’apatia con cui ognuno di loro vive le proprie giornate fa eco al titolo, che in originale suona più come “inverno ardente”: l’ardore tipico della giovinezza viene congelato dalla realtà, che forza i protagonisti ad accontentarsi di una vita che non era quella che avevano sognato.

the breaking ice film neve

Il ghiaccio della traduzione inglese, e l’inverno del titolo originale cinese, fanno riferimento in senso più letterale anche al luogo e al tempo in cui è ambientata la vicenda: la provincia innevata di Yanji, a nord della Cina, in pieno inverno. L’indugiare sui panorami invernali, con ricorrenti campi lunghi statici, conferma l’intenzione del film di voler essere perlopiù contemplativo, con una lentezza che non solo coincide con la ripetitività del quotidiano, ma anche e soprattutto con l’attitudine con cui i protagonisti vivono questa realtà: senza fretta, senza particolare voglia, con spirito indifferente e rassegnato.

Ogni tanto, qualche sprazzo di vitalità emerge soprattutto in Nana, che riesce a trascinare i due maschi in varie attività come feste di paese, bar-karaoke e discoteche; fra i tre, lei è quella che più di tutti sembra avere un istinto che la porta costantemente a muoversi, anche se neppure lei sa in quale direzione. Forse, quest’energia sopita che spesso riemerge è legata al suo vecchio sogno di diventare pattinatrice su ghiaccio, interrottosi per una ferita autoinflitta anni prima – gli altri due, in effetti, sembrano non aver mai avuto già in partenza né un sogno né un’ambizione: entrambi sembrano aver semplicemente subito le circostanze che li hanno portati ad essere dove sono in quel momento, Haofeng a fare inutili viaggi per lavoro e per finto piacere, e Xiao nella cucina del ristorante di sua zia.

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In ordine da sinistra: Haofeng, Nana e Xiao

Il trovarsi porta i tre a provare un minimo quell’ardore che gli manca, quell’impulsività tutta giovanile che li spinge a fare atti insensati seppur un po’ diluiti nella loro effettiva pericolosità, come provare a rubare dei libri da una libreria (che comunque finiranno poi per pagare) o organizzare un viaggio lontano all’ultimo minuto. Ogni gesto con cui riescono un minimo a rivendicare la propria gioventù è comunque controllato e prudente, come se non riuscissero mai a spingersi veramente oltre – simbolismo che trova il suo apice nei tentativi falliti di suicidio che proprio il più ricco dei tre, Haofeng, prova a compiere fin dall’inizio del film.

Proprio questo freno innato che hanno i personaggi porta a pensare al film come a un The Dreamers o un Jules e Jim decisamente meno intellettuale (intellettualoide, nel caso del film di Bertolucci), più vario nella rappresentazione delle classi sociali e senz’altro meno estremo, ma questi non sono altro in realtà che punti a favore: il contesto storico e sociale in cui versiamo adesso è enormemente diverso rispetto a quello in cui si trovava il mondo all’epoca degli altri due film, e l’apatia e l’istinto controllato sono purtroppo figli legittimi della nostra contemporaneità.

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Fra i punti a sfavore del film troviamo invece proprio l’effettiva messa in scena di quanto prima teorizzato e dedotto; i personaggi risultano ben delineati e gli intenti della narrazione sono chiari, ma dopo un inizio introduttivo in cui si capisce già il punto del tutto, la maggior parte delle scene finisce per annoiare, soprattutto quelle finali che dovrebbero essere più dinamiche e fungere da eventuale segnale di cambiamento.

Di cineasti che sono riusciti a rappresentare con efficacia la ripetitività della quotidianità e l’impossibilità di sfuggire ad essa ce ne sono (come Chantal Ackerman col film Jeanne Dielman, o Wim Wenders con Perfect Days), e purtroppo il confronto è un po’ impietoso; qui siamo partecipi delle vicende prive di significato dei tre personaggi senza in realtà provare (paradossalmente) alcun tipo di connessione con loro, arrivando a comprendere lo stato in cui sono ma senza aver troppo interesse nel sapere come poi la loro vita prosegue. Interessante però il fatto che alla fine, senza spoiler, i tre dimostrino almeno un minimo di desiderio individuale riacquistato.

The breaking Ice esce in Italia il 13 marzo 2025, e vi consiglio di andarlo a vedere non solo perché il tema della solitudine giovanile è trattato in modo soddisfacentemente coerente col contesto sociale attuale, ma anche perché il recente exploit del cinema asiatico sembra riguardare soprattutto film di nazionalità giapponese e coreana, lasciando magari un po’ in disparte la scena cinese (e singaporiana) contemporanea che invece vale assolutamente la pena di accogliere e approfondire.

Un ringraziamento speciale a Tucker Film e Golin

SannyBoodmann Articoli
Esaltata e riflessiva, amante dei libri fin da piccola e dei film fin da quando ha scoperto che anche quelli da festival (ovvero, i millantati come i più impegnati) possono essere alla portata di chiunque abbia una mente aperta e uno spirito critico definibile tale. Fan dell' "accessibile a tutti" ma anche del "commentabile da pochi".

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