Osannato e criticato, Joker in ogni caso è stato un successo clamoroso per la Warner, con il suo miliardo di dollari di incassi a fronte di un budget di appena 55 milioni. Ma il suo impatto non si è fermato solo al lato economico: a differenza di Aquaman, che pure aveva superato il miliardo, ha risollevato anche l’immagine della DC al cinema tornando (nel modo giusto) a una dimensione più autoriale e matura, rendendo in breve tempo iconica questa versione del personaggio come non accadeva dai tempi di Heath Ledger. Non a caso si è aggiudicato un Leone d’Oro, due Golden Globe e due Oscar.
Dopo tutto questo che fai, ti privi del bis? Ed ecco che dopo un lungo periodo di rumor e incertezze è stato annunciato ufficialmente il sequel dal titolo Joker: Folie à Deux, questa volta con Lady Gaga nel ruolo di Harley Quinn a fare da spalla a Joaquin Phoenix. Il parere quasi unanime del pubblico era che Joker andasse già benissimo così senza un seguito, quindi l’annuncio è stato accolto con un misto di curiosità e timore, che ha cominciato a propendere più per quest’ultimo quando è emerso il dettaglio che fosse un musical. Ora che il film è nelle sale mi sento di confermare che, tolto il bisogno di continuare a mungere il successo del primo, se ne poteva fare benissimo a meno.
Dopo un breve prologo animato in stile Looney Tunes, che riepiloga quanto successo in precedenza e introduce uno dei temi principali del film, ritroviamo Arthur Fleck prigioniero dell’Arkham Asylum, in attesa del processo per gli omicidi che ha compiuto. Vessato continuamente dai secondini, cammina a testa bassa e non parla, in preda apparentemente a un’apatia che lo rende il carcerato modello. Proprio per questo gli viene concesso di partecipare al gruppo di canto della struttura, dove fa la conoscenza di un’altra detenuta: Harleen Quinzel. Tra i due c’è subito intesa e Arthur trova in lei una nuova ragione per stare al mondo, con una voglia matta di cantare, ballare, di essere pienamente sé stesso. Ma qual è il suo vero io: Arthur o Joker?
Questo è uno degli aspetti più interessanti all’interno del racconto, unito alla riflessione che il protagonista, né da bambino né da adulto, abbia mai ricevuto un aiuto psicologico adeguato. L’avvocata di Arthur è convinta che Joker sia una sua personalità alternativa, e vuole sfruttare questa argomentazione a processo per scagionarlo. La presunta separazione delle personalità però non appare sempre così netta, e sia Todd Phillips che lo sceneggiatore Scott Silver giocano per tutto il tempo su questo dettaglio, complice l’eccellente performance di Phoenix.
Al di là di questo e di un finale che (pur potendo essere gestito meglio) riesce a cogliere un po’ di più l’essenza del personaggio originale, il film però non è altro che un bel guscio vuoto, che non ha nulla di nuovo da aggiungere a quanto detto in precedenza. Particolarmente deludente in questo senso la relazione tra Arthur e Harleen, che sembra solo un pretesto per inserire la componente musical (tra poco ci arrivo).
Non c’è costruzione, appena dopo essersi conosciuti i due sono già una coppia, e ne risente la chimica tra Phoenix e Lady Gaga, evidentemente confusi quanto noi dal perché questi debbano essere innamorati. In parte c’entra anche la riscrittura del personaggio di Harley, che in questa versione forse voleva essere dipinta un po’ come quelle fan del true crime che romanticizzano i serial killer, ma pur volendo manca un messaggio di critica o comunque una qualche profondità e alla fine è tutto riducibile a “è pazza”.
Non bastano di certo un pizzico di autoironia e i riferimenti metacinematografici a salvare la giornata, soprattutto se controbilanciati da una serie di situazioni implausibili che nemmeno provano a giocarsela sul confine tra immaginazione e realtà. Con Arkham a disposizione poi si sarebbe potuto sfruttare maggiormente l’universo DC, ma oltre Harley come new entry c’è solo Harvey Dent (il futuro Due Facce), che nonostante un buon screentime vale meno della comparsata del piccolo Bruce Wayne nel primo film.
Joker: Folie à Deux come già accennato fa della musica una componente fondamentale, rappresentata come mezzo per unire, evadere da una realtà opprimente ed esprimere appieno le proprie emozioni. Quindi sì, ci sono tante canzoni, e questa cosa probabilmente risulterà indigesta allo spettatore medio che catalogherà il film come un musical al 100%, anche se in realtà non ha propriamente gli stilemi del genere ed è piuttosto una specie di ibrido. Le parti cantate a onor del vero sono le più ispirate a livello di messa in scena, regalano immagini bellissime, il problema è che paradossalmente non funzionano a livello musicale, il che finisce col renderle alquanto noiose.
Ci sono in larga parte cover di pezzi pescati tra gli anni ’30 e ’60 circa, con l’aggiunta di qualche canzone originale, ma nulla che sia capace di lasciare il segno: insomma, trovo difficile che qualcuno possa andare in fissa con la playlist del film. Phoenix che canta con l’interpretazione di Joker inoltre alla lunga stanca, mentre Lady Gaga canta semplicemente come sé stessa e va benissimo così (d’altronde è lì per quello), se non fosse per qualche momento in cui il suo stile cozza un po’ con l’atmosfera retrò.
Specialmente in queste circostanze, pensavo che il piano reale e quello immaginario si sarebbero mescolati lasciando spazio a una certa ambiguità, invece rimangono due cose chiaramente distinte. Secondo me è un peccato, perché sapere già che certe scene non stanno accadendo davvero le depotenzia molto.
Dovendo fare un sequel che chiaramente non aveva senso di esistere, devo dire che comunque ho trovato coraggiosa (per quanto non sufficiente) la scelta di Todd Phillips di perseguire una sua visione artistica fregandosene di quello che avrebbe voluto il pubblico, dandogli un Joker che canta e balla anziché uno che vuole solo veder bruciare il mondo. Mi piace immaginare Phillips che alla richiesta della Warner di realizzare un nuovo film risponde: “E da me che voi, io te posso canta’ na canzone”. Al di là delle citazioni illustri, penso sia questo il motivo che più di tutti ha convinto Joaquin Phoenix a tornare, visto che per lui è insolito prendere parte a un sequel.
Non definirei Joker: Folie à Deux un brutto film, perché dal lato puramente tecnico ha i suoi pregi, ma è senz’altro inconcludente. In 2 ore e 20 dimostra di non avere niente da raccontare, e di essere stato fatto solo perché arrivati al miliardo col primo film era praticamente d’obbligo. Infatti farà certamente un bell’incasso anche questo, tuttavia a livello di apprezzamento del pubblico penso ci sarà un crollo netto, macchiando un po’ quello che poteva rimanere un bellissimo unicum nel franchise. Dal canto suo, Todd Phillips intanto ha già detto che per lui il tempo nella DC si è concluso, quindi speriamo che il sipario sia definitivamente calato su questo Joker.
Commenta per primo
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e si applicano le Norme sulla Privacy e i Termini di Servizio di Google.