Zerocalcare – A Babbo Morto

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Voto:

“9 Ottobre 19xx, Babbo Natale era stato ricoverato quattro mesi prima per una frattura al femore.”

Questa la premessa al nuovo volume dell’autore romano Zerocalcare, edito da Bao Publishing; eppure tanto questa frase quanto la copertina stessa e il titolo – A Babbo Morto – non rendono esattamente l’idea della sfaccettatura dell’opera.

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Siamo infatti di fronte ad appena 80 pagine in cui il fumettista si destreggia tra una fiaba dalle tinte oscure, la politica e la critica sociale; un’arma a doppio taglio, perché complice il fatto che si tratta di un secondo volume per l’autore – dopo il fortunato Scheletri – e il costo effettivamente ridotto, si è puntato per una storia più asciutta e, seppur sfaccettata, meno complessa. Se è vero, infatti, che la storia principale si svolge in un arco narrativo perfetto, moltissimi altri input e dettagli sono appena accennati e mai sviluppati.

Nonostante questo, lo svolgimento narrativo supera sicuramente la prova del nove e procede senza troppi scricchiolii. Per apprezzarlo al 100% è necessaria una certa cultura politica – almeno come conoscenza dei fatti – come sempre d’altronde quando ci si sofferma su un libro di Zerocalcare, ma un punto forte di A Babbo Morto è la capacità d’incuriosire il lettore anche là dove ci fosse una piccola lacuna.

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La narrazione in bianco e nero infatti è più volte spezzata da tavole a colori coronate da una breve spiegazione, dettaglio che punta il riflettore sull’evento appena raccontato, in modo allegorico, e porta inevitabilmente a porsi qualche domanda su quale sia il fatto reale dietro la metafora. Come per tutte le storie di Zerocalcare, infatti – che si tratti di libri o di vignette – le risate concesse hanno sempre un retrogusto amaro e non risultano mai fine a sé stesse, ma sempre concentrate verso una più profonda riflessione proprio sul lato più grottesco della nostra società, abilmente messo in mostra.

Con A Babbo Morto siamo di fronte ad una grande allegoria che comprende lotte sociali che passano per i lavoratori della fabbrica del defunto Babbo Natale, e che non hanno paura di citare anche i fatti del G8 di Genova, con la gravissima riflessione sul fatto che “tutte le renne coinvolte nella gestione dell’ordine pubblico di quelle giornate sono state promosse”.

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Non manca nemmeno una riflessione su quanto sia cambiata la società, sempre più pretenziosa e poco incline a gioire delle piccole cose; indicativa in tal senso è la tavola in cui un folletto racconta delle difficoltà di un’azienda come la Klauss – la fabbrica di Babbo Natale – incapace di adattarsi alle esigenze dei bambini, passati dall’adorare il cavalluccio a dondolo (che ha richiesto mesi di lavorazione e diversi incidenti sul lavoro) al volere il Nintendo.

Critiche di ogni tipo si nascondono tanto nei contrasti del bianco e nero – qui più forti che mai – quanto nei più apparentemente rassicuranti colori delle grandi tavole, dal sapore forse più didascalico. Critiche che, come già espresso, provocano una risata, seguita da un inevitabile “oh no” quando ci si rende conto che in realtà Zerocalcare ci sta mettendo davanti ad una storia che di grottesco ha poco: è tutto già stato ampiamente superato dalla realtà.

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Tutto, poi, assume un sapore ancora più bizzarro se si pensa che lo stesso autore ha scritto un lungo post il giorno prima dell’uscita in cui si parlava della possibilità di avvicinare un pubblico più giovane con una storia più spensierata, mentre l’immagine allegata ritraeva una delle scene più violente dell’intero volume. Ironia che, purtroppo, non tutti hanno colto, facendo sì che si creasse gran confusione intorno all’opera e inutili polemiche sul suo autore.

Come anticipato, però, non è tutto oro quel che luccica e il buon Calcare lascia più volte dettagli che, purtroppo, rimangono tali; diciamo che una ventina di pagine in più non avrebbero guastato, soprattutto perché si tratta di dettagli di un certo peso, che portano sempre con sé una profonda critica che sicuramente valeva la pena approfondire meglio. Ma in qualche modo c’era un pegno da pagare per l’aver pubblicato ben due lavori nell’arco di un mese.

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Ciò che conta è che, per quanto non tutti gli archi narrativi abbiano una reale fine, il lavoro non risulta approssimativo, “sa solo di poco”, come hanno sottolineato anche i fan più accaniti dell’autore romano. Eppure, con tutti i limiti appena esposti, A Babbo Morto rimane un volume imperdibile sia per chi segue Zerocalcare da tempo, quanto per chi ha deciso di prendere confidenza con le sue opere solo ora, proprio perché capace di instaurare un dialogo con diversissime fette di pubblico.

Claudia_Smith Articoli
Piccola bambina cresciuta a pane e Dragonball, in tenera età scopre l'amore per tutto ciò che è narrazione, dai film ai libri fino ai fumetti di ogni tipo. Ad oggi cacciatrice compulsiva di news per tutto ciò che riguarda la cultura Nerd.

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