Fish Eye, di Massimo Rosi e Stefano Cardoselli

Fish Eye Leviathan Labs

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Una famosa emittente televisiva adotta un povero orfano dandogli un tetto e un intero micromondo in cui crescere osservato da tutti. Con il tempo il programma, Fish Eye, perde sempre più di interesse nonostante i numerosi tentativi per risollevare l’audience, e proprio per questo è necessario un ultimo, grande e inaspettato colpo di scena: far morire il protagonista.

Questa decisione apre le porte a non pochi dibattiti a livello etico, che il lettore si vede riproposti nella propria mente: il programma “possiede” Travis e può scegliere per lui? Dove è la giustizia nell’attaccarlo in mondovisione rimanendo impuniti? Il protagonista non merita quindi di scoprire la verità fino alla fine? E così via. Perché proprio come Truman in The Truman Show, anche Travis non è consapevole di essere la star di uno show televisivo e tutta la sua vita è una grande bugia orchestrata da sceneggiatori e sostenuta dalla presenza di attori. Nessuno è davvero suo amico, nessuno lo ama per davvero.

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Quindi come porre fine alla vita di Travis? Nel modo più scenografico ed eclatante possibile, imbastendo una storia riguardo a una nuova setta religiosa i cui adepti sono tutti interpretati da condannati a morte, spinti a recitare nel programma con la promessa della libertà. Com’è facile intuire, le cose non andranno come previsto dalla produzione e si avvierà una catena di eventi che costringerà Travis in un carosello di morte e vendetta.

Fish Eye non cerca di plagiare The Truman Show come potrebbe sembrare di primo acchito, anzi, ciò che fa è rendergli omaggio rendendolo parte integrante della realtà ideata da Massimo Rosi: lo sceneggiatore dipinge un mondo esattamente come il nostro, dove il famosissimo film con Jim Carrey esiste e proprio perché l’idea è sembrata vincente si è pensato di applicarla nella realtà.

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E chi meglio poteva rappresentare questo circo mediatico e sanguinario se non Stefano Cardoselli? Come già visto in Herbert West, Rianimatore, Cardoselli è estremamente abile nel riuscire a illustrare atti di violenza estrema espliciti senza disgustare il lettore.

Il suo stile diretto, spigoloso, ben si presta all’atmosfera e ai personaggi delineati da Rosi, così che ogni elemento contribuisce a creare un fumetto coerente, forte nella trama e nel disegno, pieno di citazioni. Fish Eye è un fumetto intelligente e scaltro, che non dovrebbe assolutamente mancare nella libreria degli amanti di pulp, azione e anche horror.

L’unica pecca che mi sento di dover nominare per correttezza è la colorazione a cura di Simone Bertoni, che non sempre asseconda lo stile di Cardoselli, ma tende a smorzarlo, attenuando così atmosfere che invece avrei gradito leggere senza alcuna diluizione. È vero che un fumetto a colori è più commerciale e fruibile rispetto a uno semplicemente in bianco e nero, ma la colorazione è una vera e propria arte che non sempre riesce a centrare completamente il segno. Ciò non toglie che in linea generale Bertoni abbia fatto un ottimo lavoro, il mio unico pensiero è che il suo stile non sia completamente in linea con quello che emerge dai disegni.

Un ringraziamento speciale a Leviathan Labs

    Nina-chan Articoli
    Dolce, carina, coccolosa, sadica, affascinata dall'horror e dal creepy... insomma, gli opposti convivono in me. "Mani in pasta" ovunque con collaborazioni tra sceneggiature, recensioni, gestione di disegnatori ed autori, sono loro il mio mondo. Datemi libri, non fiori.

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