Il Re, Netflix riadatta l’Enrico V di Shakespeare

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Il Re (The King) è una nuova produzione Netflix uscita a inizio novembre per la regia dell’australiano David Michôd. Il film è un adattamento dell’Enrico V di Shakespeare, opera che a sua volta narra le vicende – romanzate – che portarono all’ascesa e all’affermazione dell’omonimo re inglese.

La prima cosa che rimane alla fine della visione è la sensazione di aver assistito ad un film solenne ed equilibrato, senza fronzoli: le scenografie sono ben ricostruite, semplici e lineari, la fotografia è fredda e cupa, gli attori – e i doppiatori – mantengono quasi sempre un tono pacato. Non si tratta di punti a sfavore, ma neppure a favore: è un film che sembra svolgersi in sordina, la regia è molto classica, senza colpi di testa o sperimentazioni.

È comunque un buon film d’intrattenimento: nonostante l’influsso shakespeariano emerga nelle molte scene parlate e nella scarsità dell’azione, tiene incollati allo schermo e le sue 2 ore di durata non pesano sullo spettatore.

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La prima scena ci mostra un campo di battaglia nel momento in cui si fa la conta dei superstiti e dei morti: ci troviamo nell’Inghilterra del XV secolo ed è in corso una rivolta da parte degli scozzesi e dei gallesi. Nella scena successiva facciamo la conoscenza del nostro protagonista, il principe Hal – che poi diventerà Enrico V – interpretato dallo statunitense Timothée Chalamet.

Il futuro re ci viene presentato come un giovane ribelle, in aspro conflitto col padre e ovviamente per niente desideroso di ricoprire il ruolo di potere a cui è destinato. Il suo desiderio in un primo momento sembra esaudirsi con la notizia che sarà il fratello minore Tommaso a succedere al trono, ma dopotutto ci troviamo in un dramma shakespeariano, ed ecco che la fatalità si abbatte sugli affetti del nostro protagonista, favorendo la sua incoronazione. Come possiamo immaginare, anche senza conoscere la Storia, Enrico V riuscirà a diventare il re di cui l’Inghilterra aveva bisogno, unendo il popolo grazie al suo carisma.

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Il percorso del protagonista non sarà privo di ostacoli ed uno dei punti di forza di questo film è il fatto di essere un’ottima storia di formazione. L’aspetto fragile e fanciullesco di Chalamet aiuta a trasmettere allo spettatore l’inesperienza del giovane re e il suo bisogno, mai nascosto, di essere assistito nel suo compito, ma anche l’intelligenza nascosta dietro la sua umiltà. Enrico ci viene rappresentato inizialmente come un giovane dissoluto, dedito alle donne e all’alcool, ma con un’indole schiva che mantiene con l’ascesa al trono.

La sua immaturità riemerge nelle occasioni di difficoltà, quando accusa i propri consiglieri degli esiti delle proprie decisioni, ma la guida affettuosa del fidato amico e soldato John Falstaff lo aiuterà nel passaggio all’età adulta. Enrico farà molti errori nel suo percorso, che culmineranno in un finale crudo e cinico, che si discosta dal dramma da cui il film prende ispirazione e che lascia l’amaro in bocca nonostante la storia volga a favore del protagonista: insomma, un finale più shakespeariano della stessa opera di Shakespeare.

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Nonostante si tratti di un film ambientato nel medioevo, per di più in un periodo di guerra, non assistiamo a molte battaglie: durante la visione sorge il sospetto – assolutamente fondato – che la maggior parte del budget verrà utilizzato per una battaglia campale verso la fine. E difatti ecco che arriva la famosa Battaglia di Azincourt, durante la campagna di Francia organizzata da Enrico V. La scena è fortemente immersiva per lo spettatore, che si ritrova catapultato in mezzo al fango e al sangue, ai corpi dei soldati e dei cavalli: un “mucchio selvaggio” in cui sopravvivere è una mera questione di fortuna.

Ma cosa sarebbe un eroe senza il suo villain? È sempre durante la campagna di Francia che facciamo la conoscenza del Delfino, figlio di Carlo VI ed erede al trono, interpretato da Robert Pattinson. Un Pattinson tristemente poco valorizzato da un monologo di presentazione macchiettistico e ulteriormente deturpato dall’esagerato accento francese del doppiaggio italiano. Molto meglio in lingua originale, anche se la banalità del testo non gli lascia scampo. Si riprende sul finale, in cui il personaggio mostra la fragilità nascosta dietro la sua arroganza. Soprattutto, non parla.

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Il Re non è indimenticabile dal punto di vista delle scelte registiche e della trama, tuttavia vale la visione per gli spunti di riflessione che offre e per la resa molto realistica della crescita del protagonista.




Haydée Articoli
Sono essenzialmente un topo di biblioteca, ma mi sono appassionata al cinema all'università. Onnivora, ma solo per quanto riguarda l'arte.

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