La Favola del Sole e della Luna – La disprassia raccontata attraverso l’arte

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“Nelle favole, ad un certo punto della storia, il protagonista dopo aver vissuto un’esistenza di vessazioni, fatiche e soprusi scopre di essere il Prescelto, di avere sangue reale o di avere un potere particolare. È successo anche a me, in un certo senso; infatti, quel giorno, ho scoperto di essere disprassica.”

Fin dall’antichità, l’uomo ricorre alla favola per rimarcare e dare il giusto valore ad un momento di passaggio, di cambiamento e di crescita. Questo momento, che nelle favole vede protagonisti uomini o donne che passano dall’essere giovani all’essere adulti, Sara Silvera Darnich, autrice de La Favola del Sole e della Luna (ABEditore), l’ha vissuto a 27 anni, quando le è stata diagnosticata la disprassia, un disturbo con complicazioni motorie e/o di funzioni adattive che possono comportare problemi di organizzazione spazio-temporale e difficoltà nella gestione della consequenzialità.

la favola del sole e della luna abeditore illustrazione 1

“Il giorno in cui ho scoperto di essere disprassica ho pianto a lungo per la gioia, il sollievo, per la rabbia, per la tristezza e per la paura […] Dunque come può una diagnosi di disprassia essere paragonata alla scoperta di appartenere a una famiglia di sangue reale?”

La diagnosi di un disturbo o di una disabilità non è semplice da affrontare, e Sara ha deciso di prendere coscienza della propria condizione divulgando la propria esperienza e condividendola, rendendo pubblico il suo personale “rito di passaggio” attraverso la scrittura. Quale mezzo migliore di una favola? La struttura narrativa del genere è infatti sempre caratterizzata da un lieto fine che ha la specifica funzione di dare la forza e la speranza necessarie per affrontare al meglio le difficoltà della vita.

la favola del sole e della luna abeditore pagina

Sara ci racconta, riadattando una favola di tradizione kenyota, l’origine dell’alternanza tra il giorno e la notte: due fratelli, Sole e Luna, entrano in conflitto dopo la morte del padre, il Re del Cielo; rimasti orfani, Luna prende con la forza il comando del regno, costringendo così Sole all’esilio. Sole inizia la sua nuova vita da esule umilmente, nonostante le origini regali, ma grazie alla purezza del suo animo, come in ogni favola, alla fine giustizia sarà fatta e riuscirà a tornare al trono che gli spettava di diritto, cacciando il fratello Luna dal Regno del Cielo e costringendolo a comparire solo di notte, in sua assenza.

Questa favola è per molti aspetti affine anche alla struttura del mito, innanzitutto per la funzione che ricopre. Il mito infatti è una tipologia di racconto che spiega l’origine dei “fatti del mondo” e in cui i protagonisti danno per la prima volta un nome a fenomeni, creature o eventi. Dare un nome alle cose, definirle, rende possibile la loro esistenza e quindi la loro comprensione. Per Sara – come scrive lei stessa – la vita è ricominciata dopo la diagnosi, dopo che qualcuno, uno specialista, è riuscito a dare un nome a quel che accadeva dentro di lei. A quel punto, comprendere le difficoltà che aveva avuto e che fino a quel momento le erano sembrate inspiegabili è stato semplice e la diagnosi l’ha aiutata ad accettare il suo corpo.

Poter chiamare “disprassia” tutto quel che aveva vissuto le ha reso possibile guardare la vita sotto una nuova luce; leggere nero su bianco il nome del disturbo le ha rivelato che la versione di sé in cui faticava a riconoscersi è sempre stata “di sangue reale“.

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La Favola del Sole e della Luna è un mezzo d’espressione dell’autrice per far conoscere al mondo la propria condizione e quella di tanti altri, condividendo il rito di passaggio di cui è stata personalmente protagonista. La disposizione del testo, l’organizzazione dello spazio nella pagina, il tipo stesso di impaginazione, la dimensione e il carattere con cui sono scritte le parole, sono infatti pensati e studiati per dare al lettore non disprassico un’idea di come viene elaborato il mondo – e in questo specifico caso la pagina – da un cervello che lavora in maniera differente. L’impaginazione “personalizzata” è anche accompagnata da splendide illustrazioni di Fausto Chiodoni, che è riuscito a rendere i tratti e i colori dell’arte kenyota in modo semplice e fresco, senza però mai rubare la scena alla pagina scritta, che rimane protagonista del volumetto.

Questa “full immersion” in un modo completamente diverso di concepire lo spazio della pagina è illuminante sul valore della diversità, consente di sperimentare in prima persona la percezione diversa di un oggetto comune quale può essere un libro illustrato. È proprio grazie ad esperimenti di questo tipo che a problematiche come la disprassia, delle quali si parla poco ma che interessano più persone di quante ne riportino le statistiche, è data la possibilità di essere divulgate e trovare risonanza sociale. Un’esperienza di lettura e di sperimentazione della diversità decisamente consigliata.

Un ringraziamento speciale a Sara Silvera Darnich, Fausto Chiodoni e ABEditore

IndianaJuls Articoli
Appassionata di arte, illustrazione e letteratura, si è lasciata trasportare nel meraviglioso mondo del fumetto... e ora non può più farne a meno! * arte * fumetto * illustrazione * letteratura * GdR

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