Il puro bianco e nero, assolutamente da non confondere con la scala di grigi, ha sempre esercitato una forte magnetica nei miei confronti. Sarà perché sono architetto e quindi ho sempre ammirato i disegni costruttivi, sarà perché sono un grandissimo appassionato di qualunque prodotto Bonelli o sarà anche perché le fotografie monocromatiche hanno sempre attirato la mia curiosità, ogni qual volta mi trovo di fronte un prodotto bianco e nero il mio sguardo viene magicamente catturato e White Night, videogioco oggetto della recensione, ovviamente non fa eccezione.
Ad aumentare il fascino esercitato su di me dal titolo sviluppato dai francesi OSome Studio c’è un la fortissima contaminazione noir che lo contraddistingue e che mi rimanda inconsciamente ai numeri più “gialli” di Dylan Dog o quella piccola gemma di Hellnoir ideata da quei geni di Pasquale Ruju e Giovanni Freghieri. Iniziare l’analisi di White Night partendo da citazioni non videoludiche è, tra l’altro, anche quanto mai opportuno, dato che gli sviluppatori non hanno mai negato di aver subito una forte influenza da Alfred Hitchcock e dal cinema noir (francese e non) in generale.
Cercando invece di entrare più nella dimensione videoludica, è innegabile quanto White Night prenda a piene mani da capisaldi del genere come Alone in The Dark, inclusi, però, anche i difetti tipici di produzioni così datate. Mettendola su questo piano è innegabile che il titolo risulterà poco attraente per chi, in un videogioco, cerca un approccio più contemporaneo. Ma qualora si riesca a superare lo scoglio di una giocabilità visibilmente ancorata al passato (e a mio parere anche volutamente, date le scelte di game design) ci si imbatterà in un titolo deliziosamente raccontato. Un thriller di gran classe come, appunto, un Dylan Dog (di quelli ben scritti però).
White Night vi catapulterà negli Stati Uniti degli anni ’30 dove la crisi economica morde ancora feroce. All’interno del gioco troverete numerosissimi rimandi alla situazione storica in questione e tutto ciò non fa altro che aumentare ulteriormente l’immersività, già di per se lodevole. Ma mentre nel mondo grandi cambiamenti politici ed economici sono in atto, il vostro personaggio sarà alle prese con vicende tenebrose e incredibili. A seguito di un incidente stradale poco fuori dal centro cittadino di Boston, egli si trova costretto a cercare riparo nella casa più vicina.
Per sua sfortuna l’abitazione è di quelle isolate, con un piccolo cimitero familiare nel giardino, il set perfetto per una storia thriller da stereotipo. E sebbene sì, di stereotipo si tratti, sin dalle prime battute è chiaro che la penna degli sceneggiatori era particolarmente ispirata durante le fasi di scrittura. Tutto ciò che riguarda la storia, dai dialoghi ai collezionabili, è magistralmente e minuziosamente curato. Non si può evitare, infatti, di menzionare la splendida recitazione del narratore o la classe che permea ogni linea testuale.
Il plot e il modo in cui viene sviscerato sono il piatto forte di White Night. E non poteva che essere altrimenti, date le alte aspettative che il gioco ha creato nel pubblico sin dalle pubblicazioni dei primi trailer. Quando infatti venne pubblicato nel 2015 per Play Station 4 e Xbox One, uscì sotto l’importantissima etichetta Activision, la quale si convinse della bontà del progetto proprio per la qualità della narrativa.
Senza rivelare troppi dettagli sulle vicende raccontate, la grande villa nella quale sarete chiamati a sopravvivere è stata protagonista della vita quotidiana di un’importante famiglia industriale. Sparsi nelle varie stanze sono presenti vari indizi che vi schiariranno le idee sulla caduta in disgrazia, non solo dell’attività produttiva, ma anche dei singoli membri della dinastia. L’abitazione è popolata da fantasmi che sono assolutamente invincibili se affrontati al buio. Il contatto con loro, infatti, in assenza di una potente luce artificiale nelle vicinanze, porta a morte certa. Anche il permanere per qualche istante in più nelle tenebre significherà inevitabilmente “game over”. Per fortuna la risoluzione di alcuni puzzle vi permetterà di collegare lampade o di accendere fuochi più potenti e luminosi in grado di garantire non solo il meritato (e temporaneo) riposo ma anche il salvataggio. Quest’ultimo è attivabile solo sedendosi su delle poltrone, contraddistinte da un particolare simbolo a forma di sole, e in vicinanza di una forte fonte luminosa.
I comandi di gioco, come già accennato, trasudano manierismo in ogni situazione. L’esplorazione è generalmente molto lenta e consente di focalizzarsi sulla ricerca di indizi e soluzioni. A parte la levetta analogica, che banalmente permetterà il movimento del personaggio principale, sono solo 3 i tasti da utilizzare. Uno è dedicato alla corsa, uno al compimento delle azioni (che siano aprire un baule o spostare un armadio) e uno comanderà i vostri più fedeli e preziosi alleati: i fiammiferi.
Si potrebbe sintetizzare il gameplay di White Night, senza timore di essere smentiti, semplicemente nell’ardua gestione dei fiammiferi. Essi genereranno una tenue fiammella in grado di garantirvi l’esplorazione e l’interazione con gli oggetti della casa. Non vi salveranno dall’attacco dei fantasmi ma sono l’unico modo per proseguire nella storia. Il vero problema è che non sono particolarmente numerosi e spesso, una volta capita la soluzione di un puzzle, piuttosto che portarlo a termine con un numero troppo esiguo di fiammiferi, vi potrà sembrare più semplice spingervi a morte forzata, tentando di salvarne il più possibile in un secondo tentativo. Forse su questo fattore i ragazzi di OSome Studio avrebbero potuto trovare soluzioni meno frustranti, sebbene sia chiara la volontà degli sviluppatori di complicare la vita al giocatore, anche per aumentarne il senso di ansia e preoccupazione.
Ma se è facile chiudere un occhio su questo aspetto è abbastanza difficile non notare la fastidiosissima gestione delle telecamere. Anche qui, come per i fiammiferi, è chiaro che i game designer hanno voluto operare una scelta mirata e studiata, anche consapevoli dei limiti che avrebbe portato. È senz’altro vero che alcune inquadrature in game sono assolutamente spettacolari, soprattutto i tagli fotografici a volo d’uccello o ad altezza di formica, ma è altrettanto vero che nelle situazioni più concitate una tale forzatura è quasi ridicola, soprattutto nella nostra epoca. Il grave problema è da rintracciare nel sistema di movimento che, purtroppo, è relativo alla telecamera. Pertanto, qualora siate inseguiti da un fantasma, il passaggio da una sezione all’altra e il conseguente cambiamento di camera, vi porterà a una fastidiosissima e immeritata morte nella stragrande maggioranza dei casi.
È doveroso chiudere questa disamina lodando, più che meritatamente, lo stile grafico della produzione. Qui si può tranquillamente gridare al capolavoro in termini di stile, caratterizzazione e innovazione. Giocando a White Night si ha letteralmente la sensazione di dar vita ad un fumetto in bianco e nero, come quelli della Bonelli, per intenderci. L’aspetto più interessante è che tutto funziona alla perfezione, persino nella fase esplorativa, dove saremmo portati a pensare che qualche colore in più avrebbe giovato. Invece no, al team francese sono bastati solo 2 colori per raccontare delle vicende come solo un bravo fumettista saprebbe fare.
Giudicare un titolo come White Night non è facile dato che al suo interno convivono alcuni aspetti contraddittori. Se ci si focalizzasse solo su trama, grafica, sonoro e stile, beh, saremmo di fronte ad un ottimo lavoro, davvero rimarchevole. Il problema della produzione sta nelle scelte di game design o forse, banalmente, nell’essere uscito nell’epoca sbagliata. Alcuni giocatori, soprattutto i più giovani, potrebbero reputare giustamente odiosa e castrante la gestione delle telecamere, una soluzione dettata da scelte stilistiche che però uccide sul nascere ogni velleità action del titolo. Tutto ciò però non rappresenterà un problema per chi sa godersi una bella trama thriller, per gli appassionati di un approccio leggermente più old-fashioned e per i tanti che hanno amato capolavori del genere come il già citato Alone in The Dark. Chiunque sarà in grado di superare i problemi relativi alle scelte fotografiche del titolo si ritroverà per le mani un piccolo gioiello, considerato soprattutto il prezzo budget a cui è proposto.
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